ANALISI D'OPERA - Donato Bramante, Tempietto di San Pietro in Montorio

Analisi D'opera

Donato Bramante

Tempietto di San Pietro in Montorio

  • dal 1502
  • Roma

Donato Bramante dal 1499 è a Roma, dove lo studio delle vestigia dell'antichità segna un'evoluzione nella sua produzione architettonica, sempre più contraddistinta da un'attenzione antiquaria e filologica. Vasari ci narra come Donato "solitario e cogitativo" impieghi le sue giornate nell'osservazione e nel rilievo (ovvero nella misurazione e nel disegno) dei monumenti antichi, attività che gli permette di giungere a una conoscenza profonda della geometria e delle tecniche costruttive usate nella Roma classica: in una parola, a comprenderne lo spirito.
Fin dall'inizio Bramante ottiene importanti incarichi per la corte pontificia, e nel 1502 è addirittura il re di Spagna Ferdinando II d'Aragona a commissionargli la realizzazione di un santuario nel luogo dove si riteneva fosse sepolto l'apostolo Pietro, sulle pendici del colle Gianicolo, nel cortile a fianco della Chiesa di San Pietro in Montorio.

Descrizione

Il sacello, di piccole dimensioni, è la riproposizione delle forme del tempio circolare periptero: su un podio si erge un corpo cilindrico scavato da nicchie e circondato da un peristilio di sedici colonne tuscaniche; l'insieme è coperto da una cupola semisferica impostata su un alto tamburo.

Il modulo base costituito dall'altezza delle colonne produce un edificio dai rapporti proporzionali semplici ed equilibrati: il diametro della cella corrisponde all'altezza dell'ordine inferiore e la cupola su tamburo potrebbe essere inscritta in una sfera.
All'esterno, le colonne sorreggono una trabeazione con fregio a metope e triglifi "cristianizzati" (i soggetti rappresentati nelle metope sono simboli liturgici), sopra la quale corre una balconata delimitata da un'elegante balaustra. La proiezione delle colonne sulla superficie esterna del cilindro dà vita a una teoria di paraste che trova corrispondenza anche al livello del tamburo. Questo èscandito dall'alternanza tra nicchie rettangolari e altre con catino a conchiglia di raffinato gusto archeologico e sorregge una cupola realizzata in conglomerato cementizio, una tecnica costruttiva di reminiscenza romana riscoperta proprio nel Rinascimento.
L'interno, di soli 4 metri di diametro, è scandito da grandi nicchie parietali finestrate e incorniciate da coppie di paraste, in numero ridotto della metà di quelle poste all'esterno.

Forma, funzioni e idee

Il tempietto si configura dunque come un martyrium, come venivano chiamati nell'ambito dell'architettura del primo Cristianesimo i luoghi di culto a pianta centrale legati ai sepolcri dei martiri.

Allo stesso tempo, l'opera di Bramante si propone di riaffermare la modernità della grande tradizione classica: attraverso il recupero del modello antiquario del tempio  monòptero periptero l'architetto definisce col tempietto un paradigma di edificio a pianta centrale, influenzato certamente dall'ammirazione per il Pantheon romano, e si pone sulla scia delle riflessioni iniziate nel Quattrocento da Alberti. La pianta centrale infatti viene percepita dal maestro urbinate come modello di perfezione divina, conformata com'è al perfetto equilibrio gerarchico delle parti. Un concetto che nel progetto originario era enfatizzato da un cortile colonnato che doveva avvolgere l'edificio in un ulteriore cerchio concentrico, come dimostra il disegno di Sebastiano Serlio pubblicato nel 1540 nei suoi Sette Libri dell'Architettura.

CONFRONTI E INFLUENZE

La tipologia del tempio circolare monoptero periptero, già descritta da Vitruvio, era riscontrabile direttamente da Bramante nei resti di alcuni templi romani, tra cui quello di Ercole Vincitore (II secolo a.C.); tuttavia l'aggiunta della cupola crea un modello del tutto nuovo di edificio a pianta centrale che pone le premesse, con un salto di scala non indifferente, per l'esperienza progettuale della Basilica di San Pietro in Vaticano. 

Contesti d’arte - volume 2
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