6.4 - Il commercio delle armi

6 UN PIANETA IN GUERRA

6.4 Il commercio delle armi

Gli straordinari progressi avvenuti in campo tecnologico negli ultimi decenni hanno interessato anche il settore delle armi e dei mezzi militari. Anzi, alcune delle tecnologie più rivoluzionarie attualmente in uso in origine erano state progettate e sviluppate per usi militari: è il caso dei satelliti della rete Gps (Global Positioning System, Sistema di Posizionamento Globale), che permettono il funzionamento dei navigatori satellitari, e di Internet. Aerei senza pilota telecomandati da migliaia di chilometri di distanza o manovrati direttamente dal computer (i cosiddetti droni), bombe e missili guidati che colpiscono i bersagli con un margine di errore di pochi centimetri (e che dovrebbero ridurre il rischio di vittime civili), sensori in grado di individuare mezzi e uomini nel buio più totale o all’interno di edifici rappresentano solo una parte dei sofisticati sistemi attualmente in uso sui campi di battaglia di tutto il mondo.

Eppure, nella maggior parte delle guerre e dei conflitti in corso, si usano ancora molto spesso armi tutt’altro che tecnologiche, come pistole e fucili progettati più di un secolo fa, o addirittura armi primitive come mazze e coltelli (per esempio i machete, grossi coltelli usati nell’Africa subsahariana).

Il commercio di armamenti… 

Si stima che nel mondo ogni anno si spendano circa 1500 miliardi di dollari per mantenere le forze armate. Non si tratta solo di spese per lo sviluppo e l’acquisto di armi: vengono conteggiati anche gli stipendi e il mantenimento dei soldati, la manutenzione dei mezzi, il carburante e così via; il commercio di armamenti è comunque uno dei settori più attivi e influenti dell’economia mondiale, in mano a potenti compagnie e multinazionali che spesso hanno legami con i governi dei Paesi in cui operano ( carta).

Accade, per esempio, che il governo di un Paese faccia pressione su quello di un altro, tramite i canali diplomatici, per convincere quest’ultimo ad acquistare armi o mezzi militari da una compagnia con sede nel proprio territorio. Tra gli appartenenti ai movimenti pacifisti è piuttosto diffusa l’opinione secondo cui la maggior parte dei conflitti sarebbe segretamente favorita, o addirittura provocata, dalle industrie produttrici di armi per ampliare il mercato dei loro “prodotti”.

I maggiori esportatori di armamenti sono Stati Uniti, Russia e Germania (l’Italia è settima), mentre quelli che importano più armi dall’estero sono India, Australia e Corea del Sud.

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… e il traffico illegale di armi 

Accanto al commercio legale di armamenti, che vede come acquirenti soprattutto gli eserciti dei vari Stati, fiorisce in tutto il mondo il traffico illegale delle armi, che muove ogni anno un giro d’affari di circa un miliardo di dollari.

I principali clienti di questo traffico sono i vari movimenti armati politici, ideologici o religiosi che combattono con le tattiche della guerriglia e del terrorismo, oltre alle organizzazioni criminali (come i narcos messicani) che, essendo sottoposti a sanzioni internazionali, sono costretti a ricorrere al mercato nero per acquistare armi e mezzi.

Per quanto riguarda la vendita, operano anche qui organizzazioni criminali, che si occupano del trasporto clandestino delle armi, oltre ad alcuni Stati compiacenti che spesso vogliono disfarsi dei loro vecchi arsenali.

La maggior parte delle armi trafficate illegalmente viene infatti dai Paesi dell’ex blocco sovietico, che alla fine della Guerra Fredda si sono ritrovati con ingenti quantità di armamenti prodotti in previsione di una guerra con gli Stati Uniti. Non a caso una delle armi più diffuse del mondo, usata in moltissimi conflitti da soldati, guerriglieri, terroristi e criminali comuni, è il fucile di fabbricazione sovietica AK-47. Conosciuto come Kalashnikov dal nome del suo progettista, è stato prodotto in oltre 100 milioni di esemplari dal 1947 in poi, e circola nel mercato illegale di tutte le maggiori città del mondo.

FOCUS

le mine antiuomo
Piccoli ordigni che esplodono quando vengono calpestati o vi si passa accanto, le mine antiuomo sono usate in molti conflitti di tutto il mondo. Sono progettate non per uccidere, ma per ferire e mutilare il loro bersaglio: un nemico vivo ma incapace di combattere è preferibile a uno morto, poiché l’avversario dovrà spendere maggiori risorse per la sua evacuazione e le cure mediche. Le mine antiuomo però non colpiscono solo i soldati: circa l’80% delle vittime è costituito da civili, e spesso si tratta di bambini. Molte organizzazioni umanitarie che prestano assistenza medica alle popolazioni che vivono in regioni che sono teatro di conflitti, come l’italiana Emergency, sono specializzate nella cura e nella riabilitazione delle vittime delle mine.
Altra caratteristica delle mine è che rimangono attive per anni dopo la loro posa, rendendo inutilizzabile il terreno su cui si trovano, per esempio per l’agricoltura, se non dopo aver effettuato una lenta e costosa opera di bonifica.
Per tutti questi motivi le mine antiuomo sono state per anni oggetto di una campagna portata avanti da gruppi pacifisti e organizzazioni umanitarie, che è culminata nel 1997 con la stipula della Convenzione per il bando delle mine antiuomo, con la quale i Paesi firmatari si sono accordati per cessare la produzione e il commercio di questo tipo armi. La Convenzione non è stata però ancora firmata da alcuni Paesi tra i maggiori esportatori di armi, come Cina, Russia e Stati Uniti.

Campo minato.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Sai indicare due tecnologie rivoluzionarie, oggi di uso comune, inventate in origine per scopi militari?
  • Che differenza c'è fra il commercio di armamenti e il traffico illegale di armi?
  • Chi sono i principali clienti del traffico illegale di armi?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
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Da Roma imperiale all’anno Mille