Donato Bramante

4.1 Donato Bramante

La formazione e le prime esperienze milanesi 

Donato Bramante (Monte Asdrualdo, Pesaro 1444-Roma 1514), pittore e architetto, nasce nel ducato di Urbino e la sua formazione si svolge probabilmente nell'ambiente della corte di Federico da Montefeltro, centro culturale di primaria importanza nella seconda metà del Quattrocento. È stato ipotizzato un suo apprendistato presso Fra' Carnevale, pittore celebre per le sue architetture dipinte che rielaborano elementi dell'architettura antica secondo i più aggiornati indirizzi brunelleschiani e albertiani. Il giovane Donato, inoltre, collabora verosimilmente con Piero della Francesca, sviluppando una particolare sensibilità per la resa della profondità dello spazio attraverso la prospettiva: da tale apprendistato dipende l'attenzione alle fonti di luce e alla proiezione delle ombre che caratterizza la sua pittura. Dopo aver mosso i primi passi come pittore nello stimolante ambiente artistico urbinate, Bramante approda in Lombardia nel 1477. Per gli anni che precedono il soggiorno oltre il Po non si hanno notizie certe, ma è probabile che abbia avuto contatti anche con Mantegna. Forte di queste esperienze, giunge progressivamente ad affermarsi come architetto prima in Lombardia e poi a Roma, divenendo – ormai nella piena maturità – il protagonista assoluto dei grandi cantieri di papa Giulio II della Rovere. 

Cristo alla colonna 

Nei primi anni alla corte sforzesca la pittura ha un ruolo importante, che si può cogliere appieno nella pala del Cristo alla colonna (1), con Cristo legato in attesa della flagellazione. La composta sofferenza che traspare dal suo volto attraversa anche le membra del corpo, come mostra la muscolatura in lieve tensione del torso e delle braccia. Il rilievo plastico della figura è sottolineato dall'inquadratura ravvicinata e dall'uso sapiente della luce che ne esalta la tridimensionalità, accentuata anche dal contrasto con la parasta: Donato sceglie in questo caso un elemento architettonico dalle qualità tipicamente bidimensionali, al posto della più consueta colonna che compare solitamente nella raffigurazione di questo soggetto religioso. Nel disegno preparatorio di Bramante per un'incisione realizzata dal milanese Bernardo Prevedari (2), datata 1481, si apprezza la profondità degli interessi dell'artista per l'architettura antica, esplorata nei suoi aspetti spaziali e costruttivi oltre che stilistici. Il foglio in oggetto raffigura un imponente tempio in rovina (forse il Tempio di Giano nel Foro Olitorio, a Roma) e la presenza di una croce su una colonna ricorda la trasformazione in un edificio di culto cristiano. Il maturare di competenze specifiche nel campo architettonico è attestato del resto dalla partecipazione di Bramante alle discussioni per il completamento del  tiburio del Duomo di Milano (1487-1490), contesto in cui si confronta con Leonardo da Vinci e Francesco di Giorgio Martini. 

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Santa Maria presso San Satiro 

All’inizio degli anni Ottanta del Quattrocento Donato è chiamato a progettare la Chiesa di Santa Maria presso San Satiro (3), da affiancare a un edificio paleocristiano, restaurato nell’occasione, e a una sacrestia ottagonale, edificata ex novo. La pianta a "T" (4) permette di rispettare i vincoli dell’area, in cui la presenza di una strada preesistente condizionava gli ampliamenti, e di creare una vasta navata centrale voltata a botte, fiancheggiata da navate laterali su cui s’innesta un ampio transetto. Questo spazio è caratterizzato da un sorprendente dispositivo illusionistico: sulla parete di fondo, infatti, l’artista realizza una vera e propria quinta scenica, che crea illusoriamente la presenza di un’ulteriore ampia cappella. Mediante legno, stucco e pittura è simulato un ambiente che si sviluppa in profondità, ma che in realtà è profondo solo 90 centimetri, coperto da una volta a botte a cassettoni; quest’ultima struttura è decorata in modo simile alla volta della navata centrale, a creare una continuità visiva fra spazio reale e spazio illusorio.

CONFRONTI E INFLUENZE

L’importanza di Bramante è testimoniata dall’attenzione con cui altri interpreti seguirono la sua ricerca, soprattutto in Lombardia. Osservando la tavola con la Presentazione al tempio di Ambrogio Bergognone (1481-1522), la cui formazione avvenne sull’esempio di Foppa ( p. 176-177) e Bramante, notiamo come a quest’ultimo in particolare rimandino la ricchezza decorativa di stampo classicheggiante e la definizione dello spazio. Alla descrizione del tempio, un’architettura a pianta centrale (tema caro agli architetti del tempo), è accordata un’importanza notevole, specchio delle ricerche spaziali portate avanti da Bramante negli stessi anni.

