Da Giuliano a Teodosio

6.1 LA DIVISIONE DELL’IMPERO

Da Giuliano a Teodosio

Come era avvenuto dopo l’uscita di scena di Diocleziano, anche con la morte di Costantino la stabilità del potere imperiale tornò a vacillare pericolosamente.
Le riforme politiche e amministrative dei due imperatori avevano posto un rimedio solo temporaneo ai problemi dell’impero, sempre più attraversato dalla tendenza alla frammentazione del potere centrale.
Subito dopo la morte di Costantino (337 d.C.) scoppiarono dunque nuove guerre civili, con il ritorno all’instabilità politica che aveva a lungo caratterizzato il secolo precedente.

Un impero instabile

Le nuove lotte per la conquista del potere furono scatenate dagli stessi figli di Costantino, che egli aveva nominato come suoi successori: Costanzo II, Costante e Costantino II. Questi fu il primo a cadere, nel 340, ad Aquileia, per mano di Costante, il quale fu a sua volta ucciso nel 350 da una congiura organizzata in Gallia da Magnenzio, comandante delle sue guardie del corpo. Nel 351 d.C. Costanzo II prevalse sui rivali e si insediò incontrastato a capo dell’impero. L’instabilità politica era accresciuta dalle incursioni dei popoli germanici, che approfittavano della debolezza del potere imperiale per compiere scorrerie nelle province periferiche, ottenere la concessione di terre o essere arruolati nell’esercito romano.

L’ascesa politica di Giuliano

Per evitare che alla sua morte ritornasse l’instabilità politica che aveva caratterizzato l’inizio del suo regno, Costanzo II nominò come suo successore Giuliano, suo parente non diretto, nominandolo Cesare e assegnandogli il comando delle Gallie. Nell’amministrare queste province, Giuliano dimostrò ottime capacità, soprattutto nella lotta contro la corruzione dei funzionari imperiali. Sotto la sua guida le Gallie furono dotate di nuove opere difensive presso le frontiere e nei centri abitati, con benefici per la sicurezza della popolazione e dei commerci.
Giuliano si distinse anche per le sue doti di soldato e di comandante militare, riuscendo a respingere numerose invasioni lungo la frontiera del Reno. Questi successi gli guadagnarono tra l’altro il consenso della popolazione e delle truppe stanziate nelle Gallie. Così, quando nel 360 Costanzo II chiese a Giuliano l’invio di alcuni contingenti per la sua campagna militare contro i Sassanidi, in Oriente, le legioni della Gallia si ribellarono e acclamarono Giuliano imperatore. Costanzo II decise di muovere le sue truppe contro Giuliano l’anno seguente, ma morì di malattia mentre era ancora in Asia minore.

Il ritorno al paganesimo

Nel 361, quindi, l’impero passò a tutti gli effetti nelle mani di Giuliano (361-363 d.C.). Avendo ricevuto un’educazione ispirata alla cultura ellenistica e ai princìpi della filosofia greca, durante il suo regno egli promosse il ritorno alla cultura greco-romana classica e ai culti pagani, ormai in gran parte abbandonati dalla classe dirigente. Per questo motivo egli sarebbe passato alla storia con il nome di Giuliano l’Apostata (ossia “rinnegatore” della fede cristiana).
Contrariamente a quanto affermarono i suoi detrattori, che abbondavano soprattutto negli ambienti cristiani, con Giuliano non si tornò però all’epoca delle persecuzioni, poiché egli mantenne la libertà di culto per tutti gli abitanti dell’impero. L’ostilità dei cristiani derivava dal fatto che proprio questa libertà favoriva la ripresa delle eresie condannate dalla Chiesa e osteggiate dai Padri della Chiesa e dai difensori dell’ortodossia.
Il risentimento dei cristiani divenne ancora più evidente in seguito all’abolizione di alcuni privilegi economici che gli imperatori precedenti avevano concesso ai seguaci del cristianesimo. Poiché ormai i cristiani rappresentavano una parte considerevole della popolazione dell’impero, questi provvedimenti danneggiarono molto la popolarità dell’imperatore, del resto già piuttosto ridotta, dal momento che le sue riforme a favore del paganesimo interessavano soltanto un numero ristretto di intellettuali legati a circoli culturali nostalgici dell’età classica.

