Costantino e l’impero cristiano

6.1 LA DIVISIONE DELL’IMPERO

Costantino e l’impero cristiano

Le riforme attuate da Diocleziano, nonostante le difficoltà, erano riuscite a restituire un po’ di stabilità allo Stato, rafforzando un potere imperiale travolto dalle discordie civili e dall’anarchia militare. La rinascita fu però breve: i suoi principali provvedimenti – l’introduzione del sistema tetrarchico, la divinizzazione della figura dell’imperatore e le persecuzioni contro i culti religiosi considerati pericolosi per il potere assoluto – vennero presto cancellati in favore di una nuova organizzazione politica e di nuovi importanti sviluppi in campo religioso.

Il ritorno delle guerre civili

Il sistema tetrarchico entrò in crisi nel 306 d.C., quando la morte di Costanzo Cloro, Augusto d’Occidente, spinse le truppe stanziate in Britannia a proclamare al suo posto il figlio Costantino.
L’episodio creò una grave frattura all’interno delle istituzioni romane, poiché le regole imposte da Diocleziano avrebbero previsto il passaggio del potere nella parte occidentale dell’impero al Cesare Flavio Valerio. Scoppiò così una nuova guerra civile; in particolare, insorsero i contingenti militari di Licinio, comandante delle truppe in Dacia, e di Massenzio, figlio di Massimiano. Questi impose il proprio potere sull’Italia e sull’Africa, e per alcuni anni riuscì a legittimare la propria autorità imperiale, non riconosciuta ufficialmente da alcuna istituzione romana ma sostenuta dai pretoriani, desiderosi di ripristinare a loro volta il predominio militare sulla penisola e sulle altre province. Massenzio ebbe dalla sua anche il consenso della popolazione di Roma, alla quale garantì gli approvvigionamenti di grano e di olio dalle coste africane.
Per sconfiggere il rivale Flavio Valerio (legittimo Cesare di Occidente sostenuto anche dall’Augusto d’Oriente Galerio), Massenzio richiamò al potere il padre, Massimiano, e cercò l’alleanza con Costantino. Dopo la sconfitta di Flavio Valerio (307) e la morte di Galerio (311), Massenzio sembrava destinato a conquistare il potere sulla parte occidentale, mentre su quella orientale era ancora in atto un’aspra contesa tra Licinio e Massimino Daia, legittimo successore designato da Galerio.

L’ascesa di Costantino

Alcuni episodi tuttavia indebolirono irrimediabilmente l’autorità di Massenzio. Nel 308 in Africa il comandante Lucio Domizio Alessandro attuò una secessione, privando l’Italia dei preziosi rifornimenti alimentari sui quali si basava il consenso popolare di Massenzio. Inoltre, negli stessi anni Costantino, deciso, a sua volta, a impadronirsi del potere, acquistò un peso politico sempre più determinante, ottenendo anche il sostegno di Licinio.
Costantino mosse dunque le sue truppe dall’Europa settentrionale verso l’Italia. Dopo aver vinto la battaglia di Verona, si diresse verso Roma, dove sconfisse Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio (312 d.C.) e si impose come Augusto d’Occidente. L’Oriente fu invece assegnato a Licinio, che nel 313 sconfisse definitivamente il rivale Massimino Daia.
Secondo la tradizione narrata da Lattanzio, scrittore cristiano e futuro istitutore dei figli di Costantino, il buon esito della battaglia di Ponte Milvio fu predetto all’imperatore da una visione divina, che gli consigliò, in sogno, di far incidere sugli scudi dei suoi soldati un simbolo della religione cristiana a garanzia della vittoria. Si trattava del monogramma di Cristo, formato dalle iniziali del suo nome – le lettere greche X (pronuncia chi) e P (pronuncia rho) sovrapposte –, che compare in numerose raffigurazioni cristiane del IV secolo.
Al di là della sua veridicità, l’episodio mostra un cambiamento importante nella strategia politica di Costantino. Fino a pochi anni prima, egli era stato un seguace dei culti di divinità di origine orientale, molto diffusi nell’impero. La conversione al cristianesimo, avvenuta in concomitanza con la vittoria contro Massenzio, è una prova che la nuova fede religiosa aveva ormai raggiunto i vertici dell’impero.