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Chiesa di Santa Maria delle Grazie 

II cantiere della chiesa è uno snodo fondamentale per Bramante, anche perché gli permette di lavorare a stretto contatto con Leonardo, giunto a Milano nel 1482. Ludovico Sforza detto il Moro, duca di Milano dal 1480, promuove importanti lavori in tutto il convento domenicano dove Leonardo è impegnato a decorare il refettorio, mentre Bramante è incaricato di riprogettare l’area presbiteriale della chiesa gotica (5), destinata a diventare il mausoleo degli Sforza, luogo di glorificazione politica e dinastica della famiglia. Qui Donato adotta il modello brunelleschiano della sacrestia della Basilica di San Lorenzo a Firenze, trasfigurato dal notevole salto dimensionale e reso più articolato dall’inserimento delle absidi sui lati e in testa alla cappella di fondo (ambiente concettualmente omologo alla "scarsella" fiorentina). Si viene così a creare quasi un edificio indipendente, cioè una struttura a pianta centrale autonoma rispetto al corpo basilicale delle navate della chiesa preesistente (6). L’aspetto interno è caratterizzato da una grande luminosità che definisce gli spazi e valorizza la raffinatezza dell’apparato decorativo degli alzati. Un uso esteso del cerchio, insieme alla presenza di paraste e cornici classicheggianti (cioè la versione più "grafica", bidimensionale dell’ordine architettonico), avvicina idealmente le pareti alla superficie di un dipinto, creando lievi contrasti di luce e ombra (7-8).
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Nella Roma dei papi 

Con la conquista di Milano da parte del re di Francia nel 1499 e la cacciata degli Sforza, Bramante lascia la città e si reca a Roma, dove trascorrerà il resto della sua vita. L'ascesa al soglio pontificio di Giulio II della Rovere (1503) segna l'inizio di una nuova fase per l'arte e l'architettura italiana: il primo decennio del Cinquecento vede, infatti, contemporaneamente attivi a Roma, Bramante, Raffaello e Michelangelo. Il contatto diretto con la spazialità delle terme, dei teatri e delle basiliche della Roma imperiale ha effetti dirompenti sulla poetica di Bramante, che scopre la coerenza tecnica e strutturale degli edifici antichi e il fascino di un'architettura fatta di imponenti masse murarie. Donato acquisisce maggiore consapevolezza nell'uso dell'ordine architettonico (ovvero quel sistema che lega piedritti e trabeazioni in rapporti proporzionali predeterminati), mostrandosi capace di sfruttarne al meglio la stretta logica compositiva interna; allo stesso tempo emerge la sua abilità nel combinare le singole parti della decorazione in modo più libero rispetto agli esempi antichi, pur rimanendo saldamente nell'ambito del linguaggio classicista. 

Chiostro di Santa Maria della Pace 

Il chiostro della Chiesa di Santa Maria della Pace (10), iniziato nel 1500, esemplifica questo aspetto sia in pianta sia in alzato. Il progetto è strutturato su un reticolo a maglie quadrate (9), dove il vuoto del cortile nasce da multipli del modulo di base. Con lo stesso principio è determinata la dimensione delle campate del portico. La sobrietà decorativa nasconde l'ambizione di Bramante di impiegare tutti e quattro gli ordini architettonici antichi, anche se il chiostro si sviluppa solo su due piani. Dorico e ionico sono utilizzati per il registro inferiore, caratterizzato dall'impiego del motivo "all'antica" della cosiddetta arcata teatrale (cioè arcate su pilastri, inquadrate da piedritti che sostengono una trabeazione in tangenza con il "cervello", il punto più alto, delle stesse arcate); in quello superiore, invece, si hanno paraste di ordine composito ed esili colonne corinzie che si alternano a sostenere la medesima trabeazione.

