Le invasioni e la fine dell’impero d’Occidente

6.1 LA DIVISIONE DELL’IMPERO

Le invasioni e la fine dell’impero d’Occidente

La separazione tra impero d’Occidente e d’Oriente attuata da Teodosio aggravò la già critica situazione delle regioni occidentali, sottoposte alla crescente pressione dei popoli germanici e private del sostegno militare ed economico della parte orientale. Tra il V e il VI secolo d.C., per di più, le autorità politiche dell’impero d’Oriente non esitarono a spingere gli invasori verso occidente per allontanare il rischio dell’occupazione dei loro territori.

Stilicone al vertice dell’impero

Quando Onorio divenne imperatore, nel 395, aveva solo undici anni ed era dunque inadatto a governare uno Stato afflitto da innumerevoli problemi. In conformità con le decisioni testamentarie del padre Teodosio, egli fu affiancato da Stilicone, generale dell’esercito imperiale di origine germanica che aveva scalato la gerarchia militare grazie alle sue spiccate capacità di comando. La sua figura, che testimoniava l’importanza ormai fondamentale dei mercenari germanici nella difesa dell’impero, suscitò però un vasto malcontento tra i soldati e i funzionari di origine romana, contrari all’assegnazione di un potere così vasto a un capo straniero.
Questa ostilità di parte dell’esercito e della classe dirigente nei confronti di Stilicone indebolì ulteriormente la già incrinata compattezza dell’impero romano d’Occidente; egli riuscì però a rafforzare la propria autorità grazie alla vittoria sui Visigoti (nel 401 d.C.), i quali, dopo aver stipulato un accordo diplomatico con l’impero d’Oriente, avevano rivolto i loro attacchi alla penisola Italica. Un altro importante successo fu ottenuto da Stilicone contro gli Ostrogoti, la cui avanzata in Italia fu bloccata nei pressi di Fiesole (nel 405 d.C.).
I successi militari fecero però anche aumentare il risentimento dei funzionari romani nei suoi confronti. Temendo che Stilicone acquisisse un potere eccessivo, fecero credere a Onorio che egli tramasse per organizzare un colpo di Stato e lo convinsero a farlo uccidere (nel 408).
La morte di Stilicone ebbe conseguenze politiche e militari rilevanti. La sua uscita di scena, infatti, fu il preludio di un’epurazione attuata dai comandanti militari nei ranghi dell’esercito imperiale. I mercenari germanici arruolati come ufficiali furono destituiti e ferocemente perseguitati. Il risultato fu il passaggio di migliaia di soldati tra le file degli invasori, arricchendole del notevole patrimonio di conoscenze strategiche acquisito militando nelle truppe imperiali, con il conseguente aggravamento della situazione militare dell’impero d’Occidente.

I saccheggi e le devastazioni

Le invasioni dei Germani, fino ad allora bloccate o almeno arginate dalla difesa militare dei confini e dagli accordi diplomatici, non trovarono più ostacoli, e la penisola Italica fu devastata da incursioni violente e distruttive. Nel 408 i Visigoti guidati da Alarico, provenienti dalla penisola Balcanica, calarono in Italia e assediarono Roma, ormai priva di difese militari.
Al rifiuto da parte delle autorità cittadine di pagare ingenti somme di denaro, i Visigoti entrarono in città e la sottoposero a un terribile saccheggio (410 d.C.).
Abbandonata l’Italia, essi si stabilirono, sotto la guida del successore di Alarico, Ataulfo, nella Gallia meridionale e fondarono un regno indipendente, che si estese progressivamente fino alla Spagna.
Nello stesso periodo le tribù degli Svevi penetrarono nella Gallia settentrionale, per poi stabilirsi nella Spagna nordoccidentale. I Vandali attraversarono queste stesse regioni e, passato lo stretto di Gibilterra, occuparono l’Africa settentrionale, dove fondarono un regno indipendente espropriando le terre ai ricchi proprietari romani. Dai loro insediamenti lungo le coste meridionali del Mediterraneo i Vandali organizzarono frequenti scorrerie contro le isole e le regioni continentali dell’Italia, e nel 455 d.C., sotto la guida di Genserico, sottoposero Roma a un nuovo saccheggio.

