Sulla terrazza più a valle dell’acropoli di Pergamo, tra il 190 e il 160 a.C., Eumene II fece costruire il monumento simbolo dell’arte pergamena, l’altare dedicato a
Zeus e Atena
Nikephóros ("portatrice di vittoria"): una composizione monumentale completamente innovativa per dimensioni e programma decorativo, che prendeva spunto dal modello ionico tradizionale dell’altare su ampia base a gradini.
Gli elementi architettonici e decorativi dell’altare furono rinvenuti intorno alla metà dell’Ottocento dall’ingegnere tedesco Carl Humann, che stava effettuando interventi per migliorare la rete viaria dell’Impero ottomano. Nel 1878 fu dato il via a un’accurata campagna di scavo che permise di portare alla luce parte della struttura dell’altare e le lastre di marmo scolpite che lo decoravano. Smontate e trasportate a Berlino, le decorazioni sono oggi visibili nell’imponente ricostruzione conservata al
Pergamonmuseum.
ANALISI D'OPERA - Altare di Pergamo
Analisi D'opera
Altare di Pergamo
- 190-160 a.C.
- marmo asiatico e calcare, dimensioni originarie 36,4x34,2 m
- Berlino, Musei Statali, Pergamonmuseum
Descrizione
Da un
basamento quadrangolare (36,4x34,2 metri) poggiato su cinque gradini si elevava un alto
zoccolo rivestito di marmi, sul quale si ergeva l’altare vero e proprio, al centro di un
cortile circondato da porticati ionici. Sul lato occidentale del complesso saliva un immenso
scalone, delimitato da due ante, sulle quali si prolungava il colonnato. Su tutta la superficie dello zoccolo correva un fregio lungo 120 metri e alto più di due (Grande fregio), realizzato in
altorilievo su fondo liscio. Statue di divinità e allegorie coronavano la copertura con funzione di acroteri e, probabilmente, altre sculture erano disposte tra gli intercolumni, lungo la gradinata di accesso.
Sotto il portico, un fregio interno (Piccolo fregio) a
bassorilievo, di circa 80 metri di lunghezza per circa 1,5 metri di altezza, narrava le vicende dell’eroe locale Telefo, considerato il progenitore della dinastia attalide.
Il Grande fregio rappresenta la
Gigantomachia
(la lotta tra gli dèi e i Giganti), allusione ai conflitti fra Pergameni e Galati, attraverso un linguaggio ricco di pathos e dinamismo, accentuato dal forte
chiaroscuro.
Nella lotta convulsa, i Giganti (figli di Gea e Urano) affrontano le divinità marine e terrestri (a ovest), quelle della notte e degli astri (a nord) e, infine, quelle del cielo e della luce (a sud). Sul lato principale, quello a est, i Giganti si scontrano con gli dèi olimpici.
Nella scena del
combattimento tra Atena e il gigante Alcioneo i corpi sono disposti su diagonali fortemente divergenti: la dea afferra per i capelli il colosso, il cui braccio destro è sollevato e bruscamente piegato per afferrare il braccio di Atena, nel tentativo di allentare la sua presa. Alcioneo piega il ginocchio destro verso la terra che l’ha generato, e il cui contatto gli garantirebbe l’immortalità: tutto il corpo è teso in una diagonale sottolineata dalle grandi e possenti masse dei muscoli in tensione. La testa è rivolta verso l’alto e piegata all’indietro, mentre la bocca semiaperta e soprattutto gli occhi, ravvicinati e infossati sotto le potenti arcate orbitali, gli conferiscono un’espressione di intenso, disperato dolore, accentuato dalla capigliatura scomposta. Poco più a destra, emerge dal profondo la madre degli sconfitti:
Gea, la Terra. Anch’essa volge al cielo gli occhi e apre il braccio destro in un gesto di
drammatica, plateale disperazione. Sopra di lei, la figura alata di
Nike vola in un tumulto di piume e di panneggi a incoronare Atena. L’indagine dell’espressione dei volti e il virtuosismo degli effetti chiaroscurali – in questa scena come nel resto del fregio – sono spinti volutamente all’eccesso.
Nel particolare della
lotta tra Zeus e il gigante Porfirione, la massima divinità olimpica ripete verso sinistra la posizione diagonale di Atena e scaglia la folgore contro il gigante visto di schiena, raffigurato con le gambe serpentiformi. La resa della mostruosità dei Giganti, rappresentati con estremità a forma di serpente o di leone, artigli o corna taurine, si adatta bene alla forte drammaticità del conflitto e richiama le immagini di animali fantastici di ispirazione orientale.
Forma, funzioni e idee
A differenza delle raffigurazioni di battaglie di età classica, dove l’insieme era reso da una serie di "monomachie", cioè di avversari che combattono in duello, qui
la scena appare caotica e complessa, e l’intero spazio disponibile è coperto dalle figure. In alcuni punti il fregio addirittura "fuoriesce", con personaggi che si appoggiano sui gradini dello scalone coinvolgendo l’osservatore.
Nel Piccolo fregio si sviluppa il racconto della
Telefeia, la vita di Telefo, figlio di Eracle e Auge, mitico fondatore della città di Pergamo. La narrazione, resa a bassorilievo, si svolge secondo una
successione temporale delle scene, separate da alberi, colonne, pilastri o semplicemente da personaggi posti di spalle l’uno all’altro, che rompono l’unità di tempo e di spazio del Grande fregio. Gli elementi naturali, quali rocce, alberi e architetture, oltre a separare le scene, intendono ricreare uno
sfondo paesistico in grado di dare un senso di profondità spaziale. Le figure perdono la plasticità e l’espressività della
Gigantomachia per assumere un
aspetto più pacato ed equilibrato. Lo stile del Piccolo fregio, che ricorda la decorazione pittorica, cui forse era ispirato, sarà alla base del rilievo storico di età romana.
CONFRONTI E INFLUENZE
Nelle sculture frontonali del Partenone Fidia aveva raggiunto l’apice del linguaggio figurativo del periodo classico e, allo stesso tempo, aveva gettato le basi per il suo stesso superamento con l’introduzione del cosiddetto panneggio bagnato, capace di generare mediante i chiaroscuri potenti e i volumi fluidi un vivace effetto coloristico sino ad allora del tutto inedito. Tale innovazione, adottata da molti artisti nei periodi successivi, si ritrova nei fregi dell’Altare di Pergamo (si notino per esempio le figure di Atena e Zeus). Anche la complessa relazione compositiva tra le figure e lo slancio dei corpi nello spazio, visibile soprattutto nella frammentaria figura di Iris, sono elementi dello stile fidiaco che raggiungono la loro massima espressione nel periodo ellenistico.
Contesti d’arte - volume 1
Dalla Preistoria al Gotico