La morte di Giuliano

Nel 363 Giuliano intraprese una nuova campagna militare contro i Sassanidi, con l’intento di creare nuovi sbocchi commerciali tra il Mediterraneo e l’Estremo Oriente. Tra le motivazioni della sua spedizione ebbe però un peso anche l’idea di guidare una missione civilizzatrice, in nome della cultura greco-romana, contro gli eterni nemici orientali, i Persiani. La guerra in Oriente non sortì però l’effetto sperato, e l’imperatore morì in seguito alle ferite subite in combattimento.
Dopo la morte di Giuliano il tentativo di restaurare i culti pagani fu rapidamente accantonato. I cristiani ottennero subito il ripristino dei privilegi economici e sociali di cui avevano goduto in epoca precedente e tutte le riforme religiose promosse da Giuliano furono cancellate dal suo successore, Gioviano (363-364 d.C.).

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Le minacce ai confini imperiali

Alla morte di Gioviano, nel 364, le truppe acclamarono imperatore Valentiniano I (364-375 d.C.). La difficoltà di controllare i vasti territori dell’impero, sempre più frammentato e insidiato su vari fronti dai nemici esterni, indusse il nuovo imperatore a tornare alla scelta di suddividere il potere. Egli nominò come Augusto d’Oriente il fratello Valente, mentre mantenne per sé il comando della parte occidentale dell’impero, associando al trono, nel 367, il figlio Graziano. Quando nel 375 Valentiniano I morì durante una campagna militare in Europa orientale, Graziano gli subentrò come Augusto d’Occidente (375-383 d.C.).
In questo periodo l’impero fu colpito da un consistente attacco dei popoli germanici, spinti a penetrare nei territori romani dalla pressione esercitata alle loro spalle dagli Unni, in rapida espansione verso l’Occidente. Le risorse militari ed economiche dello Stato erano però insufficienti a fronteggiare tutti i nemici che premevano ai confini; fu pertanto necessaria l’attuazione di una nuova strategia difensiva. Gli imperatori sottoscrissero accordi diplomatici con le popolazioni che da tempo erano entrate nell’area di influenza dell’impero, permettendo alle tribù germaniche di penetrare pacificamente all’interno dei confini in cambio del sostegno militare contro i nuovi invasori. In quest’ottica, Valente permise ai Visigoti di stanziarsi nella Mesia, una regione dei Balcani. I funzionari imperiali preposti al governo di quei territori, però, commisero violenze e soprusi nei confronti dei Visigoti, che si ribellarono all’imperatore e lo affrontarono ad Adrianopoli nel 378 d.C.. Lo scontro si risolse con una sconfitta dei Romani e la morte di Valente ( ATLANTE, pp. 10-11).

L’editto di Tessalonica

Graziano nominò come Augusto d’Oriente Teodosio I (379-395 d.C.), che, figlio di un funzionario imperiale di origine iberica, aveva velocemente scalato i gradini della gerarchia militare.
Temendo l’avanzata dei Visigoti verso Costantinopoli, Teodosio si preoccupò di concludere nuovi accordi di pace, concedendo loro di stanziarsi nei Balcani e di creare uno Stato indipendente e autonomo all’interno dell’impero.
Nel contempo, Graziano e Teodosio affrontarono le difficoltà esterne tentando di restituire allo Stato compattezza e solidità.
Al fine di unificare l’impero dal punto di vista religioso ed evitare l’insorgere di contese e tensioni civili provocate dalle dispute dottrinali, essi scelsero di sostenere la fede cristiana, ampliando i benefici a favore dei suoi seguaci e abolendo la tolleranza religiosa nei confronti degli altri culti. Con l’editto di Tessalonica (380 d.C.) il cristianesimo fu proclamato religione ufficiale dell’impero e unico culto consentito.
La situazione religiosa dell’impero, in cui pochi secoli prima si era consumata la repressione dei cristiani da parte degli imperatori, era ormai del tutto ribaltata. In questo periodo iniziò infatti una dura persecuzione dei pagani ( LABORATORIO DELLE FONTI), che furono esclusi da tutti gli incarichi nell’amministrazione pubblica e dalle gerarchie dell’esercito, subendo la confisca dei beni.

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Laboratorio DELLE FONTI I TESTI

La repressione del paganesimo

In questi brani del Codice teodosiano, una raccolta delle leggi degli imperatori romani che risale ai primi decenni del V secolo, sono descritti i provvedimenti emanati contro i pagani dopo l’editto di Tessalonica.  

Abbia fine l’idolatria, si abolisca la demenza dei sacrifici. A chi, in violazione del presente decreto emesso dalla Nostra Clemenza, oserà celebrare sacrifici, sia inflitta la pena adeguata e una sentenza di immediata applicazione. [...] Se per caso qualcuno celebrerà sacrifici, sia abbattuto di spada vendicatrice. Decretiamo inoltre che le proprietà del giustiziato siano confiscate a favore del fisco e la stessa pena sia inflitta ai governatori delle province, se avranno trascurato di punire simili reati. [...]
Nessun mortale commetta l’atto temerario di compiere sacrifici sì da ottenere un presagio. La tortura d’un terribile supplizio incomberà su coloro che, in violazione del nostro divieto, cercheranno di conoscere la verità su avvenimenti presenti o futuri. [...]
Nessuno si accosti ai santuari, si aggiri attorno ai templi o contempli con reverenza immagini create da mano mortale, se non vuole diventare reo per le leggi divine e umane. [...]
Coloro che sono contaminati dall’errore o meglio dal reato del rito pagano, vale a dire i pagani, non siano ammessi nell’esercito, né investiti dal titolo di amministratori o alti magistrati.
” 


Codice teodosiano, 341-416.


  • Quali sono le pratiche vietate dal provvedimento? 
  • Quali pene sono previste per chi non si attiene alle disposizioni? 
  • In che modo erano discriminati i pagani? 
  • Confronta il Codice teodosiano con l’editto di Costantino a p. 80: quali differenze noti nelle norme stabilite dai due testi?

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Teodosio e l’autorità politica e religiosa

L’unità della Chiesa era però ancora minacciata dalle dispute dottrinali e dalle eresie. Perciò Teodosio, che intendeva consolidare la legittimità del proprio potere personale attraverso il rafforzamento della Chiesa, seguendo le orme di Costantino intervenne personalmente nelle controversie religiose. Nel 381 d.C. convocò il concilio di Costantinopoli, che ristabilì alcuni dogmi dottrinali sulla Trinità e condannò nuovamente l’arianesimo e altre eresie. Nella stessa occasione furono delimitate le competenze territoriali delle province ecclesiastiche e furono proibite le interferenze nelle altre diocesi. Costantinopoli fu dichiarata “Nuova Roma” e il suo patriarca fu elevato al secondo posto nell’ordine gerarchico della Chiesa, subito dopo il vescovo di Roma, il papa.
Sul piano militare, Teodosio si concentrò nella guerra contro il regno sassanide in Persia. Nel 383, mentre Teodosio era impegnato in questa difficile campagna, Graziano fu però sconfitto e ucciso da Magno Massimo, acclamato Augusto dalle legioni stanziate in Britannia. Il suo tentativo ebbe comunque vita breve; nel 387 d.C., conclusa la campagna in Oriente, Teodosio I lo sconfisse ad Aquileia, divenendo l’unico imperatore e concentrando nelle proprie mani sia l’autorità politica, sia quella religiosa.

La divisione definitiva dell’impero

Teodosio I morì nel 395 d.C.. Da tempo egli aveva designato per la successione i due figli Arcadio e Onorio, rispettivamente per l’impero romano d’Oriente (con capitale Costantinopoli) e per quello d’Occidente, la cui capitale fu spostata a Ravenna, città dotata di sbocco sul mare e difesa dalle paludi situate nell’entroterra ( CARTA). Rispetto alle suddivisioni amministrative attuate da Diocleziano in poi, che non avevano negato la sostanziale unità politica dello Stato, con Teodosio la divisione dell’impero divenne effettiva sotto tutti gli aspetti. A partire dalla fine del IV secolo sorsero due Stati indipendenti e contrapposti, con caratteristiche politiche differenti e strategie che si sarebbero presto rivelate in contrasto tra loro.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quali personaggi politici si imposero nell’impero romano dopo la morte di Costantino?
  • Quali ideali spinsero Giuliano a promuovere la sua riforma religiosa? Con quali esiti?
  • Quali importanti provvedimenti religiosi e politici adottò Teodosio I?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
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Da Roma imperiale all’anno Mille