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Cortile del Belvedere 

La prima commissione per papa Giulio II della Rovere è la ridefinizione dello spazio fra il nucleo più antico dei Palazzi Vaticani e la Palazzina del Belvedere di Innocenzo VIII (piccola residenza con valenze panoramiche per gli svaghi del pontefice), ovvero la creazione di un monumentale collegamento fra due poli del complesso pontificio al di là del Tevere, molto distanti fra loro e posti ad altezze diverse. Dal 1503-1504 Bramante regolarizza un vuoto di 100 metri di larghezza per quasi 300 metri di lunghezza, con il cosiddetto Cortile del Belvedere (11). Due lunghi corridoi, definiti nei fronti da loggiati a piani sovrapposti, collegano l’irregolare palazzo papale con la palazzina di Innocenzo VIII e dividono lo spazio in tre livelli: un grande cortile inferiore, un giardino superiore delimitato sui tre lati da bassi bracci porticati (12) e, di collegamento tra i due, un giardino sopraelevato con ninfeo, ossia una struttura decorata con fontane e giochi d’acqua, sul modello degli edifici classici in onore delle ninfe. I vari livelli sono collegati da monumentali scaloni, a creare uno spazio scenografico dove l’architettura domina la natura e conferisce razionalità e magnificenza all’ambiente. Una grande esedra (13) delimita il giardino superiore che nascondeva uno scrigno prezioso: il cosiddetto "giardino delle Statue", uno straordinario complesso di sculture antiche (fra cui spiccava il gruppo romano del Laocoonte databile al I secolo d.C., scoperto nel 1506 e subito dopo lì collocato per volontà del papa), fontane e vegetazione, trasformato a più riprese fra XVIII e il XX secolo. Accanto alle mura del giardino delle Statue si trova la monumentale scala a chiocciola che consentiva un accesso diretto alla palazzina di Innocenzo VIII dai piedi del colle e poteva essere percorsa anche a cavallo: la scala esternamente è racchiusa in una torre, come un blocco autonomo; all’interno si sviluppa secondo una spirale continua, articolata dalla sequenza ascendente di quattro diversi ordini di colonne (tuscanico, dorico, ionico e composito).
I lavori per la costruzione della grandiosa struttura si protraggono molto oltre la morte dell’artista, ma le sue intenzioni ci sono documentate, nelle forme da lui prospettate, grazie a significative testimonianze contemporanee, sia scritte sia iconografiche (14)
Bramante crea un immenso cannocchiale ottico, il cui punto di fuga va quasi a coincidere con la finestra della stanza, in seguito nota come Stanza della Segnatura, uno degli ambienti prescelti da Giulio II come luogo di residenza privata ( p. 235). La continuità visiva, tuttavia, è stata compromessa dall’inserimento del corpo di fabbrica trasversale della Biblioteca, voluto da papa Sisto V nel 1585.
Dal punto di vista tipologico, questa struttura racchiude in sé molteplici caratteri, che richiamano le descrizioni delle antiche ville romane. Il Belvedere di Bramante per Giulio II è stato infatti interpretato come il tentativo di far rivivere i fasti della villa dell’imperatore romano Adriano a Tivoli o della Domus Aurea di Nerone. Il richiamo all’Antico avviene anche nel segno della magnificenza dell’acqua e delle fontane: in una città ancora priva degli acquedotti tardorinascimentali (realizzati a partire dal pontificato di Pio V), Bramante crea una struttura che raccoglie l’acqua da Monte Mario per poter alimentare le numerose fontane che arricchivano in vari punti il complesso.
Giulio II si fa promotore dal 1506 anche della ricostruzione dell’antica Basilica di San Pietro, incaricando Bramante di creare il nuovo tempio della cristianità che doveva superare la grandiosità dell’architettura della Roma imperiale ( pp. 227-230). Nelle intenzioni iniziali, la nuova e grandiosa chiesa avrebbe dovuto accogliere la sepoltura del papa, affidata a Michelangelo, evidenziando il rapporto diretto fra la tomba del pontefice e quella dell’apostolo Pietro ( p. 210).

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GUIDA ALLO STUDIO

Bramante

I saperi fondamentali 
  • Donato Bramante (1444-1514) si forma a Urbino. Pittore e architetto, sviluppa una grande sensibilità per la resa della profondità attraverso l’uso della prospettiva e dimostra un’estrema attenzione alle fonti di luce.
  • Nella seconda metà del Quattrocento Bramante si sposta a Milano dove dipinge il CRISTO ALLA COLONNA (la cui sofferenza traspare non solo dallo sguardo e dal volto ma anche dai dettagli anatomici e dall’uso sapiente della luce) e dove progetta la CHIESA DI SANTA MARIA PRESSO SAN SATIRO: in uno spazio ridottissimo, crea un finto coro, riuscendo a dare l’illusione di un’ampia e profonda cappella. A Milano collabora, inoltre, con Leonardo da Vinci nella realizzazione dell’area presbiteriale della CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE
  • Nel 1499 Bramante lascia Milano e si trasferisce a Roma, dove acquisisce una maggiore consapevolezza nell’uso dell’ordine architettonico (il sistema che lega piedritti e trabeazioni in rapporti proporzionali predeterminati) grazie allo studio diretto dell’architettura antica: il CHIOSTRO DI SANTA MARIA DELLA PACE è un esempio del legame di Bramante con la tradizione classica.
Le domande guida 
  • Dove si forma Bramante e quali caratteristiche di quell’ambiente influiscono sul suo stile?
  • Che cosa caratterizza lo stile di Bramante?
  • In che cosa consiste la soluzione illusionistica ideata da Bramante nella Chiesa di Santa Maria presso San Satiro?
  • Quali linguaggi architettonici influenzano i progetti di Bramante?

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò