Forma, funzioni e idee
Lo storico dell’arte tedesco Erwin Panowski (1892-1968) in un fondamentale saggio del 1950 (Architettura gotica e filosofia scolastica) notava come in Francia la nascita e lo sviluppo dello stile gotico coincidano in modo singolare con il sorgere e il diffondersi della filosofia scolastica – così chiamata in relazione alle scuole cattedrali, istituzioni antesignane delle moderne università, in cui avvenne la sua prima elaborazione – e del metodo espositivo adottato nelle Summae (raccolte di sentenze teologiche).
Alla filosofia scolastica si deve il tentativo di conciliare la fede cristiana con un sistema di pensiero proprio delle scienze razionali, secondo il modello della filosofia greca (il contatto con l’Oriente, conseguente alle crociate, consente di accedere a testi antichi, tradotti in arabo). Questo non significa sottoporre a verifica i dogmi della dottrina, ma mettere a punto una struttura logica per organizzare e ordinare il pensiero cristiano, rendendone chiari i fondamenti.
La cattedrale può essere letta come la concretizzazione visiva di quel sistema: le sue forme, le sue dimensioni e la sua complessità, così come l’importanza data alla funzionalità e all’organizzazione rigorosa dei suoi elementi, ricorda da vicino la struttura e l’articolazione di quei testi. Inoltre, come l’architettura tende verso l’alto, progressivamente assottigliandosi, analogamente la filosofia scolastica ambisce alla conoscenza e, più in generale, ad avvicinare l’uomo a Dio.
Anche l’importanza data alla luce nella chiesa gotica, attraverso l’impiego di numerose e ampie vetrate, può trovare una corrispondenza con la cultura religiosa del tempo. Alla luce era attribuito un alto valore, essa era considerata manifestazione visiva della presenza divina: secondo questa idea, la luce del sole, delle stelle ma anche lo splendore dell’oro e delle pietre preziose sono immagine della vera Luce emanata da Dio. Come vedremo, questa concezione non è accolta in modo unanime all’interno della Chiesa: l’ordine cistercense, Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) in particolare, concepisce un’idea di religiosità lontana dalla ricchezza e dallo sfarzo che rischia di distogliere il fedele e il monaco stesso dalla pratica della preghiera e della meditazione. Non solo la luce, ma il mondo fisico in generale è percepito come specchio della perfezione e della benevolenza divina. Si tratta di un passaggio fondamentale: restituire dignità alla dimensione terrena del vivere significa legittimare, indirettamente, la sua osservazione e la sua imitazione da parte degli artisti.
Non è un caso dunque se in scultura – che in questo periodo tende progressivamente a riacquistare una sua autonomia, sostanzialmente scomparsa con la tarda antichità – e in pittura si affermi un maggiore naturalismo, ovvero la tendenza a descrivere in modo più efficace e convincente i personaggi del racconto sacro, non solo nella loro fisicità ma anche nella loro espressività. In alcuni casi, questa tendenza, come vedremo, si lega in modo cosciente alla riscoperta dei modelli dell’antichità che molti maestri, primi tra tutti italiani, studieranno e citeranno nelle proprie opere incoraggiati da una committenza che trova nel recupero di quell’arte e di quel linguaggio un efficace strumento di propaganda (è il caso degli artisti della corte di Federico II di Svevia).
Sotto la denominazione di arte gotica vanno però esperienze anche molto distanti tra loro: a seconda dei luoghi, delle committenze, degli interpreti e delle successive fasi stilistiche, questo naturalismo può esplicitarsi in modi differenti. Per comprendere meglio questo aspetto, può essere utile confrontare opere eseguite negli stessi anni da artisti di formazione diversa, come per esempio una pittura di Giotto e una di un artista inglese suo contemporaneo: da un lato si osserva la descrizione di uno spazio che si sviluppa in profondità, il tentativo di dare volume e concretezza ai corpi, dall’altra invece si nota una maggiore attenzione per la resa dei dettagli, e la ricerca di pose articolate e sinuose che, rompendo con la rigida frontalità che aveva caratterizzato la figurazione del periodo immediatamente precedente, siano in grado di suggerire un’impressione di movimento e di conferire una nuova energia e vitalità ai personaggi.
Un altro importante aspetto da considerare è il ruolo svolto dalle arti suntuarie, impropriamente dette minori (avori, oreficerie, miniatura, vetrate eccetera), che in virtù delle loro ridotte dimensioni (quindi facilmente trasportabili) si fanno veicolo di diffusione delle novità stilistiche, e campo privilegiato di sperimentazione. Si tratta di un ambito che riesce maggiormente a “sfuggire” al controllo e al peso delle regole della tradizione, rispetto alla pittura o all’architettura: reliquiari e ostensori utilizzano un vasto repertorio del disegno architettonico e della teoria progettuale gotica, proponendo in scala ridotta esempi decisamente più arditi e fantasiosi rispetto alle costruzioni monumentali.