Filippo Lippi

2.14 Filippo Lippi

Dopo Masaccio, un ruolo centrale nella pittura fiorentina è occupato da un frate-pittore, Filippo Lippi (Firenze 1406 ca.-Spoleto 1469). Affidato ancora in tenera età al Convento di Santa Maria del Carmine, dove prenderà i voti nel 1421, è testimone diretto dei lavori della Cappella Brancacci che avranno una fortissima influenza sulla sua formazione, al pari di quella esercitata sugli altri protagonisti della prima generazione rinascimentale. Filippo viaggia in Italia settentrionale e soggiorna a Padova, esperienza fondamentale per l’aggiornamento del proprio stile, così come cruciale sarà il contatto con la pittura fiamminga, da cui derivano l’esattezza e la curiosità con cui indaga il paesaggio e la realtà.

I dipinti fiorentini su tavola

Pala del Noviziato

In una celebre lettera di Domenico Veneziano a Piero de’ Medici scritta da Perugia nel 1438, Filippo è citato come miglior artista presente a Firenze insieme a Beato Angelico. A quel tempo i rapporti con la più ricca famiglia fiorentina, i Medici, dovevano essere già consolidati, tuttavia la consacrazione cittadina avviene intorno al 1445, con la cosiddetta Pala del Noviziato (93), dipinta da Lippi per l’omonima cappella nella Chiesa di Santa Croce a Firenze. Si tratta di una sacra conversazione in cui la Madonna col Bambino è affiancata dai santi Francesco e Damiano a sinistra, e Cosma e Antonio da Padova a destra. Sullo sfondo, la luminosa architettura di ispirazione brunelleschiana accoglie le ombre riportate dei personaggi e tutta la raffigurazione è permeata da una sobria naturalezza descrittiva, che si ispira alle contemporanee creazioni fiamminghe, ma insieme se ne distingue.
Le coppie di santi, san Francesco e sant’Antonio (due francescani, come i frati di Santa Croce) e i santi Cosma e Damiano, protettori dei Medici, sono raffigurati a coppie alternate per generare simmetrie e variazioni coloristiche. In alto, sul fregio dell’architettura, corre il motivo araldico delle "palle" medicee.
Dal punto di vista della stesura pittorica, l’opera segna uno dei vertici della pittura di Lippi: si vedano, per esempio, il bellissimo manto blu di lapislazzuli della Madonna e le delicate modulazioni cromatiche nelle vesti di Cosma e Damiano ottenute con raffinate "velature", stesure trasparenti ripetute più volte, come tanti veli sovrapposti. 

Adorazione del Bambino

Un rapporto dialettico con la pittura fiamminga traspare dalla pala con l’Adorazione del Bambino (94), che fino al principio dell’Ottocento si trovava nella sua collocazione originale, l’altare della cappella di Palazzo Medici-Riccardi a Firenze. Il fitto, tenebroso ambiente boschivo in cui si svolge la scena è indagato con un occhio quasi scientifico e restituito stupendamente in forma pittorica. Al di là della semplicità apparente della composizione, che avrà fortuna fino alla fine del secolo, l’opera propone una serie di temi teologici sulla Trinità: in alto domina la figura di Dio Padre, appena al di sotto della quale troviamo la colomba dello Spirito Santo, che dirige la sua luce sul piccolo Gesù, disteso nel prato fra i fiori e adorato dalla Vergine in preghiera. Alla scena assistono san Bernardo, in alto a sinistra, sullo sfondo, e, un po’ più in basso, il giovane san Giovanni Battista, quasi in primo piano.
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La cappella maggiore del Duomo di Prato

Dall’inizio del 1452 Fra’ Filippo è impegnato nella vasta impresa della decorazione ad affresco della cappella maggiore del Duomo di Prato, che lo occuperà fino al 1465. Il Preposto del Duomo di Prato Geminiano Inghirami è un personaggio influente dell’epoca, in contatto con i circoli umanistici di Roma e Firenze: per gli affreschi contatta inizialmente Beato Angelico, ormai anziano, che rifiuta, forse per l’impegno eccessivo richiesto dall’opera. Chiama allora Filippo Lippi, che accetta di buon grado l’offerta, stabilendosi a Prato.
Il lavoro si protrae per ben tredici anni fra difficoltà di vario genere, interruzioni, richieste di denaro, solleciti per la conclusione, allontanamenti dell’artista, nonché nuove stesure del contratto. La lunga esecuzione è legata anche alla tormentata storia personale del pittore: nel 1456, nominato cappellano del convento pratese di Santa Margherita, Filippo incontra la monaca Lucrezia Buti e se ne innamora, facendone la modella di molti suoi dipinti. Lucrezia e Filippo convivono a Prato nella casa del pittore, creando scandalo in città; solamente nel 1461 il papa Pio II, grazie all’intercessione di Cosimo de’ Medici, scioglie i due dai voti, anche a seguito della nascita del figlio Filippino nel 1457, che diventerà anch’esso pittore. Nel 1465 nascerà anche una figlia, Alessandra.
Il ciclo di affreschi si dispiega sulle due pareti della cappella maggiore, a sinistra (guardando dalla navata verso l’altare) con le Storie di santo Stefano, titolare della chiesa e patrono della città, e a destra Storie di san Giovanni Battista, protettore della vicina Firenze. Sulla parete di fondo, ai lati della vetrata pure disegnata da Lippi, si trovano in alto due Santi entro nicchie dipinte e due scene complementari alle storie. Negli spicchi della volta sono raffigurati i quattro evangelisti. Le storie dei due santi si leggono come di consueto dall'alto verso il basso e sono ricche di rimandi speculari: nelle due lunette si trovano infatti scene della nascita dei santi, nel registro centrale scene di commiato dal mondo per intraprendere la vita religiosa, e nel registro inferiore scene del martirio (sulla parete centrale) e della morte o delle esequie (sulle pareti laterali) (95)

Convito di Erode

È forse una delle scene più famose (96), e ha per soggetto la danza di Salomè. Una delle raffigurazioni-simbolo della pittura quattrocentesca fiorentina è la figura della giovane donna, la cui grazia leggiadra sembra preludere alle figure femminili di Sandro Botticelli.
Le figure dominano le scene, avvolte in vaporosi panneggi e rese leggere dalla luminosità della pennellata e dall’assenza di contorni netti. Anche i profondi scorci delle architetture accentuano il senso di movimento. Negli affreschi è riservata grande attenzione allo studio del movimento dei corpi e alla rappresentazione dei moti dell’animo, dei pensieri e delle emozioni dei personaggi, resa evidente da una serie di fisionomie che lasciano trasparire grande inquietudine.
La carriera dell’artista si conclude a Spoleto, mentre è impegnato ad affrescare le Storie della Vergine nel coro della cattedrale, che gli erano state commissionate nel 1466, ma rimarranno incompiute a causa della sua morte.
GUIDA ALLO STUDIO
Filippo Lippi
  • Ruolo centrale nella pittura fiorentina
  • Influenze fiamminghe
  • Composizioni ampie e complesse
  • Espressività delle figure ed eleganza delle linee

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò