T5 - L’avventura di due sposi (I. Calvino)

Il tema: Il lavoro

T5

Italo Calvino

L’avventura di due sposi

  • Tratto da Gli amori difficili, 1958
  • racconto
L’autore

Italo Calvino nasce nel 1923 presso L’Avana, nell’isola di Cuba: qui lavorano il padre, agronomo, e la madre, botanica, entrambi originari di Sanremo. La famiglia due anni più tardi torna in Liguria, dove il giovane Italo compie gli studi e partecipa ventenne alla guerra partigiana nelle fila della brigata Garibaldi: un’esperienza al centro del primo romanzo, Il sentiero dei nidi di ragno (1947). Dopo la guerra si trasferisce a Torino, iniziando una brillante carriera nel mondo editoriale. Iscritto al Partito comunista, lo abbandona dopo che le truppe sovietiche invadono l’Ungheria nel 1956. In questo periodo si impone come una delle voci più originali della letteratura italiana, prima con la trilogia di romanzi fantastici I nostri antenati (1952-1959) e poi con i racconti riuniti in Marcovaldo (1963) e Le Cosmicomiche (1965). Nel 1964 sposa Chichita Singer, traduttrice argentina, con la quale nel 1967 si stabilisce a Parigi. Qui apre una stagione più sperimentale, i cui frutti migliori sono le prose delle Città invisibili (1972) e il romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979). Fra i saggi, grande attenzione hanno risvegliato le Lezioni americane (1988), pubblicate postume dopo la morte improvvisa di Calvino, avvenuta a Siena nel 1985, a causa di un’emorragia cerebrale.

Elide e Arturo si danno il cambio in fabbrica. Quando lui rientra dal turno di notte, lei deve prepararsi a uscire. C’è il tempo soltanto per qualche parola, qualche rapido abbraccio. Così i due sposi non riescono ad avere una vita di coppia, e vedono il loro amore stritolato dalle crudeli dinamiche del lavoro operaio.

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Audiolettura

L’operaio Arturo Massolari faceva il turno della notte, quello che finisce alle sei. Per
rincasare aveva un lungo tragitto, che compiva in bicicletta nella bella stagione, in
tram nei mesi piovosi e invernali. Arrivava a casa tra le sei e tre quarti e le sette, cioè
alle volte un po’ prima alle volte un po’ dopo che suonasse la sveglia della moglie, 

5      Elide.

Spesso i due rumori: il suono della sveglia e il passo di lui che entrava si sovrapponevano
nella mente di Elide, raggiungendola in fondo al sonno, sonno compatto
della mattina presto che lei cercava di spremere1 ancora per qualche secondo col
viso affondato nel guanciale. Poi si tirava su dal letto di strappo2 e già infilava le 

10    braccia alla cieca nella vestaglia, coi capelli sugli occhi. Gli appariva così, in cucina,
dove Arturo stava tirando fuori i recipienti vuoti dalla borsa che si portava con sé
sul lavoro: il portavivande, il termos, e li posava sull’acquaio.3 Aveva già acceso il
fornello e aveva messo su il caffè. Appena lui la guardava, a Elide veniva da passarsi
una mano sui capelli, da spalancare a forza gli occhi, come se ogni volta si vergognasse 

15    un po’ di questa prima immagine che il marito aveva di lei entrando in casa,
sempre così in disordine, con la faccia mezza addormentata. Quando due hanno
dormito insieme è un’altra cosa, ci si ritrova al mattino a riaffiorare entrambi dallo
stesso sonno, si è pari.

Alle volte invece era lui che entrava in camera a destarla, con la tazzina del caffè, 

20    un minuto prima che la sveglia suonasse; allora tutto era più naturale, la smorfia
per uscire dal sonno prendeva una specie di dolcezza pigra, le braccia che s’alzavano
per stirarsi, nude, finivano per cingere il collo di lui. S’abbracciavano. Arturo aveva
indosso il giaccone impermeabile; a sentirselo vicino lei capiva il tempo che faceva:
se pioveva o faceva nebbia o c’era neve, a secondo di com’era umido e freddo. Ma gli 

25    diceva lo stesso: «Che tempo fa?», e lui attaccava il suo solito brontolamento mezzo
ironico, passando in rassegna gli inconvenienti che gli erano occorsi, cominciando
dalla fine: il percorso in bici, il tempo trovato uscendo di fabbrica, diverso da quello
di quando c’era entrato la sera prima, e le grane4 sul lavoro, le voci che correvano
nel reparto, e così via.

