Contesti d’arte - volume 2

LE FONTI

L’eredità quattrocentesca

Tratto dominante della ricerca teorica quattrocentesca era stata la messa a punto di una serie di norme utili alla rappresentazione artistica, desunte in primo luogo dagli scritti di Vitruvio e dalla geometria euclidea, basate sull’ordine, sulla misura e sui rapporti geometrico-matematici che governano la natura stessa (tale filone vede come protagonisti Leon Battista Alberti, Piero della Francesca e Luca Pacioli).

Il Trattato della pittura di Leonardo 

Leonardo lavora alla stesura di testi dedicati alla pittura durante il suo secondo soggiorno milanese (1506-1513), senza però arrivare a una forma definitiva e unitaria. Risalgono infatti alla seconda metà del Seicento le prime redazioni del suo Trattato della pittura, risultato della raccolta del gran numero di scritti che aveva lasciato ai propri allievi. Leonardo si muove nel solco delle ricerche compiute da Leon Battista Alberti, Piero della Francesca e Luca Pacioli, tanto è vero che egli approfondisce la conoscenza prospettica scoprendo la  progressione armonica che regola la diminuzione della dimensione degli oggetti percepita in base alla crescente distanza dall’osservatore. Se però gli artisti-teorici del Quattrocento dichiarano la pari dignità dell’arte rispetto alle materie liberali, Leonardo arriva ad affermare la superiorità della pittura sulla filosofia e sulle scienze astratte (non basate cioè sul riscontro empirico) dal momento che la percezione dell’occhio è più precisa di quella degli altri sensi e meno ingannevole del ragionamento astratto. Da qui il rifiuto dell’imitazione selettiva di ascendenza classica, ovvero il processo di purificazione dalle accidentalità naturali, che invece l’Alberti indicava come necessario, in favore dell’osservazione diretta e quanto più possibile fedele e precisa della realtà.

Le Rime di Michelangelo 

Totalmente estraneo alla dottrina matematico-scientifica era invece Michelangelo. La sua formazione neoplatonica fa sì che egli rifiuti l’imitazione della natura per volgersi invece direttamente alla contemplazione delle idee. Il suo pensiero non è sintetizzato in un trattato, ma è comunque desumibile dalla lettura di un gran numero di componimenti poetici, oggi raccolti nelle Rime.
Secondo Michelangelo la bellezza è strumento per giungere a Dio, come si evince da questi pochi versi: «né Dio, suo grazia, mi si mostra altrove più che ’n alcun leggiadro e mortal velo; e quel sol amo perch’in lui si specchia». La contemplazione della bellezza naturale e terrena (il “mortal velo”) è dunque finalizzata all’ascesa verso la grazia divina. Questo è il vero obiettivo dell’artista, il quale, una volta raggiunta la contemplazione diretta del mondo divino delle idee, “vince”, cioè supera la natura stessa: «A la bell’arte che, se dal ciel seco / ciascun la porta, vince la natura».

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Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò