L'Addizione Erculea di Ferrara
Anche la città di Ferrara, sotto la signoria degli Este fin dal XIII secolo, fece da sfondo a un radicale rinnovamento a scala urbana che affondava le radici negli interventi di ingrandimento del nucleo medievale attorno a via Voltapaletto e via Savonarola, voluti nell'ultimo quarto del Trecento da Niccolò II d'Este (1385).
Nel corso del Quattrocento il nuovo duca, Borso d'Este (1451), inglobò nella cerchia di mura il Polesine di Sant'Antonio e aprì il rettilineo di via della Ghiara, a sud della parte antica; ma il volto di Ferrara era destinato a mutare ancora, poiché crescevano sia la popolazione sia l'importanza e le aspettative della città, reduce tra l'altro dalla sconfitta nella guerra contro Venezia (1484), difesa com'era da mura inefficaci contro armi da fuoco a lunga gittata. Dunque, quarant'anni più tardi rispetto all'Addizione di Borso, Ercole I d'Este decise per un ampliamento urbano che di fatto raddoppiava la superficie e racchiudeva Ferrara in una nuova e più efficace cinta muraria
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Nel 1492 venne incaricato l'architetto ferrarese Biagio Rossetti (Ferrara 1447 ca.-1516) della progettazione di quello che oggi chiameremmo un piano regolatore, ovvero un progetto di espansione basato su previsioni demografiche, localizzazione delle funzioni e precise teorie urbanistiche che probabilmente, ancora una volta, presero le mosse dal De re aedificatoria albertiano. Dietro la decisione di Ercole I vi era senza dubbio anche la volontà di rendere edificabili alcune zone agricole di sua proprietà, incrementandone così il valore, e di inglobare all'interno della nuova cerchia il Castello di Belfiore (purtroppo scomparso). Questo di fatto veniva collegato al Castello Estense con l'apertura della via degli Angeli (oggi corso Ercole I d'Este) che corre da nord a sud incrociando, come accadeva per cardo e decumano, via dei Prioni (ora corso Porta Po, corso Rossetti, corso Porta Mare), con la quale invece collegava le due porte a est e ovest della città. Alle due strade principali Rossetti affiancò una griglia ordinata di nuove vie, parallele e ortogonali, che rendono tuttora evidente, se confrontate con la tortuosa maglia viaria medievale, il nuovo impianto rinascimentale. Cesura tra la "Ferrara antica" e la nuova città "erculea" fu il corso della Giovecca, asse trasversale che tutt'oggi taglia in due la città e che fu aperto con l'interramento dell'omonimo canale (fosso della Zuecca).
A differenza delle città romane, tuttavia, Rossetti non aprì la piazza pubblica (il foro, attuale piazza Ariostea) all'incrocio delle due arterie principali, ma la decentrò di qualche centinaio di metri, privilegiando la via dei Prioni rispetto a quello che continuava a essere quasi un percorso "privato" della famiglia d'Este.
I lunghi assi viari rettilinei non furono progettati per accogliere come sfondi edifici monumentali, ma per favorire le vedute di scorcio, le prospettive che privilegiano gli spigoli dei fabbricati; ed è proprio agli incroci che l'architetto pose i palazzi più importanti e significativi, come nel caso dell'incrocio tra via degli Angeli (Corso Ercole I) e via dei Prioni (Corso Rossetti) (19).
Qui sorgono Palazzo Turchi di Bagno, Palazzo Prosperi-Sacrati e Palazzo dei Diamanti, così chiamato per le caratteristiche bugne a punta di diamante che ne ricoprono interamente i fronti: gli angoli, e non le facciate, sono posti in evidenza con l'apposizione di marmi più chiari, sovrapposizioni di ordini, balconi in aggetto (20-21).
Le previsioni di espansione del duca tuttavia furono disattese nel corso del secolo successivo: la crisi demografica ed economica che investì Ferrara e il declino della casata estense fecero sì che la città entrasse nell'orbita dello Stato Pontificio (1598), in cui si venne a trovare decentrata ai margini settentrionali, cosa che decretò la sostanziale fine del processo di sviluppo.