30    A quell’ora, la casa era sempre poco scaldata, ma Elide s’era tutta spogliata, un
po’ rabbrividendo, e si lavava, nello stanzino da bagno. Dietro veniva lui, più con
calma, si spogliava e si lavava anche lui, lentamente, si toglieva di dosso la polvere e
l’unto dell’officina. Così stando tutti e due intorno allo stesso lavabo, mezzo nudi,
un po’ intirizziti, ogni tanto dandosi delle spinte, togliendosi di mano il sapone, il 

35    dentifricio, e continuando a dire le cose che avevano da dirsi, veniva il momento
della confidenza, e alle volte, magari aiutandosi a vicenda a strofinarsi la schiena,
s’insinuava una carezza, e si trovavano abbracciati.

Ma tutt’a un tratto Elide: «Dio! Che ora è già!» e correva a infilarsi il reggicalze,
la gonna, tutto in fretta, in piedi, e con la spazzola già andava su e giù per i capelli, 

40    e sporgeva il viso allo specchio del comò, con le mollette strette tra le labbra. Arturo
le veniva dietro, aveva acceso una sigaretta, e la guardava stando in piedi, fumando,
e ogni volta pareva un po’ impacciato, di dover stare lì senza poter fare nulla. Elide
era pronta, infilava il cappotto nel corridoio, si davano un bacio, apriva la porta e
già la si sentiva correre giù per le scale.

45    Arturo restava solo. Seguiva il rumore dei tacchi di Elide giù per i gradini, e quando
non la sentiva più continuava a seguirla col pensiero, quel trotterellare veloce
per il cortile, il portone, il marciapiede, fino alla fermata del tram. Il tram lo sentiva
bene, invece: stridere, fermarsi, e lo sbattere della pedana a ogni persona che saliva.
«Ecco, l’ha preso», pensava, e vedeva sua moglie aggrappata in mezzo alla folla d’operai 

50    e operaie sull’undici,5 che la portava in fabbrica come tutti i giorni. Spegneva
la cicca,6 chiudeva gli sportelli7 alla finestra, faceva buio, entrava in letto.

Il letto era come l’aveva lasciato Elide alzandosi, ma dalla parte sua, di Arturo, era
quasi intatto, come fosse stato rifatto allora. Lui si coricava dalla propria parte, per
bene, ma dopo allungava una gamba in là, dov’era rimasto il calore di sua moglie, 

55    poi ci allungava anche l’altra gamba, e così a poco a poco si spostava tutto dalla parte
di Elide, in quella nicchia di tepore che conservava ancora la forma del corpo di
lei, e affondava il viso nel suo guanciale, nel suo profumo, e s’addormentava.

Quando Elide tornava, alla sera, Arturo già da un po’ girava per le stanze: aveva
acceso la stufa, messo qualcosa a cuocere. Certi lavori li faceva lui, in quelle ore prima 

60    di cena, come rifare il letto, spazzare un po’, anche mettere a bagno la roba da
lavare. Elide poi trovava tutto malfatto, ma lui a dir la verità non ci metteva nessun
impegno in più: quello che lui faceva era solo una specie di rituale per aspettare lei,
quasi un venirle incontro pur restando tra le pareti di casa, mentre fuori s’accendevano
le luci e lei passava per le botteghe in mezzo a quell’animazione fuori tempo8

65    dei quartieri dove ci sono tante donne che fanno la spesa alla sera.

