Duomo
Grazie alla vittoria sui Saraceni, ottenuta dalla flotta pisana a Palermo nel 1063, viene finanziato l'ambizioso progetto del duomo (54), iniziato nel 1064. L'altare maggiore è consacrato da papa Gelasio II nel 1118. La pianta dell'edificio è a croce latina, con cinque navate nel corpo centrale e tre nel transetto absidato (55).
Le cinque navate presentano arcate a tutto sesto sorrette da monumentali colonne di marmo monolitiche, alcune con capitelli corinzi provenienti dalle Terme di Caracalla a Roma e qui utilizzate con un chiaro rimando simbolico al mondo classico. Sopra il matroneo, affacciato sulla navata, si apre il claristorio, che illumina l'ambiente.
Le volte laterali sono a crociera, mentre la navata centrale, oggi rivestita da cassettoni dorati secenteschi, era in origine a capriate lignee (56-57). All'incrocio del transetto quattro pilastri sorreggono due arconi trasversali a ogiva (costituiti da due archi di cerchio che si intersecano alla sommità) e due pareti traforate, che a loro volta sostengono la cupola ellittica, rimarcando le due massime dimensioni della chiesa, la larghezza della navata centrale e quella delle tre navate dei transetti: un'impostazione inconsueta in Italia.
Sia la cupola sia le decorazioni a losanghe e a cerchi di mosaici marmorei poste sul rivestimento esterno sono di ascendenza islamica e paiono segnalare la conoscenza, da parte del loro ideatore, della tradizione di regioni lontane, come l'Armenia; inoltre, un enorme grifo di bronzo di fattura islamica stava in origine sul tetto della Cattedrale, sulla sommità di una colonna in prossimità dell'abside, dove in genere si trovano figure di santi o elementi cristiani. Queste componenti "esotiche" si fondono con alcune caratteristiche tipiche del Romanico dell'Italia settentrionale, come le loggette esterne sulla facciata a salienti.
Il tutto appare combinato con un tale senso delle proporzioni, in un gioco armonioso di pieni e di vuoti, da far sembrare l'edificio lieve e raffinato come un piccolo scrigno, nonostante le sue vaste dimensioni; contribuisce a quest'effetto il rivestimento di marmo, che rende il Duomo «candido come la neve», secondo l'iscrizione in facciata. Potrebbe perfino corrispondere al vero l'ipotesi che il primo architetto dell'edificio, Buscheto, figlio di un giudice, fosse di origine greco-bizantina, come scrive nel Cinquecento l'artista e teorico Giorgio Vasari, il quale forse conosceva qualche notizia che sfugge ai moderni. Dopo la sua morte, avvenuta non prima del 1110, i lavori proseguono con Rainaldo, come testimonia la lapide in facciata (► p. 350), ma il progetto dell'intero complesso monumentale, a parte il più tardo edificio del camposanto, sembra sia nato da un'idea di Buscheto.
Nella commistione di elementi di varie culture che caratterizza il Duomo di Pisa, non va sottovalutato il reimpiego di materiali antichi, come i capitelli corinzi delle colonne interne. Anche l'inserimento, nel rivestimento esterno, di sarcofagi e rilievi tardoromani conferma il desiderio di emulare l'antichità: nelle fonti dell'epoca i pisani paragonano infatti la loro potente città a una "novella Roma", la città simbolo che, seppure in declino, manteneva inalterato il suo prestigio.