8.2 COSTANTINOPOLI TRA CRISI ED ETÀ DELL’ORO

IL RACCONTO DELLA STORIA

Il declino dell’impero e le riforme di Eraclio

I concetti chiave

  • Crisi economica e sociale dell’impero bizantino: indebolimento dell’esercito e rafforzamento dei latifondisti
  • Le riforme dell’imperatore Eraclio a favore dei piccoli proprietari e dell’esercito
  • Divieto del culto delle immagini sacre e la lotta iconoclasta
  • Rinascita bizantina

Al tempo in cui Maometto iniziava la sua predicazione, l’impero bizantino stava attraversando una fase di crisi economica e politica, iniziata già dopo la morte dell’imperatore Giustiniano (565). La difficoltà di dominare un impero esteso su tutto il Mediterraneo determinò la perdita di molti territori. I problemi riguardarono in primo luogo i confini orientali. Se nel IV e nel V secolo il conflitto con i Persiani aveva subito un temporaneo raffreddamento, poiché entrambi gli imperi erano stati impegnati a respingere le invasioni dei popoli nomadi – in particolare degli Unni –, una volta terminata l’ondata delle migrazioni i Persiani ripresero la propria espansione territoriale, sotto la guida del re sasanide Cosroe I (531-579). Stabilita la propria capitale a Ctesifonte, in Mesopotamia, i Sasanidi costrinsero i Bizantini a richiamare sul fronte orientale gran parte delle truppe stanziate in Occidente, favorendo così, tra l’altro, la conquista dell’Italia da parte dei Longobardi.
Inoltre, tra il VI e il VII secolo si insediarono nei Balcani gli Slavi, un altro popolo nomade di origine indoeuropea proveniente dall’Asia centrale. I territori sottratti ai Bizantini sarebbero stati riconquistati da questi ultimi solo a partire dalla fine del VII secolo, ma le campagne contro gli Slavi si protrassero in realtà molto più a lungo, impegnando a fondo le risorse dell’impero e concludendosi solo nel IX secolo dopo violenti massacri e deportazioni in massa della popolazione. Infine, a partire dalla fine del VII secolo l’impero bizantino dovette affrontare l’aggressività degli Arabi, che arrivarono a minacciare più volte il cuore dell’impero, assediandone la capitale Costantinopoli.

L’oppressione fiscale e i latifondi

Le pressioni esterne provocarono gravi difficoltà anche all’interno dell’impero, dove si verificarono scontri e tensioni tra le classi sociali. Dopo la morte di Giustiniano, dunque, si rendeva più che mai necessaria una grande opera di riforma che tentasse di rivitalizzare la struttura statale e desse nuovo slancio alla politica imperiale. Per fronteggiare le spese necessarie al mantenimento della flotta e dell’esercito, impegnati su vari fronti, lo Stato aveva dovuto aumentare i tributi alla popolazione. Come era accaduto già nell’impero romano d’Occidente, l’aumento delle tasse provocò la crisi della piccola proprietà contadina. Per pagare i debiti contratti con il fisco, molti agricoltori furono costretti a cedere i propri appezzamenti ai grandi proprietari, favorendo così l’espansione dei latifondi.
Divenendo coloni dei latifondisti, i contadini si liberarono dalle pressanti richieste dei funzionari imperiali e dall’obbligo del servizio militare. Il potere economico acquisito dai grandi proprietari terrieri, però, portò alla formazione di un’aristocrazia fondiaria sempre più autonoma e influente a livello locale, capace di minacciare l’unità politica dell’impero. La scomparsa della classe sociale dei piccoli contadini, inoltre, indebolì notevolmente l’esercito, di cui essi costituivano il nerbo.

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Le riforme di Eraclio

Per fronteggiare questa situazione, l’imperatore Eraclio (610-641) promosse una radicale riforma amministrativa e della proprietà terriera, attraverso la quale intendeva risolvere contemporaneamente gli squilibri provocati dalla pressione fiscale e le conseguenze negative dell’estensione dei latifondi. Per prima cosa, Eraclio favorì la ricostituzione dei patrimoni terrieri dei piccoli proprietari agricoli e liberò i villaggi contadini dall’influenza dell’aristocrazia terriera. Per evitare una nuova espansione dei latifondi, la vendita di questi terreni fu impedita.
I territori appartenenti all’autorità imperiale o ai grandi latifondisti furono inoltre suddivisi in distretti militari chiamati temi (letteralmente “corpi d’armata”, ma in seguito il termine fu utilizzato, più in generale, per indicare le province). Ogni distretto era assegnato a una guarnigione di soldati che vi risiedeva stabilmente ed era posto sotto il controllo di un comandante dell’esercito, un generale con il titolo di stratego. Allo stratego erano attribuite anche le funzioni di autorità civile, e la sua figura era quindi analoga a quella di un governatore.
La riforma tematica, come viene chiamata dal nome dei nuovi distretti la riorganizzazione voluta da Eraclio, comportò notevoli vantaggi:

