Le riforme di Diocleziano

6.1 LA DIVISIONE DELL’IMPERO

IL RACCONTO DELLA STORIA

Le riforme di Diocleziano

Nonostante la pressione dei Germani alle frontiere e l’indebolimento dell’impero causato dalla crisi economica e dalle guerre civili, alla fine del III secolo d.C. Roma aveva ancora la forza sufficiente a controllare il mondo mediterraneo.

La fine dell’anarchia militare

L’ultimo imperatore del periodo dell’anarchia militare, Marco Aurelio Caro (282-283 d.C.), morì durante l’ennesima campagna orientale contro i Sassanidi. Uno dei suoi più validi comandanti militari, Caio Aurelio Valerio Diocle, nato da una famiglia di umili origini della provincia della Dalmazia (Illiria), fu acclamato imperatore dalle sue truppe. In quell’occasione assunse il nome di Diocleziano, con cui sarebbe stato chiamato da allora in avanti. Il principato di Diocleziano (284-305 d.C.) ripristinò l’unità e l’autorità delle istituzioni statali e sancì la fine del travagliato periodo dell’anarchia militare. I problemi dell’impero rimanevano tuttavia tanti e gravi: oltre alla crisi economica e agli sconfinamenti dei Germani, si aggiunsero le ribellioni verificatesi in varie province – per esempio in Gallia –, che rivendicavano apertamente l’autonomia dal dominio imperiale.

La prima divisione e la nuova capitale

Consapevole dell’impossibilità di governare personalmente un impero così vasto e con così gravi problemi, nel 286 d.C. Diocleziano decise di condividere il potere con un suo fedele commilitone, Valerio Massimiano, originario della Pannonia, al quale era unito da profonda e consolidata amicizia.
A Massimiano fu affidato il controllo della parte occidentale dell’impero, con particolare attenzione alla difesa delle frontiere lungo il Reno e con il compito di reprimere le rivolte della Gallia. Diocleziano mantenne invece per sé il controllo della parte orientale dell’impero, impegnandosi soprattutto nel consolidamento della frontiera lungo il Danubio e nel mantenimento del governo imperiale nelle province orientali.
Per essere più vicino ai fronti delle operazioni militari e per evitare che le difficoltà o i ritardi nei collegamenti potessero compromettere le campagne di guerra, egli decise il trasferimento della sede imperiale da Roma a Nicomedia, nella provincia della Bitinia (Anatolia nordorientale).
Lo spostamento della capitale era il segno della definitiva perdita di importanza politica ed economica di Roma, lontana dalle zone militarmente “calde” e situata in un territorio impoverito. La ricchezza delle regioni orientali consentiva a Diocleziano di poter contare su maggiori entrate fiscali rispetto a quelle disponibili a Roma e in Occidente.
A queste considerazioni si aggiungevano ragioni di natura culturale e politica. In Oriente, Diocleziano poteva legittimare il proprio potere attraverso la divinizzazione della figura dell’imperatore, propria delle tradizioni politiche locali. Avvolgendo la sua persona di un’aura di sacralità, egli poté imporre un potere assoluto che in Italia e in Occidente sarebbe stato accettato più difficilmente. Con Diocleziano, in effetti, l’imperatore smise anche formalmente di essere il primo magistrato dello Stato (un primus inter pares, come era stato dal tempo di Ottaviano Augusto), per divenire a tutti gli effetti un monarca.

La tetrarchìa

Gli effetti positivi della prima divisione dell’impero, che consentì a Diocleziano di consolidare i confini e ricompattare le istituzioni statali, spinsero l’imperatore a promuovere, nel 293 d.C., la suddivisione dei domini romani in quattro prefetture (cioè comandi militari). Il sistema fu chiamato tetrarchìa e prevedeva la ripartizione del potere tra due “Augusti” e due “Cesari” loro sottoposti e da essi scelti.

  • Diocleziano, che insieme a Massimiano ricevette la carica di Augusto, mantenne la prefettura dell’Oriente, con capitale Nicomedia.
  • Massimiano fu affidata la prefettura dell’Italia, con capitale Milano, scelta al posto di Roma perché più vicina ai confini settentrionali e per la presenza di vie di comunicazione che la collegavano alle province periferiche. Massimiano controllava anche l’Africa nordoccidentale.
  • La prefettura dell’Illirico, con capitale Sirmio (città situata sulla riva del Danubio, in Pannonia), fu attribuita a Galerio, Cesare di Diocleziano.
  • La prefettura delle Gallie, con capitale Treviri (che si trova invece sul Reno, in Germania), fu affidata a Costanzo Cloro, Cesare di Massimiano.

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DOSSIER ARTE  I barbari alle frontiere

Il Sarcofago Ludovisi, conservato al Museo nazionale romano.

La drammaticità della crisi dell’impero, aggravata dalle continue guerre e dalle epidemie che precedettero l’ascesa al trono di Diocleziano, è descritta in modo eloquente nel rilievo marmoreo di questo monumento sepolcrale del III secolo d.C., il Sarcofago Ludovisi, oggi conservato al Museo nazionale di palazzo Altemps, a Roma.
L’opera raffigura una cruenta battaglia tra cavalieri romani e guerrieri germanici, con effetti di notevole enfasi e di coinvolgimento emotivo resi attraverso l’intreccio dei corpi e con l’uso del chiaroscuro. In questo groviglio di figure, attira l’attenzione dell’osservatore il personaggio situato al centro con il braccio alzato: raffigura probabilmente Ostiliano, figlio dell’imperatore Decio (249-251), qui descritto nelle vesti di vincitore dei “barbari”.

Un impero più sicuro e più stabile

Il sistema della tetrarchìa avvicinava la capitale di ogni prefettura alle frontiere, rispondendo all’esigenza di controllo diretto dei confini e permettendo a ogni tetrarca di comandare più efficacemente le legioni stanziate nelle proprie province.
La frammentazione dell’autorità imperiale era inoltre utile a garantire la stabilità istituzionale, limitando le ambizioni di potere dei comandanti militari. A questo obiettivo rispondeva anche l’importante riforma dell’esercito. Diocleziano aumentò il numero complessivo dei soldati (arruolando tra l’altro nelle file dell’esercito i Germani), organizzandoli però in legioni più ristrette, in modo tale che i generali non potessero disporre di masse di manovra tanto ampie da mettere in pericolo la stabilità del potere imperiale. L’esercito fu inoltre diviso in due settori: quello dei limitanei (da limes, “confine”), soldati-contadini che risiedevano su fondi in loro possesso, ed erano quindi stanziati a difesa dei confini; e quello dei comitatenses, le truppe scelte destinate a seguire l’imperatore o a intervenire nei luoghi in cui fosse richiesto.
La tetrarchìa comportava infine un ulteriore vantaggio: la continuità istituzionale nel momento della successione al potere. Riprendendo infatti la consuetudine della successione per adozione in uso nel II secolo, i due Augusti nominavano i Cesari che sarebbero loro succeduti (e che avrebbero a loro volta nominato i nuovi Cesari). Questo avvicendamento controllato e pianificato garantiva la continuità di governo, eliminando i rischi di congiure e di lotte per la conquista del potere.

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Le diocesi e le nuove province

Le riforme contribui­rono alla ripresa e al consolidamento politico dell’organismo imperiale anche attraverso l’introduzione di una nuova suddivisione amministrativa, che sostituì le antiche province con dodici circoscrizioni più piccole, le diocesi, governate da funzionari imperiali, i vicàri, scelti tra i membri dell’ordine equestre. A loro volta le diocesi furono divise in un centinaio di nuove province di estensione molto ridotta.
Anche questo provvedimento mirava a impedire che i governatori locali potessero acquisire un potere eccessivo, in grado di compromettere la solidità delle istituzioni. Per lo stesso motivo, nelle nuove province le cariche civili vennero nettamente separate da quelle militari e assegnate a funzionari diversi.
La riforma amministrativa di Diocleziano sancì il definitivo declassamento dell’Italia da cuore dell’impero a semplice diocesi, equiparata a tutte le altre. Questo comportò il venir meno di ogni residuo privilegio goduto dagli Italici, ai quali venne esteso anche l’obbligo di versare i tributi previsto per tutti gli altri territori imperiali.

