Il consolidamento dell’impero e la politica estera

5.1 LA NASCITA DELL’IMPERO

Il consolidamento dell’impero e la politica estera

L’attività riformatrice di Augusto non si limitò alla politica interna, ma mirò anche a garantire la pace e il controllo di Roma nei territori sottomessi.
Per raggiungere questo obiettivo, Ottaviano promosse la riorganizzazione delle province, la riforma dell’esercito e una politica estera improntata, più che a grandi iniziative di espansione territoriale, al consolidamento delle conquiste realizzate.

Le regioni e le province

Nel 7 d.C. l’Italia fu suddivisa in undici regioni, in base alle caratteristiche geografiche del territorio e alle tradizioni storiche e culturali delle popolazioni italiche (► FOCUS). Tutti gli altri possedimenti romani rientrarono invece nell’organizzazione provinciale, che Augusto riformò procedendo alla suddivisione delle province in due tipologie:

  • le province senatorie (per esempio la Grecia, la Numidia e l’Asia minore) furono affidate a governatori nominati dal senato; poiché non presentavano rischi di ribellione da parte delle popolazioni sottomesse e, non trovandosi ai confini dei domini di Roma, non erano minacciate da nemici esterni, non ospitavano cospicui contingenti militari: per questo motivo Augusto concesse che fossero guidate da individui di nomina senatoria (che in ogni caso non avevano il comando delle legioni, dal 23 a.C. assegnato esclusivamente a Ottaviano attraverso l’incarico proconsolare);
  • le province imperiali (tra cui vi erano i territori più ricchi e quelli più a rischio dal punto di vista militare, come la Gallia, minacciata dalle invasioni delle popolazioni germaniche, e la Giudea, percorsa da focolai di rivolta) furono invece sottoposte al controllo diretto di Augusto, che le affidò a funzionari scelti personalmente tra i membri dell’ordine equestre o tra i liberti.

Grazie alla nuova suddivisione delle province Augusto poteva controllare buona parte delle enormi risorse economiche che affluivano a Roma e che erano essenziali per garantire una politica che gli facesse guadagnare un vasto consenso popolare. I tributi riscossi nelle province senatorie confluivano nell’erario, vale a dire nelle casse statali, con cui si sovvenzionavano le opere pubbliche e gli approvvigionamenti dell’esercito. Le tasse provenienti dalle province imperiali costituivano invece il patrimonio personale di Ottaviano, il fisco imperiale, utilizzato per finanziare le elargizioni pubbliche e per altre opere propagandistiche. Lo stesso sistema di riscossione delle tasse fu completamente riformato. Gli appalti un tempo concessi ai pubblicani furono assegnati alle autorità delle province.
Eliminando la mediazione dei pubblicani, Augusto riuscì a porre un freno alla corruzione. Assegnando compiti amministrativi alle classi dirigenti locali, inoltre, egli aumentò la loro fedeltà nei confronti delle istituzioni statali, elemento che favorì un generale consolidamento del controllo di Roma sulle province.
La riorganizzazione delle province e il potenziamento delle istituzioni locali, in ultima analisi, contribuirono a rendere più solido l’apparato statale, favorendo una più capillare penetrazione delle leggi, delle tradizioni e della cultura romana. Questo non toglie, tuttavia, che nelle province si verificassero ancora gravi fenomeni di corruzione, dovuti ai rapporti clientelari che nascevano tra i governatori e la cerchia dei senatori che ne sostenevano la nomina.
La scelta dei governatori non avveniva in genere in base alle loro effettive capacità, ma alle conoscenze politiche che potevano vantare. Inoltre, il fatto che il loro potere fosse limitato nel tempo e che alla fine del mandato perdessero tutti i loro privilegi contribuì al malgoverno delle province senatorie. La mancanza di una continuità nella politica di governo comprometteva infatti lo sviluppo economico e sociale dei territori sottomessi, senza contare che i governatori cercavano di accaparrarsi più ricchezze possibili durante il loro breve incarico.

FOCUS • IERIOGGI
LE REGIONI ITALIANE

L’odierna suddivisione regionale dello Stato italiano ricalca in buona parte quella stabilita dal principe Augusto.
Oltre alla Sicilia e alla Sardegna, province romane fin dai tempi delle guerre puniche e quindi escluse dall’organizzazione regionale augustea, le principali differenze riguardano i confini della Transpadana (corrispondente agli attuali Piemonte, Lombardia settentrionale e Valle d’Aosta), che inglobavano anche territori oggi compresi nella Confederazione Elvetica; la Venetia et Histria, che dalla Lombardia orientale si spingeva fino alle coste settentrionali dell’odierna Croazia (l’area istriana, per l’appunto); il Latium et Campania e l’Apulia et Calabria, che, come indicano le denominazioni stesse, comprendevano territori appartenenti a più di una regione attuale o il cui nome è utilizzato oggi per indicare altre zone. Gli antichi italici stanziati sulle coste ioniche della Puglia, per esempio, erano chiamati Calabri; solo a partire dal VII secolo d.C. il loro nome sarebbe stato utilizzato per identificare i territori della Calabria odierna.

La suddivisione amministrativa dell’Italia all’epoca di Augusto.

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La riorganizzazione dell’esercito

La riforma amministrativa dell’impero e il controllo dei suoi confini non potevano essere efficacemente attuati senza una riforma dell’esercito. Il mantenimento delle legioni gravava infatti in modo insostenibile sul bilancio statale e, senza nuove conquiste, sarebbe stato difficile continuare a finanziare un apparato militare mantenuto fino ad allora grazie alle confische di terre straniere e all’afflusso dei relativi tributi.
Per il controllo delle province, inoltre, era sufficiente un esercito ridotto rispetto a quello impegnato nelle guerre dei decenni precedenti. Augusto decise quindi di dimezzare il numero delle legioni, limitando così le spese per il loro mantenimento. Istituì inoltre una paga per i legionari, dal momento che le terre disponibili per essere distribuite ai soldati si erano esaurite.
Per limitare il potere dei generali ed evitare l’insorgere di nuove guerre civili, Augusto assegnò a professionisti pagati dallo Stato la guida delle truppe, e stabilì un sistema di frequente avvicendamento al comando, volto a evitare che la loro autorità potesse crescere fino al punto di contrapporli al principe.

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La politica estera tra pace e guerra

Uno dei temi più ricorrenti nella propaganda augustea fu quello della pace ( DOSSIER), riportata nei territori romani dopo quasi un secolo di guerre combattute in Italia. In un’epoca in cui Roma era ormai padrona di tutto il mondo mediterraneo ( CARTA), anche la politica estera del principe fu rivolta al rafforzamento della stabilità dell’impero più che a un ulteriore allargamento delle conquiste.
Ciò non significa che il periodo augusteo sia stato privo di conflitti; la pax romana (o pax augustea) riguardò infatti buona parte dei territori interni all’impero, ma non i confini, dove in alcuni casi le azioni militari si configurarono anche come vere e proprie guerre di conquista.
Per dissuadere ogni tentativo di rivolta e difendere meglio i confini dalle minacce esterne, Augusto aumentò la presenza dei contingenti militari nelle province più turbolente. In Oriente, però, dove i Parti continuavano a premere ai confini imperiali, a questa strategia di contenimento si affiancarono anche i tentativi di conquistare nuove terre, che ottennero come risultato solo un precario accordo di pace (20 a.C.). Gli accordi con i Parti furono stipulati anche per la necessità di impiegare le legioni romane in altre province. Augusto promosse infatti una campagna militare nell’Europa centrale e nei Balcani per creare una via di comunicazione di terra tra le aree occidentali e quelle orientali dell’impero, collegate fino ad allora solo dalle rotte marittime. Le operazioni si conclusero nel 12 a.C., con la creazione di una linea di confine sul fiume Danubio e con la conquista della Rezia, del Norico, della Pannonia, dell’Illiria e della Mesia (regioni che oggi fanno parte dei territori austriaci, ungheresi e degli Stati balcanici).
Altre conquiste furono concluse da Augusto in Marocco e nella Spagna settentrionale, nella Gallia belgica, nelle regioni alpine della Gallia (unite alla provincia narbonese) e nella Galazia (Anatolia). Il tentativo di avanzare anche nell’Europa centrosettentrionale, nei territori occupati dai Germani, si arrestò invece in seguito alla disfatta della selva di Teutoburgo (9 d.C.), presso il fiume Reno, dove i Romani persero ben tre legioni, diverse coorti di fanteria e tre ali di cavalleria.

Un impero diviso tra est e ovest

Augusto si trovava ormai a governare un impero esteso e solido, che comprendeva però aree tra loro molto eterogenee. Le province orientali, eredi dei ricchi regni alessandrini, erano economicamente e culturalmente più progredite.
In queste aree era ormai profondamente radicata la cultura ellenistica e, nonostante i tentativi augustei di intensificare la romanizzazione dell’impero anche attraverso la diffusione delle opere letterarie latine, nelle province orientali la lingua e la cultura greche restarono predominanti.
Le province occidentali, soprattutto nella parte settentrionale, erano invece molto più arretrate. Augusto si impegnò nella fondazione di nuove città, nella promozione delle attività economiche e nella diffusione della lingua e della cultura latine, oltre che delle tradizioni religiose romane. Il processo di romanizzazione fu qui più efficace, anche per l’assenza di un’identità culturale forte e radicata, come era invece in Oriente. Tra le nuove province soltanto la Gallia raggiunse un certo grado di sviluppo.

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DOSSIER ARTE  L’Ara Pacis

L’Ara Pacis, esaltazione del potere di Ottaviano.

Ottaviano si preoccupò di dare visibilità e magnificenza al suo potere anche attraverso il finanziamento di monumenti e di opere d’arte.
Nel 13 a.C. egli promosse l’edificazione dell’Ara Pacis (l’”altare della pace”), ancora oggi visitabile presso l’omonimo museo di Roma. I rilievi che ornavano l’edificio mostrano un corteo formato dai membri della famiglia del principe e dai funzionari della sua corte mentre partecipano alla processione tenutasi in occasione dell’inaugurazione del monumento, che ebbe luogo nell’anno 9 a.C.
L’opera aveva appunto lo scopo di esaltare il potere di Augusto, che aveva riportato la pace dopo più di un secolo di guerre civili. La sua collocazione, a questo proposito, non era casuale: l’Ara Pacis sorgeva presso il Campo Marzio, il luogo in cui anticamente si radunava l’esercito in armi all’inizio di una spedizione militare.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Come furono riorganizzate le province? 
  • Come fu riformato l’esercito? 
  • A quale scopo mirò la politica estera di Augusto? Quale tipo di campagne militari promosse il principe?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille