Le sculture della Grotta di Sperlonga
Nel 1957, a Sperlonga, nel Lazio, sono state rinvenute parti di sculture che portano le firme degli stessi tre artisti di Rodi cui era attribuito da Plinio il
Laocoonte. I frammenti sono stati trovati all’interno di una grotta naturale aperta sul mare e adattata a
ninfeo (spazio rettangolare o circolare arricchito da nicchie, colonne e fontane) di una villa romana appartenuta all’imperatore Tiberio. Facevano parte di una ricca decorazione scultorea dislocata in vari punti della grotta per allietare i banchetti imperiali.
Le statue di Sperlonga, che illustrano episodi della vita di Ulisse e sono note come "l’Odissea di marmo", sono riconducibili ai tratti salienti del Barocco pergameno sia per gli elementi stilistici, sia per la lettura in chiave patetica degli episodi mitici che raffigurano. La minuziosa opera di ricomposizione dei resti ha permesso di identificare solo quattro dei gruppi marmorei che componevano la decorazione: l'Accecamento di Polifemo, l’Assalto di Scilla alla nave di Ulisse, il
Ratto del Palladio,
Ulisse che solleva il cadavere di Achille. Nell’Accecamento
di Polifemo
(13), che era situato in fondo alla grotta, spicca il grande corpo del ciclope, addormentato su una roccia per aver bevuto troppo vino. L’essere mitologico è disteso obliquamente, con la testa abbandonata all’indietro e la gamba muscolosa completamente stesa, punto di inizio di una
linea diagonale che percorre l’intera composizione. A sinistra, i compagni di Ulisse spingono in direzione dell’unico occhio del ciclope il palo appuntito che lo accecherà, mentre l’eroe, che si trova all’apice della
piramide disegnata dall’insieme, dirige il colpo. La
testa di Ulisse è coperta dal caratteristico pileo, il copricapo del navigante, e la sua espressione è resa intensa dall’approfondimento delle orbite oculari: l’intensità dello sguardo, l’irrigidirsi di tutti i muscoli del viso e la bocca semiaperta trasmettono la tensione del momento.