6.1 LA DIVISIONE DELL’IMPERO

CITTADINANZA & COSTITUZIONE

La tutela della libertà di culto

Art. 19 ”Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa“

L’Italia di oggi, come la maggior parte dei Paesi europei, presenta una società fortemente multietnica e multireligiosa. Le stime sulla varietà delle confessioni religiose esistenti nel nostro Paese sono spesso difficili da costruire, ma secondo i dati elaborati nel 2015 dal Cesnur (Centro studi sulle nuove religioni) le persone che professano una religione diversa da quella cattolica sono circa 1 639 500, il 2,9% della popolazione totale. Questo dato si riferisce però soltanto ai cittadini italiani, cioè a coloro che sono in possesso della cittadinanza italiana. Se si considerano gli immigrati privi di cittadinanza, tale numero sale a circa 5 514 700 individui, con forte incidenza degli immigrati islamici e dei cristiani ortodossi.
All’interno del 2,9% dei cittadini italiani che professano un credo diverso da quello cattolico, i fedeli numericamente più consistenti sono i protestanti (27%) e i testimoni di Geova (25,8%), seguiti da musulmani (15%), cristiani ortodossi (9,7%), buddhisti (9,1%) ed ebrei (2,2%). A tale mosaico vanno aggiunti poi i fedeli di altre confessioni “storiche”, come mormoni e induisti, oltre che i nuovi movimenti organizzati, come quelli new age e next age, nati nel secolo scorso e da considerarsi a metà strada tra fedi religiose vere e proprie e stili di vita.
La varietà religiosa, conseguenza dei fenomeni dell’immigrazione e della sempre più marcata integrazione tra Paesi, è tutelata da tutte le moderne costituzioni vigenti negli Stati democratici. La Costituzione italiana contempla la libertà di culto dei cittadini tra i suoi princìpi fondamentali.
Essa compare infatti già nell’art. 3, strettamente collegata agli altri diritti nei quali si sostanzia l’uguaglianza davanti alla legge, che è tale appunto “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Ma la Costituzione afferma la libertà di religione anche in forma più esplicita. L’art. 19 riconosce ai cittadini la piena libertà di professare la propria fede “in qualsiasi forma, individuale o associata”. In altre parole, ogni cittadino ha il diritto di praticare il culto sia in privato, sia in pubblico, di riunirsi con gli altri fedeli e di prendere parte alle celebrazioni e alle preghiere rituali.
Accanto alla tutela della dimensione individuale della fede religiosa, quindi, la Costituzione contempla anche quella collettiva. Gli artt. 8, 19 e 20, oltre a sancire l’uguaglianza di tutte le confessioni, riconoscono la libertà di fare propaganda e di svolgere la pratica religiosa in maniera collettiva (il “carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali”, art. 20). La legislazione ordinaria dello Stato italiano prevede persino delle norme per facilitare la pratica religiosa, per esempio attraverso agevolazioni fiscali concesse agli enti religiosi o tramite la possibilità, data ai contribuenti, di versare agli istituti religiosi una parte delle imposte.
Gli unici limiti fissati dalla Costituzione consistono nelle prescrizioni secondo cui culti e rituali non devono essere “contrari al buon costume” (art. 19) e in base ai quali l’autonomia concessa agli enti religiosi (che prevede anche il diritto di avere propri statuti) non deve trovarsi in contrasto con i princìpi dell’ordinamento giuridico dello Stato (art. 8).

  • Quanti sono i cittadini italiani non cattolici?
  • Tutti gli altri, secondo te, si considerano cattolici?
  • In che modo viene garantita la libertà di culto nella Costituzione italiana?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
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Da Roma imperiale all’anno Mille