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La riforma della burocrazia e il catasto

Per rendere più efficiente la complessa organizzazione dell’amministrazione imperiale, il numero dei funzionari della burocrazia statale venne aumentato e la loro selezione fu legata più strettamente al controllo dell’imperatore.
La creazione di un imponente apparato burocratico, organizzato su vari livelli gerarchici, comportò però il prosciugamento delle finanze dello Stato. Diocleziano fu dunque costretto ad aumentare le tasse, attraverso una pesante riforma fiscale. Alle imposte sulle attività artigianali e commerciali, tipiche delle città, furono aggiunte anche quelle sulla produzione agricola delle campagne. Poiché gli introiti fiscali variavano notevolmente di anno in anno, rendendo la gestione del bilancio statale incerta, Diocleziano fissò stabilmente l’ammontare delle entrate annuali dovute da ogni territorio. Per garantire il pagamento delle nuove tasse, l’imperatore organizzò un sistema di registrazione degli abitanti e di tutte le proprietà terriere, il catasto (dal greco katástichon, “registro”), termine che ancora oggi indica l’inventario dei beni e delle proprietà immobiliari sottoposti a tributi.

La crisi nelle campagne e la precettazione

La riforma fiscale penalizzò le campagne, aggravando la crisi dei piccoli proprietari, che non avevano margini di guadagno sufficienti per pagare le tasse e alimentare il bilancio familiare; un discorso in parte analogo valeva anche per i ceti artigiani delle città. La crisi economica colpiva dunque soprattutto le classi sociali meno abbienti, spingendo molti contadini e artigiani ad abbandonare le proprie attività e a mettersi alle dipendenze dei grandi proprietari terrieri.
Lo spopolamento delle città o l’abbandono dei poderi da parte dei contadini pregiudicavano però l’impianto stesso della riforma fiscale, che, per garantire entrate fisse, doveva contare su attività produttive (rurali e cittadine) stabili e continuative. Per porre rimedio a questa situazione, che peraltro comprometteva anche gli approvvigionamenti dei prodotti di prima necessità, Diocleziano impose agli abitanti delle città e delle campagne di non abbandonare il loro luogo di residenza, e ai figli dei lavoratori di continuare le attività dei padri (secondo il principio dell’ereditarietà dei mestieri, che vietava ai giovani di scegliere liberamente la propria professione). Era il sistema della precettazione, che obbligava con la forza ogni abitante dell’impero a continuare il proprio lavoro.

L’inflazione e l’editto dei prezzi

La riforma fiscale introdotta da Diocleziano non fu sufficiente a risollevare il bilancio imperiale, perché le spese necessarie per finanziare l’ampliamento dell’apparato burocratico e dell’esercito si rivelarono superiori alle entrate. Il disavanzo statale aggravò il fenomeno, già in atto, dell’inflazione ( FOCUS, p. 76). L’aumento dei prezzi fu così vertiginoso che nel 301 d.C. Diocleziano emanò un editto dei prezzi per stabilire il costo massimo di una serie di merci. Il calmiere provocò però effetti opposti a quelli per cui era stato emanato, alimentando ulteriormente l’inflazione. Le merci elencate dalla norma di Diocleziano scomparvero dal mercato ufficiale per essere vendute a prezzi molto più elevati nel mercato nero (cioè illegale).
La crisi economica si aggravò e il malcontento della popolazione costrinse Diocleziano a ritirare il suo provvedimento già nell’anno successivo.

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Laboratorio DELLE FONTI I TESTI

L’esaltazione della figura di Diocleziano

In questo brano lo storico latino Eutropio, vissuto nel IV secolo, esalta la figura dell’imperatore Diocleziano e le sue scelte personali. 

Diocleziano fu un uomo astuto, perspicace e di ingegno assai sottile, inclinato a dar soddisfazione alla propria severità a prezzo della buona fama altrui. Fu tuttavia un principe operoso ed estremamente sollecito dello Stato; per primo introdusse nell’impero romano le forme esteriori della regalità piuttosto che della libertà romana e impose che lo adorassero, mentre prima di lui gli imperatori venivano soltanto salutati. Si fece ornare di gemme, vesti e calzature. Infatti prima di lui la sola insegna del potere era il mantello di porpora, mentre per il resto gli imperatori vestivano come gli altri. […] Quando per l’età avanzata Diocleziano ebbe l’impressione di non avere più l’energia sufficiente a governare lo Stato, suggerì a Massimiano che si ritirassero entrambi a vita privata e affidassero a mani più giovani e vigorose il peso del governo. Il collega gli diede retta a malincuore. Tuttavia nello stesso giorno deposero le insegne imperiali per diventare privati cittadini Diocleziano a Nicomedia, Massimiano a Milano, dopo aver celebrato uno splendido trionfo su molti popoli. […] Lasciato il governo, Diocleziano invecchiò in splendido ritiro in una villa non lontana da Salona1, dando prova di singolare virtù, per essere il solo che, dopo la fondazione dell’impero romano, tornasse spontaneamente dai fastigi del potere alla condizione di semplice cittadino. Pertanto gli avvenne ciò che in seguito non toccò più ad alcun altro, di ricevere, pur essendo morto da cittadino privato, onori divini.” 


