L’emozione della lettura - volume C

Virgilio | UNIT 1 | ENEIDE 335 340 Tu armare a guerra fratelli unanimi, tu sai rovinare le famiglie con l odio, e colpi e fuochi mortali lanciar contro le case: mille nomi tu hai, mille arti per nuocere. Muovi la fertile mente, la pace già fatta discàrdina, semina cause di guerra: armi e vogliano, e chiedano, e a un tratto prendano i giovani! . Publio Virgilio Marone, Eneide, libro VII, vv. 286-340, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino 2014 339. la pace già fatta discàrdina: scardina la pace già esistente. 340. armi i giovani: i giovani vogliano, chiedano e prendano a un tratto le armi. a TU per TU con il testo Che cosa fare contro l ira di una divinità? Fino a che punto possono spingersi l invidia e il desiderio del male e dell insuccesso altrui? La mitologia romana ha un nome anche per la causa dell odio e, inevitabilmente in una civiltà misogina, si tratta di una donna: la furia Alletto. Come immaginare allora la personificazione della lotta, capace di seminare ovunque divisioni e discordia? Virgilio dà corpo in questi versi a un istinto primordiale, che vorremmo idealmente ignorare o superare, ma con il quale non possiamo non fare i conti. In realtà, anche noi tendiamo ad attribuire a una causa esterna le nostre peggiori azioni, i litigi o gli accessi di rabbia, probabilmente perché è difficile accettare un origine interna di sentimenti poco nobili. Espressioni colloquiali come «Mi è salita la rabbia , oppure «Che cosa ti è preso? sono spie della convinzione diffusa che alcune emozioni forti siano identificabili in precise forze che ci assalgono e si impossessano di noi, annullando le nostre facoltà razionali. Nella religione cristiana si tratta di Satana, termine di origine ebraica che significa avversario , perché complotta contro l uomo. Analisi 342 L ira di una dea Invidia e rassegnazione intridono lo sfogo di Giunone, che non sa accettare l idea che Enea e i Troiani possano finalmente trovare riposo e costruire una nuova patria nel Lazio. La forza del suo monologo è resa ancora più efficace dallo sguardo dall alto che segna l attacco della scena: giunta da Argo, una delle città greche più care alla dea, la moglie di Giove scorge dal cielo la flotta troiana sin dal capo siciliano di Pachino (vv. 286-291). Delusa dalla constatazione della propria impotenza a impedire la realizzazione dei disegni del Fato, la dea ripercorre insoddisfatta tutti gli ostacoli creati sino a questo momento sulla strada dell eroe: la distruzione di Troia, il pericolo della Sirte, Scilla, Cariddi (vv. 293-311). La rassegna delle insidie tese invano nel passato si conclude con l impegno a sollecitare nel futuro l intervento delle potenze infernali (Se non piego i Superi, moverò l Acheronte, v. 312). Nonostante la rinnovata dichiarazione di odio, permane tuttavia al fondo delle sue parole la consapevolezza che le sarà impossibile impedire il successo troiano: può solo ambire a una dilazione dei tempi e a un costo altissimo in termini di sofferenze e di morti (vv. 313-322). La potenza di una Furia Oltre alla dimensione poetica, che ne fa un capolavoro intramontabile, l Eneide è anche un prezioso documento dell immaginario della civiltà romana, ricca di un repertorio mitologico, che non si limita al mondo civile e raffinato degli dèi olimpici. La furia Alletto evocata da Giunone per turbare la quiete della famiglia di Latino e guastare i rapporti con Enea, aspirante sposo della figlia Lavinia, è una di quelle figure orrorose che incarnano la potenza primordiale dell odio (vv. 323-329). Giunone scende agli Inferi per chiedere il suo intervento, convinta che possa presto e facilmente scardinare la pace e impedire le nozze tra Enea e Lavinia.

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Epica