L’emozione della lettura - volume C

Omero | UNIT 2 | ODISSEA 405 410 415 420 tutti; e Giove mandò con lo scoppio d un tuono, il presagio. Ma lieto il cuore fu d Ulisse tenace divino, che a lui tale presagio mandasse il figliuolo di Crono. E prese un dardo acuto che fuor del turcasso giaceva sopra la mensa dentro rinchiusi ancora erano gli altri onde gli Achivi presto doveano saggiare la punta. Col cubito alto, quindi, tirando la corda e la cocca, dallo sgabello dove sedeva scagliò la saetta dritto mirando; e niuna fallì de le scuri: sfiorando l impugnatura a sommo, uscì via dall ultimo foro il grave bronzeo dardo. E Ulisse a Telemaco disse: «Vergogna non ti fa, Telemaco, questo straniero ospite tuo: fallita la mira non ho, né stentato troppo, per tender l arco: le forze mi valgono ancora. Quello non sono che i Proci maltrattano e copron d ingiurie. Ora il momento è giunto, finché dura il dì, d ammannire il pranzo ai Proci; e poi potranno pigliarsi altri svaghi col canto e con la cetra, che sono ornamento alla mensa . Disse, e fe cenno con gli occhi. Di subito cinse la spada Telemaco, figliuolo diletto d Ulisse divino, gittò sul giavellotto la mano; e vicino a suo padre stette vicino al seggio, fulgente nel lucido bronzo. Omero, Odissea, libro XXI, vv. 277-286, 303-348, 382-422, trad. di E. Romagnoli, Zanichelli, Bologna 1947 402. tenace divino: paziente e divino (epiteti formulari). 403. il figliuolo di Crono: Zeus. 404. acuto: appuntito. fuor del turcasso: fuori dalla custodia delle frecce dell arco. 405-406. dentro rinchiusi... punta: Odisseo afferra un dardo rimasto sul tavolo; degli altri, ancora chiusi dentro la faretra, a breve i Proci avrebbero saggiato la punta acuminata perché sarebbero stati trafitti. 407. Col cubito alto: con il gomito alto. la cocca: la parte posteriore della freccia, su cui è praticata una tacca per applicarvi la corda dell arco. 409. niuna fallì de le scuri: non mancò nessuno degli anelli delle scuri attraverso cui doveva passare. 409-410. sfiorando... sommo: sfiorando in alto l impugnatura. 414. le forze... ancora: le mie forze ancora resistono. 416. finché dura il dì: finché dura il giorno. 416-417. d ammannire il pranzo ai Proci: di imbandire il pranzo ai Proci. 421. gittò: portò. 422. fulgente nel lucido bronzo: splendente nel bronzo brillante delle armi appena indossate. a TU per TU con il testo La superbia e l arroganza dei mediocri a danno dei valorosi suscitano sempre rabbia nei confronti dei primi e simpatia nei confronti dei secondi, con i quali tendiamo a immedesimarci. Eppure il talento e il merito non possono che emergere, anche in condizioni avverse. La gara del tiro con l arco dovrebbe essere un cimento per pochi eletti, l aristocrazia di Itaca. Mettiamoci nei panni dei Proci: che rispondere a un mendicante un po sfrontato, già accolto alla mensa dei ricchi, il quale intende mettersi anche lui alla prova nella competizione in cui finora hanno fallito i migliori uomini dell isola? Illusi e ingenui, proprio perché tracotanti: la loro superbia è l anticamera della loro fine. E, per quanto immaginiamo con un brivido di paura ciò che aspetta i pretendenti, la loro disfatta incombente ci fa piacere. Un po come capita perché non ammetterlo? quando un compagno troppo sicuro di sé ne dileggia un altro, apparentemente più debole. Già, apparentemente . 260

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Epica