T6 - Vita standard di una telefonista (M. Murgia)

Il tema: Il lavoro

T6

Michela Murgia

Vita standard di una telefonista

  • Tratto da Il mondo deve sapere, 2006
  • romanzo
L’autrice

Michela Murgia è nata a Cabras, in Sardegna, nel 1972. Prima di dedicarsi alla scrittura ha fatto studi teologici e lavorato come insegnante di religione, impiegata, portiera di albergo e operatrice in un call center: durante quest’ultima esperienza nasce il suo primo libro, Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria (2006). È inoltre autrice di un’inchiesta sul ruolo della donna nella religione cattolica, Ave Mary (2011), e di alcuni romanzi di successo, Accabadora (2009), L’incontro (2012) e Chirú (2015), ambientati in Sardegna. Alla sua regione ha dedicato guide di viaggio, saggi e un’intensa attività politica.

Assunta nel call center di una multinazionale, che la incarica di vendere un costoso aspirapolvere, l’autrice racconta con verve il lato grottesco di un mondo dove conta soltanto il lucro. Un po’ divertita e un po’ sconcertata, impara furbizie e trucchetti per sedurre i suoi interlocutori telefonici.

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Audiolettura

Il lavoro è organizzato come in un gulag svizzero.1 Dodici ore filate divise in tre
turni di quattro ore, senza soluzione di continuità.

La casalinga non ha scampo. È lei il target2 della diabolica organizzazione Kirby.3

L’ufficio è piccolissimo, le postazioni di combattimento sono la metà di un banco 

5      di scuola, divise da un pezzo di compensato.4

Danno sul muro e sullo schermo di un pc. Ma sul muro, ovviamente, ci sono gli
immancabili cartelli motivazionali. «La telefonista che fa più appuntamenti avrà in
premio una scatola di formaggini e 8,5 euro lordi». Qualcosa mi dice che la parola
“lordo” in questo posto non è semplicemente il contrario di “netto”. Sento già l’odore 

10    del sangue.5

Ma è presto per addentare.6 Per ora stiamo al gioco.

Sono docile, spaesata, fingo di non capire. Sia benedetto il giorno che ho trovato
’sto lavoretto.

L’età media è sui venticinque anni. L’istruzione media è bassa, si capisce da tante 

15    cose.

La figura più inquietante è la capotelefonista che comanda (sono in due, ma una
delle due non ha alcun peso, è evidentissimo).

Per convenzione la chiameremo Hermann. Hermann non è qui solo per lavorare.
Anzi. Lei ci crede davvero. Non è semplicemente collaborativa. È convertita.

20    Per Hermann, Kirby è una fede, non un modo per sbarcare il lunario.7

È ferrea, arrogante, conosce ogni trucchetto per intortare8 la casalinga e, poiché è
stata telefonista a sua volta, conosce anche tutti i trucchetti per intortare la telefonista
media. Ha buon gioco, un sottovaso ha più personalità di queste ragazze, povere loro.

Mi fingo del gregge. Sarà bellissimo. […]

25    La tecnica è esattamente quella che mi aspettavo.

Una telefonata studiata nei minimi dettagli, di cui mi danno il testo, insieme ad
alcune indicazioni.

«Sorridi, dall’altra parte del telefono si capisce. Se devi fare una domanda fuori
testo, fa’ in modo che non cominci mai per “non“ e che la risposta non possa mai 

30    essere “no”. Altrimenti ti seghi da sola».9

Hai capito. Chiamale sceme.

«Buongiorno signora, sono Camilla de Camillis della Kirby di Paperopoli,10 lei
non mi conosce.

Le spiego subito il motivo della mia telefonata, <sorriso> lei è stata sorteggiata,

35    lì nel paese di Chissàdove, per ricevere un buono <enfasi> gratuito di <veloce> igienizzazione
completa (la signora non deve capire con esattezza cosa le si sta proponendo)
o di un suo divano, o di un suo tappeto, o addirittura di un suo materasso.
In cambio di questo servizio lei dovrà semplicemente esprimere un parere sul macchinario
che eseguirà l’igienizzazione e sulla persona che glielo mostrerà. Quando 

40    preferisce, signora, domani alle 15 o dopodomani alle 18?».

Diabolico. La casalinga non ha tregua. Ci sono anche le risposte predefinite per
le obiezioni che possono sorgere. «Non ho tempo».

«Ma signora, è solo un’orettamassimo, un’orettaemezza (pronunciato con la virgola
dopo “massimo”, in modo che la signora percepisca che la durata è massimo 

45    un’ora, mentre invece è di un’ora e mezza, quasi due) del suo tempo». Implicito è
il messaggio che il tempo della signora non valga un soldo bucato, dato che può
regalarcelo così, a gratis.

«Non compro niente».

«Signora, non c’è nulla da comprare, non è una vendita, ma solo una campagna 

50    pubblicitaria. Siamo noi che le stiamo facendo un omaggio».

Come se lo scopo di una campagna pubblicitaria non fosse vendere… Ovviamente
non verrà presa per il collo per acquistare, ma dopo un turlupinamento11 di quella
durata, può darsi che sia proprio lei a chiedere: «E quanto costa questo coso?».

Non ci crederete, ma questo sistema funziona. Moltissime povere casalinghe, strappate 

55    ai loro lavoretti quotidiani da questa invasione telefonica, non sanno opporre resistenza
al bulldozer-telefonista12 e dicono sì, fosse anche solo per chiudere la telefonata.

Alcune, smaliziate, dicono no senza tregua. Davanti alle resistenze, c’è anche il
ricatto morale: «Guardi, non mi interessa proprio».

«Signora, lei ci darebbe una mano a lavorare, perché noi <enfasi> giovani siamo pagati 

60    dalla nostra azienda <enfasi> solo per far vedere questo macchinario. Se ci riceve,
ci darà la possibilità di lavorare e in cambio noi le chiediamo solo un giudizio a voce.
Che ne dice di mercoledì all’una di notte? O preferisce sabato mattina all’alba?».

A quel punto anche il cuore più duro si scioglie. Quale mamma non si intenerirebbe
al pensiero di poveri giovani senza lavoro, pagati solo per fare pubblicità? Dopotutto 

65    si tratta solo di sorbirsi un mostruoso spot dal vivo della durata di un’ora e trenta minuti,
poveri giovani. Il sì è già dietro l’angolo. Sorridi, la signora lo percepisce.


Michela Murgia, Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria, Isbn, Milano 2006

 >> pagina 453 

Come continua

Se le vie del Signore sono infinite, quelle per vendere un aspirapolvere ci si avvicinano molto. Giorno dopo giorno la protagonista si inoltra nella giungla del call center, imparando a riconoscere le bestie feroci che comandano e periodicamente licenziano le colleghe meno produttive, bollandole con l’etichetta di “perdenti”. A salvarla dalle crisi di nervi sono le reazioni creative, e spesso esilaranti, con cui le casalinghe resistono all’insistente tampinamento telefonico. Ma in quanto a fantasia lei non è certo da meno…

a TU per TU con il testo

È un’esperienza quotidiana. Stiamo scolando la pasta, facendo una doccia, finendo i compiti quand’ecco che squilla il telefono. Chi sarà mai? Accorriamo e all’altro capo del filo la voce suadente di uno sconosciuto ci chiama per nome, proponendoci un vantaggioso contratto telefonico, un abbonamento televisivo, una vacanza a prezzi stracciati, oppure un imperdibile elettrodomestico di nuova generazione. Per reagire, ci sono diverse strategie. C’è chi finge di non capire l’italiano, chi asciutto liquida la seccatura in tre secondi, chi rimanda all’infinito la conversazione, chi ogni volta si lascia allettare. I più sgarbati buttano giù la cornetta, mugugnando insulti e parolacce. Michela Murgia ci mostra la vita quotidiana della controparte: quelli che nei call center ci lavorano, tentando dalla mattina alla sera di catturare il nostro interesse. Persone in carne e ossa, che non fanno questo mestiere per passione ma per necessità: ingranaggi di un sistema che non vuole noi, ma i nostri soldi.

