L’emozione della lettura - volume C

ALLA SCOPERTA DEI TESTI MITO E CIVILT L ospitalità Nell antichità non esistevano alberghi, né si praticava il turismo come lo intendiamo oggi. Il viaggio era dettato da bisogni materiali o religiosi: l emigrazione alla ricerca di terre più fertili, la fuga da nemici, una guerra, la visita a un tempio o a un oracolo per riceverne un responso. L esigenza del pernottamento lontano da casa era soddisfatta in modo molto diverso da oggi: lo straniero giunto in una terra sconosciuta poteva essere un nemico agli occhi degli abitanti del posto, o un pirata, di cui erano pieni i mari nell antichità. Una volta appurata la buona intenzione del viaggiatore, profugo o pellegrino, era cura della comunità locale dimostrare la propria ospitalità. In un mondo in cui la comunicazione da una sponda all altra dell Egeo era possibile solo con la navigazione e le notizie circolavano da un paese all altro con grande difficoltà, l arrivo di uno straniero suscitava curiosità, significava la possibilità di racconti e descrizioni di terre lontane. L ospitalità, inoltre, corrispondeva al bisogno di aiuto reciproco in un mondo assai poco sicuro: l ospite, infatti, era sacro ed era protetto da Zeus. Luciano Canfora (n. 1942), uno tra i maggiori studiosi italiani di antichità classica, ha recentemente richiamato l episodio di Glauco e Diomede per valorizzare «l idea greca e già omerica dell ospitalità in un epoca come la nostra, segnata da migrazioni di massa. «Non paia singolare questa formulazione, giacché Omero racconta non uno ma due mondi, quello greco (gli Achei) e quello della Troade (che i Greci intendono conquistare e saccheggiare): ebbene, su entrambi egli proietta le stesse usanze, la stessa sacralità dell ospite, dello straniero. Glauco (licio alleato dei Troiani) e Diomede (greco) si scambiano le armi perché i loro antenati erano stati in rapporto di ospitalità (Il libro dell anno 2016, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2016). PASSATO E PRESENTE Restare umani La storia del Novecento ci riporta alla memoria un episodio della Prima guerra mondiale in cui soldati di schieramenti opposti smisero di combattere per alcuni giorni, non per aver riscoperto antiche amicizie, come nel caso di Glauco e Diomede, bensì per poter festeggiare insieme il Natale del 1914, il primo dallo scoppio del conflitto, avvenuto in estate. Lettere di soldati tedeschi e britannici, schierati sui lati opposti del fronte in territorio belga, testimoniano quella che è passata alla storia come tregua di Natale : per giorni le truppe si scambiarono auguri e canzoni dalle rispettive trincee e il clima di festa portò in alcuni casi alla disputa di partite di calcio nella terra di nessuno compresa tra le trincee nemiche. I giornali dovettero per necessità tacere questi episodi di solidarietà tra soldati nemici, aspramente condannati dagli alti comandi degli eserciti dei paesi belligeranti, che li consideravano forme di insubordinazione e di tradimento. Solo il 31 dicembre 1914 il quotidiano statunitense «The New York Times ruppe il silenzio dedicando un articolo a quanto accaduto. Altre testate giornalistiche europee riportarono la notizia nei giorni successivi, ma in un clima di sospetto e condanna dell episodio. L episodio di Glauco e Diomede, nemici che riscoprono antichi legami familiari, e decidono di non combattere tra loro e di scambiarsi le armi, non è dunque un caso isolato. Benché segnata da continui conflitti, la storia dimostra talvolta le difficoltà che hanno gli uomini a farsi la guerra, quando a prevalere sono i ricordi e gli affetti oppure semplicemente la coscienza della comune umanità e la voglia di vivere. Locandina del film Joyeux No l. Una verità dimenticata dalla storia di Christian Caron (2005), incentrato sulla cosiddetta tregua di Natale . 127

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Epica