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La libertà di culto per i cristiani

Subito dopo aver ottenuto il potere, Costantino e Licinio promulgarono una legge valida per tutto l’impero, il cosiddetto editto di Milano (313 d.C.), che concedeva la libertà di culto a tutte le religioni diffuse nell’impero.
La libera pratica della maggior parte dei culti di origine orientale era in realtà già stata consentita ufficialmente dalle istituzioni romane da molto tempo: l’editto di Milano costituiva quindi un riconoscimento rivolto in particolare ai cristiani. Più che sulla tradizionale tolleranza che aveva sempre caratterizzato l’atteggiamento di Roma nell’ambito delle questioni religiose, però, il provvedimento era fondato su ragioni di ordine politico ed economico ( LABORATORIO DELLE FONTI, p. 80). Costantino individuò nei cristiani un solido sostegno politico per la sua ascesa al trono imperiale e per il mantenimento del potere. Essi, infatti, costituivano una categoria trasversale a tutte le classi sociali ed erano ormai presenti nei centri vitali dell’amministrazione statale e dell’esercito.
L’appoggio dei cristiani era inoltre fondamentale dal punto di vista economico. L’esperienza di Diocleziano – le cui persecuzioni e confische non avevano sortito l’effetto sperato per il risanamento del bilancio statale – mostrava che per risollevare le finanze pubbliche i cristiani, più che come sudditi, erano importanti come contribuenti. Per renderli tali, però, era inevitabile garantirne la piena integrazione nell’organizzazione imperiale.

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Laboratorio DELLE FONTI I TESTI

Le motivazioni politiche dell’editto di Costantino

In questo brano dello scrittore cristiano Lattanzio, vissuto tra la fine del III e gli inizi del IV secolo d.C., è citato il testo dell’editto promulgato da Costantino e Licinio nel 313. Il testo fa intendere che la libertà di culto ai cristiani, più che per un principio di tolleranza religiosa, fu concessa per consolidare il potere imperiale.

Quando felicemente tanto io Costantino Augusto quanto anch’io Licinio Augusto ci fummo incontrati a Milano e trattammo di tutte le questioni riguardanti l’utilità e la sicurezza pubblica, fra le altre disposizioni che sapevamo avrebbero giovato alla maggioranza degli uomini, abbiamo creduto necessario emanare in primo luogo queste su cui si fonda il rispetto della divinità, cioè di dare sia ai cristiani sia a tutti gli altri la libera facoltà di seguire ciascuno la religione che ha scelta, affinché tutto ciò che v’è di divino nella sede celeste sia ben disposto e propizio verso noi e verso tutti quelli che sono posti sotto il nostro potere. Perciò con ragionamento salutare e giustissimo abbiamo creduto di dover prendere questa decisione, di non negare assolutamente a nessuno la facoltà di dedicare la sua mente al culto cristiano o a quella religione che senta più adatta a sé, affinché la somma divinità, alla cui venerazione ci dedichiamo spontaneamente, possa mostrarci in tutte le cose il suo solito favore e la sua solita benevolenza. Conviene perciò la Tua Eccellenza sappia che è stato da noi deciso che, eliminando tutte le restrizioni contenute negli scritti precedenti trasmessi al tuo ufficio circa i cristiani, siano revocate le disposizioni malaugurate e contrarie alla nostra clemenza e che ciascuno di coloro i quali nutrono la stessa volontà di osservare la religione cristiana, ora lo facciano liberamente e apertamente, senza nessuna inquietudine e molestia.” 


Lattanzio, De mortibus persecutorum, 48, 2-13, trad. di A. La Penna, in A. Saitta, 2000 anni di storia. Dall’impero di Roma a Bisanzio, Laterza, Bari 1979.


  • Perché nel documento si fa più volte riferimento alla divinità? 
  • L’editto di Milano riguardava solo i cristiani? 
  • Quali conseguenze determinò, in particolare, per i cristiani?

Costantino unico imperatore

Presentandosi ormai come strenuo difensore dei cristiani, nel 324 d.C. Costantino mosse guerra contro Licinio. Questi, che pochi anni prima aveva sostenuto per opportunismo politico la libertà di culto per i cristiani ma era rimasto fedele all’antica religione tradizionale greco-romana, considerava con sospetto l’eccessiva influenza acquisita dai seguaci della nuova religione nello Stato romano e non era disposto a promuoverli in posizioni di comando nell’amministrazione imperiale. Il suo orientamento, che si concretizzò nella ripresa delle persecuzioni nella parte orientale dell’impero, spinse Costantino a intervenire. Sconfitto Licinio, Costantino ottenne pieni poteri su tutto l’impero, riunendo nelle sue mani il controllo di Oriente e Occidente.