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I nuovi regni e l’arrivo degli Unni

Mentre l’Italia subiva continue invasioni, nuovi regni indipendenti si formarono anche nell’Europa settentrionale. I Franchi e i Burgundi si stanziarono nella Gallia settentrionale; gli Angli e i Sassoni in Britannia. Nella prima metà del V secolo, dunque, lo stanziamento dei Germani nelle province dell’impero d’Occidente portò alla nascita di nuovi regni autonomi, che sarebbero stati protagonisti della storia europea dei secoli successivi.
Le migrazioni in massa dei Germani, come abbiamo visto, erano state provocate dall’inarrestabile avanzata degli Unni. Nelle loro scorrerie, essi giunsero anche in Italia, nel momento in cui le strutture politiche imperiali erano ormai incapaci di opporre una qualsiasi resistenza alle invasioni.
Dopo la morte di Onorio, avvenuta nel 423 d.C., l’impero d’Occidente cadde infatti in un nuovo periodo di instabilità politica. L’imperatore d’Oriente, Teodosio II, succeduto nel 408 ad Arcadio, ne approfittò per imporre la propria supremazia politica anche in Occidente, insediando sul trono imperiale di Ravenna il cugino Valentiniano III, un fanciullo di soli quattro anni, e sua madre Galla Placidia (zia di Teodosio II), con funzioni di reggente. Essi svolgevano in realtà soltanto compiti di rappresentanza, poiché le funzioni di governo furono assegnate a Ezio, generale originario dell’Illiria, con l’incarico di difendere i territori occidentali dall’avanzata degli Unni.
Nel 451 d.C. Ezio riuscì a fermare temporaneamente gli Unni presso i Campi Catalaunici, nella Gallia settentrionale. Guidati dal loro abile e spietato condottiero, Attila, essi si diressero verso sud e penetrarono nell’Italia settentrionale, dove saccheggiarono numerose città. La loro avanzata fu fermata da un’ambasceria di papa Leone I, che, probabilmente in cambio di un ingente riscatto in denaro, nel 452 d.C., presso Mantova, riuscì a convincere Attila a non proseguire verso Roma. L’anno seguente Attila morì e la spinta espansionistica degli Unni si esaurì, mentre in Europa si andavano progressivamente consolidando i nuovi regni nati dalla disgregazione dell’impero.
L’iniziativa di papa Leone I preservò parte della penisola da saccheggi e devastazioni. L’episodio rivela come ormai soltanto la Chiesa – forte della sua autorevolezza politica e religiosa ma anche di ingenti disponibilità economiche – fosse in grado di opporsi alle invasioni e alle minacce esterne, mentre l’impero non aveva più le risorse per organizzare un’adeguata difesa militare dei propri territori.

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La caduta dell’impero d’Occidente

Il ruolo di supplenza svolto dalla Chiesa in questo vuoto di potere politico non fermò comunque il processo che stava portando alla dissoluzione finale dell’organismo imperiale.
La crisi politica si concretizzò in nuove lotte e congiure. Ezio, sospettato di ambire alla conquista del trono imperiale sfruttando la propria autorità di comandante militare, fu fatto assassinare nel 454 da Valentiniano III, che a sua volta cadde vittima della vendetta dei soldati di Ezio nel 456.
Ebbe dunque inizio un nuovo periodo di anarchia, con frequenti avvicendamenti al potere. Tra i generali che si contesero il titolo imperiale si impose Flavio Oreste, originario della Pannonia, che nel 476 d.C. nominò come imperatore d’Occidente il proprio figlio Romolo. In riferimento alla sua giovane età – appena tredici anni, il fanciullo fu soprannominato Augustolo (cioè “piccolo Augusto”).
Oreste, che mantenne di fatto il potere, non riuscì tuttavia a soddisfare le richieste dei mercenari germanici che militavano nell’esercito e che pretendevano, come risarcimento per il loro servizio militare, la cessione di vaste terre nella penisola Italica.
A promettere loro quanto chiedevano, in cambio del sostegno per la conquista del potere, fu un comandante di origine germanica, Odoacre. I mercenari si ribellarono dunque a Oreste e lo sconfissero in battaglia. Nel 476, cioè nello stesso anno in cui era stato insediato sul trono, Romolo Augustolo fu deposto da Odoacre. Questi, però, si rifiutò di assumere il titolo di imperatore, inviando le insegne imperiali al sovrano di Costantinopoli, Zenone, e presentandosi come semplice rappresentante della sua autorità in Italia.
Con Odoacre, che sarebbe stato in seguito proclamato rex gentium, cioè re delle popolazioni “barbare” stabilite in Italia, la tradizione imperiale di Roma subiva un’irrimediabile cesura. La storia millenaria delle istituzioni romane si concluse con questo episodio, e il 476 d.C. è convenzionalmente passato a indicare la fine dell’impero romano d’Occidente e l’inizio dell’età medievale, che sarebbe durata per i successivi mille anni.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Chi era Stilicone? Quali conseguenze ebbe la sua morte?
  • Quali popoli germanici si insediarono nei territori dell’impero d’Occidente?
  • Perché il 476 d.C. segna la fine dell’impero romano d’Occidente e l’inizio del Medioevo?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
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Da Roma imperiale all’anno Mille