Cultura e società al tempo del principato

5.1 LA NASCITA DELL’IMPERO

Cultura e società al tempo del principato

Nella riorganizzazione dello Stato e nella conduzione della politica estera, come abbiamo visto, Augusto si preoccupò sempre di ottenere anche un largo consenso. A questo scopo, oltre alla costruzione di grandi edifici pubblici, all’organizzazione di spettacoli gratuiti e alle elargizioni a favore della plebe, egli promosse un’intensa attività di propaganda politica.
La sua opera di riforma, inoltre, riguardò anche la società, nell’ambito della quale egli tentò di cambiare – in parte riuscendovi – alcuni aspetti del costume e della mentalità.

Il circolo di Mecenate

Augusto affidò la sua politica culturale all’amico e fidato consigliere Caio Cilnio Mecenate (69 a.C. circa-8 a.C.). Appartenente all’ordine equestre, Mecenate era vicino al principe già dai tempi della guerra contro Sesto Pompeo. Dopo la nascita del principato, egli si ritirò dalla vita politica, ma, da letterato qual era, continuò a costituire il tramite tra Augusto e un circolo di intellettuali che raccolse i più importanti poeti e scrittori del tempo. Gli artisti che entravano a far parte del circolo di Mecenate venivano mantenuti a sue spese affinché celebrassero nelle loro opere la pace, la prosperità e la stabilità dell’ordinamento statale instaurato da Augusto.
Di questo circolo fece parte il poeta Publio Virgilio Marone (70-19 a.C.). Autore delle Bucoliche e delle Georgiche, poema didascalico in cui si esalta la frugalità e la laboriosità della vita contadina – tema caro alla propaganda augustea –, la sua fortuna è legata soprattutto al poema epico Eneide, che narra il viaggio dell’eroe troiano Enea in fuga dalla patria, distrutta dagli Achei, fino alle coste del Lazio. Fu in quest’epoca che venne ripresa l’antica leggenda che faceva discendere le origini di Roma dall’eroe troiano. Poiché Enea era figlio della dea Venere, la leggenda confermava il carattere divino della persona di Augusto.
Nello stesso periodo furono attivi anche Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C.), autore di una vasta produzione ( LABORATORIO DELLE FONTI), e Publio Ovidio Nasone (43 a.C.-17 d.C.), la cui opera ebbe un carattere leggero ma comunque raffinato e brillante.
La vicenda di Ovidio mostra come Augusto, attraverso il suo amico Mecenate, fosse molto generoso con chi si inchinava alla sua autorità, ma punisse duramente chi non vi si conformava. Ovidio fu infatti allontanato da Roma ed esiliato a vita a Tomi, in una zona desolata sulle coste del mar Nero (l’odierna Romania). I motivi di questa punizione non sono chiari: forse il poeta fu autore di uno sgarbo nei confronti del principe, ma è probabile che abbiano avuto un peso anche i contenuti della sua opera, ritenuta in contrasto con la politica di moralizzazione della società portata avanti in quegli anni da Augusto.
Negli anni del principato di Augusto visse infine Tito Livio (59 a.C.-17 d.C.), lo storico più importante dell’epoca e autore di una storia di Roma dalla fondazione della città (Ab Urbe condita). Augusto stesso volle descrivere le sue imprese in un’opera, le Res gestae, che venne poi diffusa in tutto l’impero.

Il ritorno alla moralità antica

Nella propaganda augustea, un ruolo di primo piano fu svolto dal recupero della morale e delle usanze religiose antiche, caratteristiche dell’identità romana in contrapposizione ai costumi corrotti dei regni orientali.
Già durante gli anni della lotta contro Antonio, Ottaviano aveva attribuito alla diffusione della mentalità orientale all’interno della società romana la decadenza morale e civile che aveva colpito lo Stato. Il recupero dell’antica moralità romana aveva dunque lo scopo di consolidare il potere imperiale. Ai princìpi del mos maiorum si ispirarono le numerose leggi introdotte da Augusto a sostegno delle famiglie e delle nascite, attraverso l’adozione di norme che miravano a punire gli adulteri e a favorire le unioni matrimoniali, regolando i divorzi (ora consentiti anche alle donne), le doti e le successioni.
Lo scopo di queste riforme era soprattutto quello di compensare il crollo demografico che si era verificato nell’epoca delle guerre civili. Per questo, per esempio, veniva combattuto il celibato o la permanenza delle donne nella condizione di vedove: i celibi con un’età compresa tra i venti e i sessant’anni e le nubili dai venti ai cinquanta non potevano ricevere eredità, così come le donne che dopo due anni di vedovanza non avevano ripreso marito.
Una norma stabiliva inoltre che i coniugi senza prole potessero ereditare solo la metà dei beni lasciati dai loro congiunti. Al contrario, chi aveva almeno tre figli legittimi non pagava le imposte oppure, se era povero, aveva diritto a una doppia razione nelle distribuzioni gratuite di grano.

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Laboratorio DELLE FONTI I TESTI

Il circolo culturale di Mecenate

In questo brano, tratto dalle Odi, il poeta Orazio esalta la figura del principe come restauratore della pace e dell’ordine.

La tua era, Cesare1, ha restituito ai campi

le pingui messi, e al nostro Giove le insegne

strappate ai superbi battenti dei Parti2, e chiuso, libero

da guerre, il tempio di Giano Quirino3,

e imposto giusto ordine, a freno d’una debordata

licenza, e spazzato via i crimini,e risuscitato
le regole antiche del vivere, 
per cui il nome latino

e l’itale forze crebbero, e la fama e la maestà

dell’impero spaziò da dove sorge il sole

sino a dove riposa.

Finché Cesare vegli sullo Stato, non furore

civile o violenza distruggeranno la pace,

né l’ira che forgia le spade e inimica le sventurate città.

Non coloro che bevono al profondo

Danubio4, non i Geti5 spezzeranno gli editti giulii6,

non i Seri7 e i malfidi Persiani,

non quelli che nacquero presso il fiume Tanai8.

Noi nei giorni di lavoro e nei festivi fra i doni

del gioioso Libero9, con i figli e le nostre spose,

invocati prima ritualmente gli dei, secondo l’uso dei

padri, mischiando il canto ai flauti lidii, i condottieri

che hanno compiuto valorose gesta, e Troia e Anchise

e la progenie dell’alma Venere10 canteremo.” 


Quinto Orazio Flacco, Odi, IV, 15, 4-32, trad. di L. Canali, Mondadori, Milano 2004. 



1 Augusto. 

2 Le insegne sottratte dai Parti a Crasso nel 53 a.C. e restituite ai Romani nel 20 a.C. 

3 Il tempio di Giano veniva chiuso in tempo di pace. 

4 I popoli barbari stanziati al di là della frontiera dell’impero. 

5 Popolo della Tracia. 

6 Le leggi di Ottaviano, appartenente alla gens Iulia

7 Popolo asiatico. 

8 Gli Sciti. 

9 Bacco, dio del vino. 

10 Progenitrice della gens Iulia.


  • Perché prima di Augusto non c’erano “pingui messi”?
  • A chi si riferisce l’autore nei versi 14-17?
  • Perché la gens Iulia viene definita “progenie di Venere”?

GUIDA ALLO STUDIO

  • Chi era Mecenate? Chi faceva parte del suo circolo culturale?
  • Quali rapporti ebbero gli intellettuali del tempo con il potere?
  • Quali obiettivi perseguiva la politica sociale di Augusto?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille