L’emozione della lettura - volume C

ALLA SCOPERTA DEI TESTI co, riservano sorprese inaspettate: ascoltando l avversario, Diomede ricorda i racconti del nonno Eneo, che aveva ospitato a casa sua Bellerofonte (vv. 214-216) e rinsalda il vincolo dell ospitalità (Ospite dunque io sono per te, se tu in Argo venissi, / tu ne la Licia a me, se tra il popolo io giungo dei Lici, vv. 223-224). Lo scambio delle armi suggella il rinnovo di un rapporto che oggi potremmo definire di amicizia. Il mito di Bellerofonte e la depressione dell eroe Omero riferisce che Bellerofonte, ormai celebre per le sue gesta, si mise un giorno a vagare soletto pei campi d Alèo, / e si rodeva il cuore, schivava degli uomini l orme (vv. 200-201). Questi versi sono stati spesso individuati come prima testimonianza di quel malessere psicologico che siamo soliti chiamare depressione. Bellerofonte, per motivi non chiari, non riesce a trovare pace in se stesso, vaga senza meta, rifiuta il contatto con gli altri uomini e si chiude in solitudine. In realtà una ragione c è, ci spiega il critico svizzero Jean Starobinski. «Gli dèi, nel loro complesso, si compiacciono di perseguitare Bellerofonte; l eroe, che ha saputo resistere valorosamente alle persecuzioni degli uomini, è impotente di fronte alla loro collera. E chi è perseguitato dall ostilità universale degli immortali non trae più alcun piacere dai rapporti con gli uomini. questo il punto su cui occorre soffermarsi: nel mondo omerico, la comunicazione dell uomo con i suoi simili, la stessa rettitudine del suo cammino, sembrano dipendere da una garanzia divina. Quando nessun dio è disposto a concedere tale favore, l uomo è condannato alla solitudine, al dolore divorante , alle corse senza meta in preda all ansia. La depressione di Bellerofonte è solo l aspetto psicologico di questo allontanamento delle potenze superne. Una volta abbandonato dagli dèi, gli vengono a mancare le risorse e il coraggio necessari per continuare a vivere tra i suoi simili . Una similitudine fortunata Il brano proposto, riportato nella traduzione di Ettore Romagnoli (1871-1938), è famoso soprattutto per la similitudine con cui il licio Glauco accosta le generazioni umane a quelle delle foglie che cadono dai rami degli alberi avvicendandosi secondo i ritmi delle stagioni (vv. 145-148). Si tratta di una delle similitudini più celebri della letteratura greca, che è stata ripresa con variazioni da Virgilio, Dante e molti altri poeti, tra cui Giuseppe Ungaretti nella lirica Soldati («Si sta come / d autunno / sugli alberi / le foglie ). Il successo di questa similitudine e della similitudine in generale, come figura retorica, nell Iliade non è casuale. In quanto relativa alla sfera del significato, essa è particolarmente utile alla rappresentazione epica del mondo nell età di Omero. Dimostra, infatti, l attenzione dei Greci ai dettagli del mondo naturale che li circondava, un mondo pieno di misteri che non riuscivano a spiegare razionalmente. L universo di forme ed eventi della natura (in greco physis) offriva un repertorio ricchissimo di immagini utili a comprendere concetti o situazioni del mondo umano: la caduta e la rinascita stagionale delle foglie, per esempio, eterno mistero della morte e della rigenerazione della vita vegetale, non poteva non ispirare un collegamento con la successione delle generazioni umane e con la caducità della vita. L esistenza umana, infatti, è precaria e vana è ogni ambizione di gloria e di onore, perché destinata prima o poi a consumarsi e a dissolversi nel nulla. Come gli alberi, appunto, gli stessi uomini sono effimeri: un aggettivo, questo, non a caso di origine greca, che significa di un solo giorno . Laboratorio sul testo COMPRENDERE 1. Perché Diomede chiede a Glauco le sue origini familiari? Di che cosa ha paura? 2. Ricostruisci la genealogia di Glauco. 3. Perché Bellerofonte viene cacciato da Argo? Dove è costretto a recarsi? A quali prove è sottoposto? 125

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Epica