Analisi  attiva 

Questo Romanzo tragicomico di una telefonista precaria nasce da un blog, nel quale Michela Murgia raccontava – un post dopo l’altro – la sua avventura di lavoratrice in un call center: un mese passato a chiamare numeri forniti dall’azienda, insieme a centinaia di colleghi, allo scopo di combinare appuntamenti per mostrare a domicilio le potenzialità di un aspirapolvere. A spingerla a vivere questa esperienza non è tanto la modesta paga, quanto la curiosità, il desiderio di documentare una realtà allora poco conosciuta: Sono docile, spaesata, fingo di non capire. Sia benedetto il giorno che ho trovato ’sto lavoretto (rr. 12-13). Già pregusta l’odore del sangue, cioè le assurdità che nei capitoli successivi si troverà ad addentare (r. 11) con sarcasmo. Finge di fare parte del gregge (r. 24): dinanzi alle dinamiche nelle quali si trova risucchiata non reagisce con rabbia, ma con ironia e disincanto. La sua non è una denuncia indignata, o un’analisi sociologica, ma la visione dall’interno di una realtà tragica e comica al tempo stesso: lo si intuisce dal tono leggero – infarcito di espressioni colloquiali (ti seghi da sola, r. 30; un soldo bucato, r. 46; questo coso, r. 53) e inglese pubblicitario (target, r. 3; spot, r. 65) – che bilancia la pesante situazione umana e lavorativa con la quale si confronta.


1. Il narratore è

  •     esterno, ma adotta una focalizzazione interna. 
  •     interno protagonista. 
  •     interno testimone. 
  •     esterno onnisciente. 


2. Sottolinea l’affermazione corretta.


Lo stile del brano è caratterizzato da frasi lunghe / brevi e dalla paratassi / ipotassi e il suo ritmo è rapido e incalzante / disteso e lento.


3. In questo brano, la protagonista-narratrice non condivide l’universo sociale e culturale in cui è inserita, anzi, lo osserva da una posizione intellettualmente superiore, dalla quale riesce a comprendere e giudicarne i meccanismi interni. Individua nel testo le spie linguistiche che denotano questa consapevolezza e il giudizio che ne scaturisce.

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Il lavoro, all’interno del call center, è organizzato come in un gulag svizzero (r. 1): il paragone accosta i durissimi campi di lavoro sovietici (gulag) alla proverbiale precisione degli svizzeri. Ne risulta l’idea di un meccanismo razionale e diabolico allo stesso tempo, che funziona in un luogo tranquillo soltanto in apparenza. Sotto la superficie covano in effetti le tensioni che derivano dal rapporto instaurato fra capi e operatori telefonici: i primi, emblematicamente rappresentati dalla figura di Hermann, credono con cieca devozione nelle sorti dell’azienda nella quale hanno trovato una realizzazione professionale. La loro è una fede, non un modo per sbarcare il lunario (r. 20) come per i loro sottoposti, che devono subire sfoghi e umiliazioni in cambio di uno stipendio miserabile. A questi si aggiunge una cifra variabile in base al numero di appuntamenti concordati al telefono, sempre che i venditori riescano poi effettivamente a recarsi a casa dei consumatori interessati, per mostrare le eccezionali risorse di un costosissimo aggeggio per pulire la casa.

Allo sfruttamento economico va sommato dunque lo stress psicologico innescato da una situazione di forte competitività con le colleghe, fomentata dagli immancabili cartelli motivazionali (r. 7), come quello che promette in premio alla telefonista che fa più appuntamenti una scatola di formaggini e 8,5 euro lordi (r. 8). Nella parola “lordo” la narratrice vede un duplice senso: non è semplicemente il contrario di “netto” (r. 9), ma anche un’allusione alla sporcizia morale di chi ha inventato un sistema come questo. Se nessuno si ribella, è solo per via dei contratti capestro, privi di garanzie, che sottraggono ai lavoratori i loro diritti consolidati in un secolo di lotte sindacali e li rendono precari ricattabili, indifesi, rassegnati.


4. La capotelefonista è chiamata Hermann perché

  •     è di origine tedesca. 
  •     lei stessa crede che un nome tedesco le conferisca maggiore autorità. 
  •     è un nome maschile e lei si comporta come un uomo. 
  •     questo soprannome richiama lo stereotipo del tedesco rigido e inflessibile. 