Le riforme di Costantino

Riunificato l’impero, Costantino si dedicò alla riforma dello Stato, basandone la riorganizzazione sull’inclusione dei cristiani nella struttura burocratica: i vertici dell’amministrazione e dell’esercito furono infatti assegnati a intellettuali e funzionari di estrazione cristiana. La valorizzazione del ruolo dei cristiani passò anche per altri provvedimenti, come gli importanti benefici economici e giuridici riconosciuti ai fedeli e ai membri della Chiesa: l’esenzione dal pagamento delle tasse per i sacerdoti e il riconoscimento giuridico delle sentenze sulle controversie tra i fedeli emesse da tribunali composti esclusivamente da membri della Chiesa.
L’integrazione tra il potere imperiale e la religione cristiana fu consolidata anche dal riconoscimento, da parte dello Stato, delle suddivisioni territoriali ecclesiastiche, le circoscrizioni, ricalcate sulle diocesi e sulle province che erano state introdotte da Diocleziano. Le circoscrizioni erano sottoposte al controllo dei vescovi, la cui autorità era appunto riconosciuta anche dal potere politico imperiale.
I funzionari posti ai vertici della burocrazia divennero sempre più influenti, trasformandosi progressivamente in un’élite sociale che trasmetteva i propri privilegi per via ereditaria.
L’esercito fu rafforzato dall’ingresso nelle sue file dei popoli germanici entrati da tempo nei confini imperiali. Il potere dei pretoriani, che avevano spesso promosso congiure e sanguinose lotte per il potere, venne limitato.
Costantino attuò inoltre alcune riforme economiche, con l’introduzione di tasse quinquennali sulle attività agricole e artigianali e, soprattutto, l’emissione di una nuova moneta d’oro, il solidus (da cui deriva la parola “soldo”). La nuova moneta – che sarebbe rimasta in circolazione nei secoli successivi – sostenne gli scambi commerciali, che avevano subìto un duro colpo dai processi inflattivi dei decenni precedenti.

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Bisanzio, la nuova Roma

Tra le riforme di Costantino vi fu anche il trasferimento della capitale imperiale da Roma a Bisanzio (l’odierna Istanbul), che egli ribattezzò Costantinopoli (“città di Costantino”), nel 330 d.C.
Le ragioni del trasferimento erano di natura economica, strategica e politico-religiosa. Del tutto risparmiata da incursioni di popolazioni bellicose, la penisola Anatolica, nei pressi della città di Bisanzio, prosperò grazie alle intense attività mercantili con l’Oriente. La posizione geografica di Costantinopoli, infatti, all’incrocio tra le vie marittime che collegavano l’Egeo e il mar Nero, favoriva un più efficiente controllo sulle attività mercantili, che garantivano entrate fondamentali per il bilancio statale, determinando, di fatto, un forte squilibrio finanziario ai danni dell’Occidente. Si trattava di traffici di merci preziose e ricercate (profumi, gioielli, spezie e tessuti pregiati) che provenivano dall’Asia e soddisfacevano la domanda di beni di lusso delle classi sociali più ricche delle regioni occidentali del Mediterraneo ( CARTA). Meglio difendibile, rispetto a Roma o a Milano, dalle minacce dei popoli che premevano lungo i confini dell’Europa centrale, Costantinopoli assicurava poi una maggiore sicurezza alla sede imperiale. Infine, il trasferimento della capitale da Roma eliminava i rischi di congiure politiche organizzate dalla nobiltà romana, ostile all’imperatore perché rimasta in gran parte fedele ai culti pagani (vedi p. 48). Lo spostamento della capitale comportò anche un profondo cambiamento culturale. Dal momento che nelle regioni orientali si parlava il greco, esso divenne la lingua ufficiale dell’impero.

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Nuovi rapporti tra città e campagne

La perdita di importanza politica e culturale di Roma ne favorì indirettamente l’ascesa come centro dell’autorità ecclesiastica. L’antica capitale assunse infatti un ruolo preminente rispetto alle altre sedi vescovili e una funzione di supplenza del potere imperiale, che, per la sua lontananza, aveva lasciato un vuoto politico. In quanto successore dell’apostolo Pietro, il vescovo di Roma, chiamato a partire da questo periodo “papa” (forse dal greco, páppas, “padre”), divenne dunque la guida della Chiesa e pose le basi per il suo futuro ruolo politico e civile.
L’importanza della sede ecclesiastica di Roma costituì un parziale argine alla decadenza e all’arretramento dell’urbanesimo nella penisola Italica. Lo spopolamento, la crisi economica e la contrazione degli scambi avevano causato il declino dei commerci e spostato il centro delle attività economiche dalle città alle campagne. Le ville coloniche, come abbiamo visto, si stavano avviando a diventare i nuovi centri dell’economia europea, e sarebbero diventate sempre più autonome dall’organizzazione imperiale anche dal punto di vista politico e giuridico.

La condanna delle eresie

Con il riconoscimento della libertà di culto per i cristiani e il loro ingresso nell’amministrazione statale, il cristianesimo si diffuse ancora più rapidamente nell’impero. Il radicamento della nuova religione fu più marcato nelle città, mentre le campagne restarono a lungo legate ai culti tradizionali della religione pagana. L’integrazione dei cristiani nell’impero, che garantiva ai primi la libertà religiosa e importanti privilegi economici e al secondo la stabilità politica e sociale, era impersonata dalla figura stessa di Costantino, che riuniva nelle proprie mani il potere civile e la facoltà di influenzare le decisioni nelle controversie religiose.
A causa della sua rapida e vasta diffusione, infatti, nel IV secolo il cristianesimo era stato attraversato da contese dottrinali sull’interpretazione di alcuni aspetti della fede ( CARTA). Nacquero in questo periodo alcune importanti eresie. Tra queste, ebbe notevole diffusione l’arianesimo, predicato da un sacerdote di Alessandria d’Egitto, Ario, dal quale prese il nome. L’arianesimo negava la natura divina di Gesù Cristo, che veniva invece considerato un profeta.
Poiché queste dispute teologiche, oltre a minare l’unità dei cristiani, rischiavano di generare pericolosi disordini sociali, Costantino intervenne con la propria autorità, promuovendo nel 325 d.C. il concilio (o sinodo, cioè “riunione”) di Nicea. Il concilio condannò ufficialmente l’eresia ariana, confermando la coesistenza in Cristo sia della natura divina, sia di quella umana, che diventò la posizione ortodossa della Chiesa.
Nel IV secolo, altre eresie sarebbero sorte in vari territori dell’impero, e lo stesso arianesimo avrebbe avuto vasta diffusione, soprattutto tra le popolazioni germaniche. L’intervento dell’imperatore a Nicea contribuì, per il momento, a rafforzare l’autorità della Chiesa ufficiale, cancellando almeno temporaneamente i dissidi dottrinali e assicurando la compattezza politico-religiosa dell’impero.

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L’evoluzione della Chiesa

I vari provvedimenti di Costantino in ambito religioso portarono dunque al consolidamento dell’autorità dei vescovi, che nelle città più importanti (Gerusalemme, Antiochia, Alessandria d’Egitto, Costantinopoli e Roma) vennero chiamati patriarchi (cioè “capi della comunità”). Essi riconoscevano il primato del vescovo di Roma, il papa, considerato il capo della Chiesa.
L’influenza dei vescovi sulla società aumentò inoltre in virtù della loro crescente forza economica. Oltre all’esenzione dalle tasse, fu loro riconosciuta la possibilità di ricevere eredità da cittadini privati. Con la cessione di grandi ricchezze e di vaste proprietà terriere donate dai fedeli con i loro testamenti, i vescovi si trasformarono anche in amministratori di immensi patrimoni. Ai loro compiti spirituali si affiancarono dunque importanti funzioni di carattere sociale ed economico.
Nell’ambito di un’economia che si avviava al declino, il ruolo della Chiesa avrebbe costituito nei secoli successivi uno dei pochi motori economici sia nelle città, dove le elemosine finanziarono la costruzione di chiese e monumenti e contrastarono in parte il regresso della vita urbana, sia nelle campagne, dove i grandi latifondi ecclesiastici fornirono opportunità di lavoro e il mantenimento (e in alcuni casi l’espansione e il miglioramento) delle attività agricole.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quale esito ebbe la riforma tetrarchica promossa da Diocleziano?
  • Che cosa stabilì l’editto di Milano? Quando e perché fu emanato?
  • Quale ruolo assunsero i cristiani nell’organismo imperiale sotto Costantino?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille