L’emozione della lettura - volume C

ALLA SCOPERTA DEI TESTI 325 che vede ogni cosa, leva a un uomo metà del suo valore, se il giorno della schiavitù lo coglie . Così disse, ed entrò nella reggia incontro ai Proci. E Argo, che aveva visto Odisseo dopo vent anni, ecco, fu preso dal Fato della nera morte. Omero, Odissea, libro XVII, vv. 290-327, trad. di S. Quasimodo, Mondadori, Milano 1967 a TU per TU con il testo Ognuno di noi conosce la gioia del ritorno a casa, sia pure dopo un assenza breve. Tanto più difficile è esprimere le emozioni che si provano dopo anni passati lontano. Il periodo trascorso altrove ci dona uno sguardo diverso sulle cose, che impedisce di vedere il nostro mondo con la stessa abitudine di un tempo. Subentra allora un infantile meraviglia nel ritrovare ciò che abbiamo lasciato molti anni prima, non senza un comprensibile smarrimento. Il ritorno di Odisseo a Itaca offre il prototipo del nostos (in greco, ritorno ) e dell incontro con i propri cari dopo anni di distanza e desiderio: la brevità di un attimo infinito soddisfa allora un sentimento di nostalgia covato nel tempo. Incredulità e gioia mista a pianto liberatore sono la cifra di uno di quei momenti indimenticabili che danno un senso all attesa e al dolore. Analisi Un ritorno difficile Nel primo brano (libro XIII) c è un notevole senso di estraniamento nel primo approccio di Odisseo con la propria isola dopo anni di assenza (addormentato sopra la terra dei padri; e non la conobbe, / da tanto n era lontano, vv. 188-189). Ormai avvezzo a risvegliarsi in terre straniere, esposto a mille rischi e pericoli, per ironia della sorte l eroe dei molti viaggi e delle continue avventure non riconosce proprio l isola in cui è nato e cresciuto (Per questo tutte le cose sembravano estranee al sire, / i lunghi sentieri, i comodi porti, / le rocce inaccessibili e gli alberi floridi, vv. 194-196). La diffidenza iniziale di Odisseo è tale che vuole verificare se ha ancora con sé i preziosi doni ricevuti alla corte di Alcinoo o se i Feaci che lo hanno accompagnato lo hanno depredato (vv. 217-219). necessario l intervento di Atena, nei panni di un giovane pastore, a rincuorare l eroe, che chiede subito in che terra si trova (che paese? che terra? Che uomini vivono qui? / è un isola tutta visibile, oppure è una punta, / protesa nel mare, del continente dalle vaste campagne?, vv. 233-235). La scena assume tratti quasi paradossali, visto che è Atena a dover magnificare la fama di Itaca al suo re (Davvero non è / così oscura, ma la sanno moltissimi, / sia quanti stanno verso l aurora e il sole, / sia quanti vivono in fondo verso l ombra nebbiosa, vv. 238-241). Aspra ma fertile, adatta all allevamento e ricca di pozzi: la descrizione di Atena coglie l essenziale della patria di Odisseo che, sentito il nome di Itaca, godette e salutò la sua terra paterna (vv. 250-251). L abbraccio tra padre e figlio Nel secondo brano (libro XVI) la situazione muta: Odisseo, trasformato da Atena in un vecchio mendicante al fine di organizzare più efficacemente la sua vendetta sui Proci, ha già ottenuto l ospitalità del porcaro Eumeo; la dea tuttavia gli restituisce momentaneamente un aspetto giovane e prestante perché possa degnamente presentarsi al figlio. Telemaco ha una iniziale reazione di rifiuto, comprensibile in un giovane che ha sofferto vent anni l assenza del padre e non vuole credere subito alla realizzazione di un sogno (No, tu non sei Odisseo, non sei il padre mio, ma m incanta / un nume perché io soffra e singhiozzi di più, vv. 194-195). 247

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Epica