  • ridusse sensibilmente le spese per il mantenimento dell’esercito, perché grazie alle terre che erano state loro assegnate i soldati potevano mantenersi autonomamente, in modo non dissimile da quanto avveniva a Roma durante l’età repubblicana;
  • diede stabilità all’impero, rafforzando la lealtà dei soldati, che venivano gratificati con l’assegnazione di nuove terre;
  • rafforzò la difesa militare dell’impero che, oltre a non gravare più interamente sulle casse dello Stato, diveniva più efficiente perché ogni contadino-soldato aveva interesse a difendere con le armi le terre in cui risiedeva;
  • contribuì a risollevare le finanze statali grazie alla ripresa delle entrate fiscali provenienti dalle piccole proprietà terriere.

In un primo tempo la riforma di Eraclio interessò solo la penisola Anatolica, ma in seguito fu estesa a vaste aree rimaste incolte a causa della crisi economica. Ciò favorì l’espansione dei coltivi, l’aumento della produzione agricola e una generale ripresa economica. Inoltre, la creazione di piccoli eserciti locali che rispondevano soltanto all’autorità dell’imperatore contribuì a ridurre notevolmente il potere e l’influenza dei grandi aristocratici, rafforzando al contempo il potere centrale.

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Eraclio contro Cosroe II

Durante il regno di Eraclio il conflitto con l’impero persiano si infiammò nuovamente. Tra il 611 e il 627, l’impero bizantino – che aveva già impegnato grandi risorse finanziarie e umane per contrastare l’arrivo degli Slavi nei Balcani – subì anche i danni dovuti alle incursioni degli Àvari. I Persiani guidati dal sasanide Cosroe II (590-628) approfittarono di questo momento di difficoltà per attaccare le frontiere orientali.
Cosroe II conquistò rapidamente molti territori nemici, occupando la Siria e l’Egitto e, alleatosi con gli Slavi e gli Avari, nel 626 pose Costantinopoli sotto assedio. Le strutture difensive della capitale, disposte su una triplice cerchia di mura, erano però state concepite proprio per resistere a un lungo assedio; inoltre, i territori dell’Anatolia, con le loro ingenti risorse economiche e militari, restavano saldamente in mano all’impero d’Oriente. La città poteva infine contare sui rifornimenti garantiti dalla flotta, ancora in grado di controllare gran parte del Mediterraneo. Lasciando che la capitale resistesse con le proprie forze all’assedio, Eraclio mobilitò il grosso dell’esercito per muovere guerra direttamente contro la Persia. In due anni di campagne militari i Bizantini sconfissero le truppe persiane e respinsero al contempo gli attacchi degli Avari stanziati nei Balcani.

La minaccia araba

Con la vittoria sui Persiani – che portò al rovesciamento di Cosroe II, trucidato dai suoi stessi soldati nel 628 – i Bizantini riconquistarono temporaneamente la supremazia nel Vicino Oriente e si garantirono una certa sicurezza alle frontiere. Nuove e più temibili minacce si andavano tuttavia profilando ai confini dell’impero.
A partire dalla terza decade del VII secolo, infatti, Costantinopoli dovette fare i conti con l’espansione apparentemente inarrestabile degli Arabi, che conquistarono importanti territori bizantini nell’area del Mediterraneo e del Vicino Oriente ( ATLANTE, pp. 16-17).
Come abbiamo visto, inoltre, tra il 637 e il 643 gli Arabi conquistarono l’impero persiano, sostituendosi ai Sasanidi nella pressione ai confini orientali dei domini bizantini. Nel 674, nel tentativo di stroncare la resistenza bizantina colpendo al cuore dell’impero, gli Arabi arrivarono addirittura ad assediare Costantinopoli, venendo però respinti dopo quattro lunghi anni di combattimenti.

I Bulgari nei Balcani

L’area balcanica, già occupata dagli Slavi, fu nel VII secolo il teatro dell’espansione di un’altra popolazione di origine turca: i Bulgari. Occupata nel 679 la regione della Mesia (dove anticamente si erano stanziati i Visigoti), nel giro di pochi decenni i Bulgari crearono una struttura statale autonoma e ben organizzata, grazie alla quale, nei secoli successivi, furono in grado di attuare un’aggressiva politica di espansione territoriale. Agli inizi del IX secolo essi giunsero a occupare la Tracia, che costituiva una delle principali riserve di grano dell’impero bizantino. Come vedremo, i Bizantini reagiranno duramente nel corso del X secolo, impegnando sempre più ingenti risorse nella riconquista dei Balcani.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quali riforme economiche e politiche furono promosse da Eraclio? A quale scopo?
  • Quale esito ebbero le guerre tra impero bizantino e impero persiano?
  • A quali nuove minacce dovette far fronte Costantinopoli dopo la sconfitta dei Sasanidi?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
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Da Roma imperiale all’anno Mille