Alla fine sentiva il passo per la scala, tutto diverso da quello della mattina, adesso
appesantito, perché Elide saliva stanca dalla giornata di lavoro e carica della spesa.
Arturo usciva sul pianerottolo, le prendeva di mano la sporta,9 entravano parlando.
Lei si buttava su una sedia in cucina, senza togliersi il cappotto, intanto che lui levava 

70    la roba dalla sporta. Poi: «Su, diamoci un addrizzo»,10 lei diceva, e s’alzava, si
toglieva il cappotto, si metteva in veste da casa. Cominciavano a preparare da mangiare:
cena per tutt’e due, poi la merenda che si portava lui in fabbrica per l’intervallo
dell’una di notte, la colazione che doveva portarsi in fabbrica lei l’indomani, e
quella da lasciare pronta per quando lui l’indomani si sarebbe svegliato.

75    Lei un po’ sfaccendava un po’ si sedeva sulla seggiola di paglia e diceva a lui cosa
doveva fare. Lui invece era l’ora in cui era riposato, si dava attorno, anzi voleva far
tutto lui, ma sempre un po’ distratto, con la testa già ad altro. In quei momenti lì,
alle volte arrivavano sul punto di urtarsi, di dirsi qualche parola brutta, perché lei lo
avrebbe voluto più attento a quello che faceva, che ci mettesse più impegno. Oppure 

80    che fosse più attaccato a lei, le stesse più vicino, le desse più consolazione. Invece
lui, dopo il primo entusiasmo perché lei era tornata, stava già con la testa fuori di
casa, fissato nel pensiero di far presto perché doveva andare.

Apparecchiata tavola, messa tutta la roba pronta a portata di mano per non doversi
più alzare, allora c’era il momento dello struggimento che li pigliava tutti e 

85    due d’avere così poco tempo per stare insieme, e quasi non riuscivano a portarsi
il cucchiaio alla bocca, dalla voglia che avevano di star lì a tenersi per mano.

Ma non era ancora passato tutto il caffè e già lui era dietro la bicicletta a vedere
se ogni cosa era in ordine. S’abbracciavano. Arturo sembrava che solo allora capisse
com’era morbida e tiepida la sua sposa. Ma si caricava sulla spalla la canna della bici 

90    e scendeva attento le scale.

Elide lavava i piatti, riguardava la casa da cima a fondo, le cose che aveva fatto il
marito, scuotendo il capo. Ora lui correva le strade buie, tra i radi fanali, forse era
già dopo il gasometro.11 Elide andava a letto, spegneva la luce. Dalla propria parte,
coricata, strisciava un piede verso il posto di suo marito, per cercare il calore di lui, 

95    ma ogni volta s’accorgeva che dove dormiva lei era più caldo, segno che anche Arturo
aveva dormito lì, e ne provava una grande tenerezza.


Italo Calvino, L’avventura di due sposi, in Gli amori difficili, Mondadori, Milano 2005

 >> pagina 445 

a TU per TU con il testo

Nel mondo contadino la vita seguiva i ritmi della natura. Alla mattina ci si alzava all’alba, alla sera si andava a letto al calare delle tenebre. Le giornate erano occupate da un lavoro duro, spesso durissimo, dettato dall’alternarsi delle stagioni: la mietitura in estate, la vendemmia in autunno, e così via. Nella società industriale moderna le cose cambiano: in fabbrica la catena di montaggio è attiva ventiquattr’ore su ventiquattro e gli operai devono alternarsi per garantirne il funzionamento. Ad annunciare il giorno non è il canto del gallo ma la lacerante sirena del primo turno. Eserciti di lavoratori, nell’Italia del dopoguerra, rispondevano al richiamo, come fanno Elide e Arturo in questo racconto, pubblicato da Calvino nel 1958. Il loro nemico è il tempo, che li separa costringendoli a vivere lontani l’uno dall’altra, nonostante siano sposati. Se oggi ci guardiamo intorno, vediamo un panorama ancora differente. Contadini e operai non sono più la maggioranza della popolazione. Ma in tanti mestieri restano i turni di notte, e soprattutto resta la tirannia degli orari, che spesso trasforma le nostre giornate in una logorante corsa contro l’orologio che ci sottrae all’affetto dei nostri cari, alle passioni che vorremmo coltivare, alla vita che ci aspetta là fuori.

 >> pagina 446 

Analisi

Calvino racconta la giornata tipo di una coppia di proletari, nell’Italia degli anni Cinquanta. Elide e Arturo, anche se sono sposati, vedono la loro vita matrimoniale ridotta a brevi incontri, perché lei entra in fabbrica quando lui ne esce. È una situazione avvilente. Ogni mattina va in scena il medesimo copione, spiegato nei dettagli. Lui svuota la borsa del lavoro, prepara il caffè, lei appare intontita dal sonno e un po’ vergognosa. Se però lui riesce ad arrivare prima, allora le porta a letto il caffè, e lei esce dal sonno con una specie di dolcezza pigra (r. 21). I due si abbracciano e la donna dal contatto con i vestiti di Arturo già capisce che tempo fa fuori. Stare qualche minuto vicini favorisce l’affettuosità, almeno sino al momento in cui l’orologio richiama all’ordine Elide, costringendola a scappare fuori.

Il narratore non accompagna i protagonisti sul luogo di lavoro. Fornisce soltanto le impressioni di chi rimane solo a casa. Arturo segue il rumore dei tacchi di Elide giù per i gradini (r. 45), poi immagina le tappe successive: il cortile, il portone, il marciapiede, fino alla fermata del tram (r. 47) che gliela porta via. Allo stesso modo lei, rimasta sola, immagina Arturo pedalare nel buio, fra i radi lampioni della periferia. Delle ore spese in officina, delle loro esatte mansioni non sappiamo nulla. In questo modo il lettore ha quasi l’impressione che si tratti di ore senza importanza, non vissute veramente. Il tempo del lavoro coincide con il tempo dell’alienazione: un termine derivante dal latino alius (“altro”), allora in voga per designare la sottrazione dell’uomo a se stesso, la sua riduzione a ingranaggio di una macchina, puro strumento di lucro.

La fabbrica è un’antagonista invisibile e impersonale: ciò si riconosce dalla stanchezza dei due protagonisti, oltre che dalla polvere e l’unto (rr. 32-33) che lascia sui vestiti di Arturo. Il lettore non lascia mai le poche stanze nelle quali vivono i due sposi: un appartamento piccolo, freddo, del quale vediamo la cucina, il bagno e la camera da letto.

Elide e Arturo non possiedono ancora i beni che tanti italiani sognavano negli anni del boom economico, come l’automobile. La loro è una povertà dignitosa, ben rappresentata dai tanti oggetti umili che si alternano nel racconto: il portavivande, il termos (r. 12) la caffettiera, il sapone (r. 34), la spazzola (r. 39) le mollette (r. 40), la borsa della spesa, la seggiola di paglia (r. 75) e infine la bicicletta che l’uomo si carica in spalla per scendere le scale.

Lo stile corrisponde a quest’ambiente spoglio. Calvino adotta una prosa colloquiale, concedendosi forme gergali (grane sul lavoro, r. 28; Spegneva la cicca, rr. 50-51) e costruzioni improprie (Lui invece era l’ora in cui era riposato, r. 76), per fare risaltare con nudità documentaristica una condizione sociale diffusa. L’insistenza sul tempo imperfetto sottolinea la monotona ripetizione di gesti usuali.

I ritmi di vita sfalsati imposti dalla fabbrica proiettano i loro effetti negativi sul rapporto fra i due protagonisti. Elide è stanca quando Arturo è riposato, e viceversa. Con queste premesse, i momenti di tensione, in cui arrivavano sul punto di urtarsi, di dirsi qualche parola brutta (r. 78), sono inevitabili. Eppure l’amore fra gli sposi sembra sopravvivere a questi condizionamenti e all’ostilità del mondo circostante. Arturo, per esempio, sbriga senza problemi i compiti domestici che la società un tempo riservava alla donna: lava i piatti, apparecchia la tavola, sistema la spesa, prepara il caffè. Tutti gesti in cui si insinua continuamente l’affetto.

Al mattino, quando resta solo nel letto matrimoniale, piano piano scivola dalla parte della moglie, ancora calda, e si addormenta nel suo profumo. Allo stesso modo lei, alla sera, strisciava un piede verso il posto di suo marito, per cercare il calore di lui, ma ogni volta s’accorgeva che dove dormiva lei era più caldo, segno che anche Arturo aveva dormito lì, e ne provava una grande tenerezza (rr. 94-96). C’è in entrambi, insieme all’amore, lo struggimento acuto d’avere così poco tempo per stare insieme (rr. 84-85).

 >> pagina 447 

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Antonio ed Elide abitano

  •     alla periferia di una grande città industriale. 
  •     nel centro di una grande città industriale. 
  •     in una casa di campagna. 
  •     in un piccolo paese di provincia. 


Motiva la tua risposta.


2. Completa la tabella, inserendo le azioni compiute dai due sposi.


  Arturo Elide
La mattina    
Durante la giornata    
La sera    
Dopo cena    

ANALIZZARE E INTERPRETARE

3. Il narratore è

  •     interno testimone. 
  •     esterno e adotta il punto di vista di Arturo. 
  •     esterno e adotta il punto di vista di Elide. 
  •     esterno e adotta, via via, il punto di vista di Elide o quello di Arturo. 


4. Quale effetto provoca la narrazione condotta prevalentemente all’imperfetto? Il racconto può essere letto come la narrazione di una giornata tipo di Elide e Arturo? Esponi le tue considerazioni.


5. La quotidianità dei due sposi non è fatta solo di fatica e orari poco concilianti, ma anche di gesti di affetto e tenerezza reciproca. Quali?


6. Perché, quando Arturo rientra, Elide, anche se capisce dal suo soprabito quali sono le condizioni meteorologiche, chiede comunque al marito che tempo fa?


7. Il narratore si sofferma, per ben quattro volte, sul momento dell’ingresso in casa e dell’uscita dei due sposi. Individua i quattro passaggi: attraverso quale senso viene avvertita l’entrata o l’uscita? Che cosa fa chi rimane a casa? Che valore ha, secondo te, questa insistenza?


8. Anche se Calvino non affronta direttamente il problema, ti sembra che in questo racconto sia espressa una critica alla società industriale? Perché? Esprimi il tuo pensiero facendo opportuni riferimenti al testo.

 >> pagina 448 

COMPETENZE LINGUISTICHE

9. Coordinazione e subordinazione. La prosa calviniana, pur nella sua limpidezza, non rinuncia alla subordinazione. Individua la funzione di alcuni dei che usati nel testo: congiunzione subordinante (CS), pronome relativo (PR), pronome interrogativo/esclamativo (AI/AE).


  CS PR AI/AE
a) Per rincasare aveva un lungo tragitto, che compiva in bicicletta nella bella stagione      
b) alle volte un po’ prima alle volte un po’ dopo che suonasse la sveglia della moglie      
c) Arturo stava tirando fuori i recipienti vuoti dalla borsa che si portava con sé sul lavoro      
d) Ma gli diceva lo stesso: «Che tempo fa?»      
e) Ma tutt’a un tratto Elide: «Dio! Che ora è già!»      
f) Lei si buttava su una sedia in cucina, senza togliersi il cappotto, intanto che lui levava la roba dalla sporta      
g) allora c’era il momento dello struggimento che li pigliava tutti e due      
h) Arturo sembrava che solo allora capisse com’era morbida e tiepida la sua sposa      
i) riguardava la casa da cima a fondo, le cose che aveva fatto il marito      
j) ma ogni volta s’accorgeva che dove dormiva lei era più caldo      

10. I verbi. L’aspetto verbale. L’aspetto contrassegna l’azione indicata dal verbo secondo la durata: un’azione infatti può essere puntuale (avviene e si conclude una sola volta), durativa (si prolunga nel tempo o si ripete), ingressiva (esprime l’inizio di un’azione che si prolungherà nel tempo) o conclusiva (esprime la fase conclusiva di un’azione). Nelle frasi seguenti, indica quale aspetto verbale prevale.


  Puntuale Durativo Ingressivo Conclusivo
a) Leopardi nacque a Recanati nel 1798.        
b) Sto arrivando!        
c) Tutti i martedì vado in piscina.        
d) Comincia a nevicare.        
e) Ho letto quel romanzo tutto d’un fiato.        
f) Smetti di fare lo stupido!        
g) Ho finito di lavare i piatti.        
h) Newton dormiva sotto un albero quando fu colpito da una mela.        

 >> pagina 449 

PRODURRE

11. Scrivere per descrivere, Come ti sei immaginato Elide e Arturo? Descrivili, in massimo 10 righe ciascuno, soffermandoti su almeno un particolare fisico a tua scelta.

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

CITTADINANZA E COSTITUZIONE

Nonostante il racconto sia della fine degli anni Cinquanta, Calvino ci presenta una coppia “eccezionale” in cui, anche per necessità, le incombenze domestiche sono ripartite abbastanza equamente tra i due coniugi. Com’è, oggi, la situazione? Sono ancora le donne, anche se lavoratrici, ad addossarsi tutto – o quasi – il peso della gestione della casa? E che cosa succede in altri paesi, per esempio in quelli scandinavi, da sempre all’avanguardia nelle pari opportunità? Cerca in rete dei dati statistici (puoi cercare sul sito dell’Istat) e confrontali con quelli trovati dai tuoi compagni.


MUSICA

Nello stesso anno di questo racconto, Italo Calvino scrive il testo di Canzone triste (cantata da Margot e musicata da Sergio Liberovici; puoi ascoltarla su YouTube), il cui tema è proprio la vicenda dei due sposi. Quali sono le differenze tra i due testi? Su quali elementi si concentra la canzone? Da chi è pronunciato, secondo te, il ritornello?

Erano sposi. Lei s’alzava all’alba
prendeva il tram, correva al suo lavoro.
Lui faceva il turno che finisce all’alba
entrava in letto e lei n’era già fuori. 


Soltanto un bacio in fretta posso darti
bere un caffè tenendoti per mano.
Il tuo cappotto è umido di nebbia.
Il nostro letto serba il tuo tepor. 


Dopo il lavoro lei faceva spesa
– buio era già – le scale risaliva.
Lui era in cucina con la stufa accesa,
fanno da cena e poi già lui partiva. 


Soltanto un bacio […]. 


Mattina e sera i tram degli operai
portano gente dagli sguardi tetri;
di fissar la nebbia non si stancan mai
cercando invano il sol, fuori dai vetri. 


Soltanto un bacio […].

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

I due sposi del racconto di Calvino continuano ad amarsi nonostante abbiano pochissimo tempo per stare insieme. Credi che avere ritmi di vita molto diversi possa influenzare un rapporto di coppia?

 >> pagina 450 

Se ti è piaciuto…

Amori (e dolori) operai

Qual è il nesso tra sviluppo economico e progresso civile? Come Italo Calvino, molti intellettuali nel secondo dopoguerra si interrogarono sugli effetti sociali del boom economico, che spazzò via costumi tradizionali e impose nuove dinamiche anche nei rapporti familiari. Un giovane scrittore lombardo, Lucio Mastronardi (1930-1979), ritrasse per esempio con sarcasmo sferzante il desiderio febbrile di arricchirsi che andava allora dilagando: nel Calzolaio di Vigevano narra l’ascesa e la caduta di una coppia di scarpari, pronti a tutto, anche a perdere la salute, pur di arrivare ad aprire una “fabbrichetta”.

Negli anni successivi anche il cinema italiano si interessò sempre più a queste realtà, ora in chiave drammatica, ora in chiave satirica. Nel primo caso si può ricordare La classe operaia va in paradiso di Elio Petri (1971), in cui Gian Maria Volonté presta il volto a Lulù, un lavoratore in grado di mantenere ritmi di produzione infernali, che fuori dalla fabbrica lo riducono a uno straccio, incapace di rapportarsi alla donna amata.

Di altro stampo la commedia di Lina Wertmüller Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972), esilarante racconto delle traversie amorose e professionali di un passionale operaio siciliano, interpretato da Giancarlo Giannini, e Romanzo popolare (1974), diretto da Mario Monicelli, dove troviamo un operaio milanese costretto a fronteggiare il tradimento della moglie. Lo stesso tema è stato ripreso in tempi più recenti dal regista Paolo Virzì: nella Bella vita (1994) viene messa a fuoco la crisi coniugale di un metalmeccanico, che perde il posto di lavoro ed entra in una spirale depressiva. La sua vicenda offre in tal modo una efficace rappresentazione delle nuove tensioni che hanno segnato e segnano tuttora il declino dell’industria in Italia.

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa