Un conflitto armato in genere è conseguenza della cosiddetta “violenza organizzata”, cioè un atto di violenza deliberata di un gruppo umano contro un altro. Se, da una parte, solo il 10% circa delle morti violente che si verificano nel mondo ogni anno avviene a causa di guerre (il 90% è dovuto alla criminalità comune), dall’altra i conflitti armati non si limitano, come si potrebbe immaginare, agli scontri tra le forze militari di Stati diversi. Esistono purtroppo molti altri tipi di conflitti, dalle guerre civili, in cui varie fazioni lottano per il potere all’interno di un Paese, agli scontri tra uno o più governi e movimenti armati che vogliono conseguire determinati obiettivi economici, politici o ideologici.
Si stima che nel 2012 fossero 51 i conflitti armati in corso nel mondo, con un bilancio complessivo di oltre 100 000 morti. Probabilmente si tratta di dati già superati, poiché ogni anno terminano vecchie guerre e ne divampano di nuove in diverse parti del mondo.
Il numero totale dei conflitti armati è cresciuto notevolmente dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi, soprattutto durante il periodo di instabilità politica seguito alla Guerra Fredda. In particolare, negli ultimi settant’anni sono aumentate le guerre civili, mentre sono diminuiti gli scontri tra Stati diversi. Un dato positivo è che, proprio perché le guerre tra Stati sono in genere il tipo di conflitto che provoca il maggior numero di morti, le vittime dei conflitti armati sono diminuite costantemente dalla fine della Seconda guerra mondiale. A pochi e sanguinosi conflitti internazionali si sono sostituiti dunque molti conflitti interni (▶ carta).