Una difficile convivenza tra etnie
La popolazione africana è divisa in centinaia di etnie: alle autoctone (cioè originarie del continente) si sono aggiunti i popoli arrivati da altri continenti nel corso dei secoli, come gli arabi, che colonizzarono l’Africa settentrionale a partire dal VII secolo d.C., e gli europei, che si stabilirono in Africa durante l’epoca del colonialismo, tra il XVI e il XX secolo.
Differenze storiche, etniche, linguistiche e culturali, oltre che geografiche, hanno ispirato la tradizionale divisione del continente africano in Africa settentrionale e Africa subsahariana.
L’Africa settentrionale, o sahariana, dominata dal grande deserto del Sahara, è abitata per lo più da popolazioni di origine araba, che hanno soppiantato popolazioni autoctone come i berberi e i tuareg, dei quali rimangono comunità isolate.
L’Africa subsahariana (cioè al di sotto del Sahara) è invece abitata per lo più da popoli autoctoni di colore e per questo definita anche “Africa nera”; qui le famiglie etniche più diffuse sono la sudanese, presente nella regione occidentale del golfo di Guinea, la nilotico-sahariana e la cuscitica, concentrate nel Corno d’Africa (Etiopia e Somalia), e soprattutto la bantu, di cui fanno parte moltissime etnie dell’Africa centrale e meridionale.
Le lingue parlate riflettono queste divisioni etniche, con l’arabo diffuso al Nord e le lingue bantu al centrosud. Tra queste ultime, lo swahili è una lingua franca che nel tempo si è diffusa in tutta l’Africa orientale, in particolare in Kenya, Tanzania e Uganda. Altre lingue franche sono, in molti Paesi, l’inglese e il francese, eredità dei regimi coloniali, mentre una parte dei bianchi di origine europea residenti in Sudafrica parla l’afrikaans, un dialetto olandese.
In molti Paesi africani l’appartenenza etnica è un fattore importante, poiché sono rari i casi di Stati in cui la popolazione appartiene a una sola etnia, mentre sono invece purtroppo assai frequenti gli scontri tra gruppi di diverse etnie.