Eutropio, Breviarium ab urbe condita, IX, capp. XXII e XXVI-XXVII,
trad. di B.A. Calvi, SEI, Torino 1965.



1 Città sulle coste della Dalmazia, vicinissima a Spalato, dove era nato Diocleziano.


Testa in marmo dell’imperatore Diocleziano.


  • In quali comportamenti Diocleziano si distingue dagli imperatori che lo hanno preceduto?
  • Perché, a detta di Eutropio, vengono riconosciuti onori divini a Diocleziano?

Ville coloniche e servi della gleba

In questo periodo, nelle campagne, la gestione del latifondo e le caratteristiche del colonato conobbero una nuova importante evoluzione. I grandi proprietari trasformarono le fattorie in complessi centri rurali, del tutto autosufficienti dal punto di vista economico, dal momento che producevano al loro interno tutto quanto era necessario per le persone che vi risiedevano ed erano prevalentemente chiusi agli scambi commerciali con l’esterno e con i centri urbani. Erano le villae rustiche o coloniche (definite in questo modo perché erano coltivate dai coloni). Molti contadini che erano stati costretti, per sopravvivere, a divenire coloni dei latifondisti cedettero loro anche il possesso della terra. Nacque così il fenomeno giuridico del patronato, in base al quale i coloni che alienavano la propria terra in favore dei ricchi proprietari terrieri (patroni) perdevano il diritto di cederla in eredità ai loro figli; per poter continuare a coltivarla, inoltre, dovevano pagare ai patroni un affitto (una parte del raccolto). In cambio, i latifondisti garantivano loro il necessario per sopravvivere, la liberazione dal peso delle tasse e la difesa dai rischi di saccheggi da parte di briganti.
La novità più rilevante fu che i coloni, in caso di vendita degli appezzamenti coltivati, venivano ceduti insieme ai poderi dei loro patroni. A partire da questo periodo, dunque, i contadini divennero praticamente proprietà personale dei patroni, come gli animali e gli attrezzi agricoli, in una condizione simile a quella degli schiavi. Pur essendo formalmente liberi, i coloni restavano di fatto legati per tutta la vita alla terra che coltivavano e i loro figli non avevano alcuna opportunità di migliorare la propria condizione sociale. Per questi motivi furono in seguito definiti servi della gleba (dal latino gleba, la “zolla” di terra) ( FOCUS). La servitù della gleba, come vedremo, resisterà in alcune aree d’Europa per tutto il corso del Medioevo e oltre.

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FOCUS • IERIOGGI
INFLAZIONE

Il termine deriva dal latino inflatio (“gonfiore”) e indica l’aumento medio generale dei prezzi. All’inflazione corrisponde la diminuzione del potere d’acquisto: se stipendi e salari rimangono invariati ma i prezzi aumentano, con la stessa quantità nominale di moneta sarà possibile acquistare una quantità inferiore di beni e servizi.
L’inflazione non comporta in realtà l’aumento dei prezzi di tutti i beni in commercio; indicando un aumento medio, il dato può nascondere la diminuzione dei prezzi di alcuni beni accanto all’incremento di altri.
Nelle economie moderne è in genere calcolata sulla base di una gamma di beni e servizi – un “paniere” – rappresentativi dei consumi della popolazione. Ciò significa che, secondo i beni inseriti nel paniere, può subire delle oscillazioni o anche delle variazioni consistenti.
Per le epoche antiche una misura precisa dell’inflazione è invece più difficile o del tutto impossibile, ma alcune fonti utilizzate dagli storici dell’economia – per esempio l’editto dei prezzi emanato da Diocleziano – consentono di individuare i periodi in cui le tendenze inflattive sono state più evidenti.
Fenomeni inflattivi molto marcati – tali addirittura da mettere in crisi la stabilità delle istituzioni statali – si sono verificati più volte nel corso della storia, anche in epoche recenti. Dopo la Prima guerra mondiale, per esempio, la Germania è stata protagonista di un fenomeno inflattivo così radicale che gli storici, per identificarlo, hanno coniato il termine “iperinflazione”.


SERVI DELLA GLEBA

Il meccanismo della precettazione introdotto dall’imperatore Diocleziano e il sistema del colonato furono alla base della prima affermazione di uno status giuridico che avrebbe caratterizzato la condizione contadina per gran parte della storia successiva.
Si tratta della servitù della gleba, che si diffuse in Europa nei secoli dell’alto Medioevo e rimase presente, in forme diverse, per tutta l’età moderna.
Le sue caratteristiche mutarono in modo non uniforme nelle diverse parti d’Europa. In Europa occidentale, nel corso dell’età moderna (tra i secoli XVI e XIX) gli oneri a carico dei contadini tesero a diminuire, e l’obbligo di residenza fu gradualmente sostituito da altre imposizioni. Nello stesso periodo, nell’Europa orientale si verificava il fenomeno opposto: la servitù della gleba, prima assente, si radicava in vaste aree della Polonia e della Russia. In Russia, i servi della gleba sarebbero stati ufficialmente liberati soltanto nel 1861, con la riforma agraria promossa dallo zar Alessandro II.

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DOSSIER ARTE  Il palazzo di Diocleziano a Spalato

Il porticato del palazzo di Diocleziano a Spalato.

Il sontuoso palazzo privato che Diocleziano si fece costruire a Spalato fra il 300 e il 305 d.C. rispondeva a una doppia esigenza: il suo sfarzo mirava a esaltare la figura dell’imperatore e il suo potere assoluto, legittimato dai caratteri divini che gli venivano ormai attribuiti, mentre il sistema di fortificazioni che lo circondava aveva lo scopo di salvaguardare la sua sicurezza personale.
La struttura del palazzo era infatti simile a quella degli accampamenti militari, con collegamenti interni che si intersecavano perpendicolarmente e una poderosa cinta muraria, completata da quattro torri difensive e di avvistamento agli angoli. Un lato della struttura si affacciava sul mare, in modo che anche in caso di assedio da terra i rifornimenti potessero continuare ad arrivare.
Gli edifici interni, che comprendevano anche un tempio e un mausoleo per l’imperatore, erano adornati da splendidi colonnati e rivestimenti marmorei, di elevato valore artistico.

Le persecuzioni contro i cristiani

Le riforme di Diocleziano non si limitarono a interventi di tipo economico e sociale. Per consolidare il proprio potere assoluto ed eliminare ogni dissenso che potesse incrinare la sicurezza dell’impero, egli contrastò la diffusione della religione cristiana. I cristiani, infatti, si rifiutavano di riconoscere il carattere divino dell’autorità imperiale, e per questo furono duramente perseguitati.
Nel 303 d.C. Diocleziano emanò un editto che prevedeva la soppressione delle comunità cristiane e la confisca dei loro beni; il provvedimento nascondeva, ancora una volta, l’esigenza di recuperare introiti per le finanze imperiali.
Nel 304 d.C. un nuovo editto impose la persecuzione dei cristiani in tutti i territori imperiali. La norma non ottenne però il risultato per cui era stata emanata: l’inarrestabile diffusione della nuova religione, che si era ormai affermata in tutte le classi sociali e in tutte le province dell’impero, proseguì anche dopo la fine del suo regno.
Nel 305, in ottemperanza ai princìpi della tetrarchìa da lui introdotta, che prevedeva una durata massima di vent’anni per la carica di Augusto, Diocleziano si ritirò a vita privata nel suo palazzo di Spalato, in Dalmazia, sulle coste dell’odierna Croa­zia ( DOSSIER). Egli cedette la carica di Augusto a Galerio, mentre Massimiano nominò suo successore Costanzo Cloro. I nuovi Augusti, a loro volta, nominarono i loro successori, Massimino Daia (Cesare per l’Oriente) e Flavio Valerio (Cesare per l’Occidente).

GUIDA ALLO STUDIO

  • In che cosa consiste il sistema della tetrarchìa?
    Per quali motivi fu introdotto dall’imperatore Diocleziano?
  • Quali provvedimenti economici promosse Diocleziano?
  • Quali trasformazioni subirono le campagne in questo periodo?
    Come cambiò la condizione dei coloni?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille