9.2 - Le ragioni del sottosviluppo

9 SVILUPPO E SOTTOSVILUPPO

9.2 Le ragioni del sottosviluppo

Come abbiamo visto, il divario nello sviluppo tra i vari Paesi del mondo, qualunque sia il confine che si vuole tracciare tra “Paesi sviluppati” e “Paesi sottosviluppati”, è notevole e innegabile. Ma quali sono le cause che lo hanno determinato? Le risposte a questa domanda sono molteplici e variano anche a seconda del punto di vista di chi se ne è occupato nei campi della storia, dell’economia e della politica. Le teorie sulle cause dello sviluppo ineguale che vedremo di seguito non si escludono a vicenda: probabilmente diversi aspetti di ciascuna di esse hanno contribuito a determinare la situazione attuale.

Un vantaggio storico 

La concezione più diffusa è che le cause del divario nello sviluppo mondiale siano di natura storica: semplicemente, gli attuali Paesi avanzati sono stati i primi in cui si è innescato il processo di espansione economica e di sviluppo che li ha portati agli attuali livelli.

Secondo la teoria della crescita economica proposta dall’economista statunitense Walt Whitman Rostow nel 1960, i Paesi del cosiddetto Occidente (Europa e Nord America) sono stati i primi in cui si sono verificate le condizioni per quello che lo studioso chiama il decollo economico. Questo modello di sviluppo, secondo Rostow e altri, non è tipico dei Paesi occidentali, ma è applicabile a qualunque società del mondo. Si tratta quindi soltanto di aspettare che anche gli altri Paesi “decollino”, percorrendo le stesse tappe di sviluppo di quelli che li hanno preceduti, perché il divario diminuisca e alla fine scompaia. Va detto che il modello di Rostow non tiene conto dell’eventualità che il pianeta non sia in grado di garantire risorse sufficienti per sostenere il completo sviluppo economico di tutti i Paesi del mondo. Per “decollo” economico si intende soprattutto lo sviluppo innescato dalla rivoluzione industriale, responsabile dell’aumento della produttività (grazie per esempio alla meccanizzazione dell’agricoltura) e della transizione demografica da un modello demografico tradizionale a uno moderno. In questo senso le teorie come quella di Rostow sono almeno parzialmente confermate dai fatti: sono sempre di più, infatti, i Paesi nel mondo che stanno ripercorrendo, magari in forma accelerata, le tappe dello sviluppo economico e industriale già raggiunte dai Paesi avanzati, tra le quali il fenomeno della crescente urbanizzazione, come accade a Cina, India e Brasile, tra i Paesi appartenenti al gruppo delle nuove economie emergenti ( DOSSIER, p. 283).

Altri Paesi (come molti Stati africani) rimangono tuttavia in condizioni di profondo sottosviluppo, e si trovano in questo stato da decenni o secoli: una situazione che ha indotto molti studiosi a domandarsi se non ci siano dei fattori strutturali che impediscano o rallentino il loro sviluppo.

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L’eredità coloniale 

Se l’inizio del decollo dei Paesi avanzati si fa di solito corrispondere alla rivoluzione industriale che ha interessato l’Europa a partire dalla fine del XVIII secolo, non bisogna dimenticare che a quell’epoca era in corso da circa due secoli l’era del colonialismo europeo, cioè il periodo (compreso approssimativamente tra il XVI e il XX secolo) durante il quale l’Europa esercitò una supremazia economica e politica su vaste regioni degli altri continenti.

Prima la Spagna e il Portogallo, poi l’Olanda e, soprattutto, la Francia e la Gran Bretagna, conquistarono vasti imperi coloniali in America, Africa, Asia e Oceania, forti di innovazioni tecnologiche come le armi da fuoco e le navi transoceaniche, e di politiche commerciali e militari aggressive.

In molti casi il rapporto tra le potenze colonizzatrici e le colonie fu di sostanziale sfruttamento, tanto delle risorse naturali (come i prodotti agricoli coltivati nelle piantagioni o i metalli estratti nelle miniere, la maggior parte dei quali veniva esportata in Europa) quanto di quelle umane (la riduzione in schiavitù delle popolazioni locali e il loro impiego come manodopera).

Neocolonialismo e teoria della dipendenza 

Con la decolonizzazione – il processo che ha portato all’indipendenza politica di gran parte delle colonie europee, avvenuto soprattutto intorno alla metà del XX secolo – se il dominio politico dei Paesi un tempo colonizzati è terminato, non così si può dire del dominio economico, tanto che in molti casi si parla dell’esistenza di una forma di neocolonialismo esercitata dai Paesi avanzati nei confronti di quelli in via di sviluppo. L’economia mondiale è infatti ancora fortemente basata sull’esportazione di grandissime quantità di materie prime dai Paesi più arretrati a quelli industriali, che le trasformano in prodotti finiti.

I Paesi avanzati eserciterebbero quindi ancora una forte influenza sulle economie dei Paesi in via di sviluppo, tramite l’azione delle grandi multinazionali, così forti economicamente da poter stabilire i prezzi delle materie prime e imporre ai Paesi più deboli rapporti economici basati su scambi ineguali, cioè più svantaggiosi per questi ultimi.

A questa posizione si ricollega la teoria della dipendenza, secondo la quale tutto ciò che possiede un valore, dalle materie prime al denaro, alla manodopera specializzata, si sposta naturalmente dalle aree di periferia (i Paesi in via di sviluppo) a quelle del centro (quelli avanzati), e questo movimento è necessario in un sistema economico basato sul capitalismo e il libero scambio. Si tratterebbe quindi di una forma di sfruttamento indispensabile per la crescita e il mantenimento degli alti livelli economici e di sviluppo dei Paesi più avanzati ( grafico).

Secondo i sostenitori della teoria della dipendenza, quindi, non si potrà mai verificare la previsione sostenuta dalle teorie dello sviluppo economico come quella di Rostow, secondo cui tutti i Paesi del mondo arriveranno prima o poi a un livello di sviluppo elevato, proprio perché un “centro” non può esistere senza una “periferia” da sfruttare.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Che cosa sostiene la teoria della crescita economica di Rostow?
  • Che cosa si intende per neocolonialismo?
  • Che cosa afferma la teoria della dipendenza?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
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Da Roma imperiale all’anno Mille