5. Perché, secondo la protagonista-narratrice, le operatrici del call center sono in una situazione di inferiorità e debolezza rispetto all’organizzazione dell’azienda e alla capotelefonista?

La seconda sequenza illustra la tecnica, studiata nei minimi dettagli (r. 26), per condurre a buon fine una telefonata. Le regole della persuasione occulta prevedono cortesia e positività. L’allieva impara, intercalando nel discorso commenti umoristici (Hai capito. Chiamale sceme, r. 31); poi propone l’esempio di una telefonata standard, e in margine le risposte predefinite per le obiezioni che possono sorgere (rr. 41-42). Lo schema funziona con molte casalinghe, che cedono al bulldozer-telefonista (r. 56). Alle più recalcitranti è riservato un argomento al quale è difficile controbattere: perché non dare una mano al giovane volenteroso? In fondo non si tratta che di assistere a una dimostrazione e dare un giudizio a voce. Questione di un’ora, un’ora e mezza: A quel punto anche il cuore più duro si scioglie (r. 63) e il perfido sistema può registrare l’ennesimo successo.


6. Perché la capotelefonista impone alle operatrici di sorridere durante la chiamata?

  •     Perché la telefonata avviene in videochiamata. 
  •     Perché delle impiegate sorridenti rendono più piacevole l’ambiente di lavoro. 
  •     Perché le impiegate devono obbedirle in ogni cosa. 
  •     Perché sorridendo si modifica il tono della voce. 


7. Che cosa non deve fare un’operatrice telefonica della Kirby? (sono possibili più risposte)

  •     Iniziare la telefonata con “Buongiorno”. 
  •     Fare domande che inizino per “non”. 
  •     Enfatizzare parole come “buono” e “gratuito”. 
  •     Far capire, nel dettaglio, in che cosa consista l’offerta. 
  •     Fare domande a cui si possa rispondere con un “no”. 
  •     Sottolineare che nell’azienda lavorano molti giovani. 

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Laboratorio sul testo

COMPETENZE LINGUISTICHE

8. Coordinazione e subordinazione. Lo stile del brano è caratterizzato da frasi brevi e dalla coordinazione per asindeto. Riscrivi il passo che va da Ma è presto per addentare (r. 11) a Sarà bellissimo (r. 24) cercando di rendere la sintassi più complessa e articolata, eventualmente modificando l’ordine dei costituenti e i modi e i tempi verbali. Dovrai inserire:

a) almeno due volte la virgola e una volta i due punti;

b) almeno una volta le congiunzioni coordinanti e, ma, anzi, infatti;

c) almeno un pronome relativo;

d) almeno una volta le congiunzioni subordinanti perché, che (congiunzione).

PRODURRE

9. Scrivere per dare ordini. Scrivi un “Decalogo della perfetta operatrice telefonica” che possa essere appeso alle pareti del call center di cui parla il brano.


10. Scrivere per raccontare. Scrivi un dialogo tra un operatore di call center che intende proporre un nuovissimo macchinario tuttofare per la cucina e (massimo 20 righe ciascuno):

a) una cliente realmente interessata, ma che cerca a tutti i costi di sapere il prezzo dell’elettrodomestico;

b) una cliente frettolosa e sgarbata;

c) una cliente gentile ma non interessata all’articolo.


In ciascun dialogo devi inserire i seguenti termini:


• elettronico • frullare • infrangibile • risparmio • spatola.

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

CITTADINANZA E COSTITUZIONE

L’art. 1 della Costituzione italiana recita: «L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro». Il lavoro venne considerato, dai padri costituenti, così importante da essere inserito nel primissimo articolo della legge fondamentale dello Stato. Insieme ai tuoi compagni, leggi gli articoli del testo costituzionale che tutelano il lavoro e fai una ricerca in proposito.


DIRITTO ED ECONOMIA

Molti dei lavoratori dei call center sono impiegati con contratti di lavoro che, nel linguaggio comune, sono detti “precari”. Che cosa si intende, dal punto di vista giuridico, con questo termine? Quali forme di lavoro precario esistono in Italia e quali tutele hanno queste categorie di lavoratori? Con l’aiuto dell’insegnante, svolgi una ricerca in merito e prepara una esposizione orale di circa dieci minuti.

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa