7.2 L’IMPERO ROMANO D’ORIENTE

IL RACCONTO DELLA STORIA

Costantinopoli e la continuità dell’impero

I concetti chiave

  • L’ascesa dell’impero bizantino
  • Il cesaropapismo
  • Lo scisma di Acacio
  • L’impero di Giustiniano e la sua riforma legislativa
  • Il dominio bizantino in Italia e la nascita dell’esarcato

Mentre in Europa occidentale si sviluppavano i nuovi regni germanici, nell’impero romano d’Oriente l’eredità politica e culturale greco-romana dava vita a una civiltà dalle caratteristiche in gran parte inedite e originali. Dall’antico nome della sua capitale, Bisanzio – ancora in uso accanto alla denominazione voluta dall’imperatore Costantino, Costantinopoli – essa è stata chiamata civiltà bizantina. I Bizantini, tuttavia, definivano loro stessi con il termine greco Romáioi, “Romani”, a riprova del legame culturale con la tradizione latina. Sebbene la lingua ufficiale dello Stato fosse il greco e l’imperatore d’Oriente fosse chiamato basiléus, essi si consideravano infatti eredi e continuatori dell’impero romano.

L’affermazione dell’impero bizantino

La sopravvivenza delle strutture statali dell’impero romano d’Oriente dipese in gran parte dalla forza del suo esercito, ben addestrato e fedele ai generali, e dalle ingenti risorse economiche di cui gli imperatori disponevano. Le ricchezze derivanti dal controllo dei traffici commerciali furono tra l’altro utilizzate per resistere alle invasioni straniere. Anche quando le popolazioni germaniche riuscirono a penetrare nell’impero, infatti, il pagamento di grandi somme di denaro – accanto alle trattative diplomatiche – consentì agli imperatori di scongiurare il dilagare degli invasori, che furono invece spinti verso Occidente.
Tra il V e il VI secolo l’impero bizantino mantenne l’egemonia navale nel Mediterraneo e visse un periodo di intensa espansione economica e territoriale, accompagnato dalla fioritura dei centri urbani e dall’aumento della popolazione. Gran parte delle risorse economiche, tuttavia, veniva utilizzata per finanziare le spese militari, mantenere l’apparato burocratico e assicurare il consenso delle masse urbane al potere attraverso elargizioni e spettacoli pubblici gratuiti. L’impero era dunque più fragile di quanto potesse apparire.

Potere civile e religioso

La stabilità dello Stato consentì agli imperatori bizantini di consolidare la propria autorità, estesa a tutti gli aspetti della vita politica, economica e sociale e rafforzata dalla pressoché completa sovrapposizione tra potere civile e potere religioso. I rapporti tra l’autorità civile e le autorità ecclesiastiche furono infatti improntati a ciò che gli storici hanno chiamato cesaropapismo (facendo appunto uso dei termini che indicano le cariche politiche e religiose per eccellenza, Cesare e papa). Grazie alla facoltà di nominare il patriarca di Costantinopoli, che guidava tutte le comunità cristiane d’Oriente, l’imperatore manteneva di fatto anche il primato in campo religioso e, pur riconoscendo l’autorità morale e spirituale del patriarca, poteva imporre le proprie decisioni al clero.
L’ingerenza dell’imperatore negli affari religiosi aveva soprattutto scopi politici, non solo perché rafforzava l’idea che il suo potere assoluto avesse una legittimazione divina, ma anche perché l’intervento nelle dispute teologiche rappresentava uno strumento per influenzare i rapporti di forza tra Oriente e Occidente, attraverso le relazioni che intercorrevano tra la Chiesa di Costantinopoli e quella di Roma.
Un esempio di questa strategia si ebbe nel 451 d.C., con la convocazione del concilio di Calcedonia da parte dell’imperatore Marciano (450-457 d.C.). In quell’occasione fu condannata l’eresia monofisita (dal greco moné, “unica”, e phýsis, “natura”), elaborata dal teologo Èutiche agli inizi del V secolo. Mentre l’ortodossia cattolica postulava la doppia natura di Cristo – insieme uomo e Dio –, secondo il monofisismo la dimensione umana di Gesù era assorbita da quella divina, che era dunque la sua vera e unica natura.
A Calcedonia fu sancita la preminenza del patriarcato di Costantinopoli su quelli di Antiochia e di Alessandria e la sua equiparazione alla sede apostolica di Roma. Tale provvedimento prendeva atto dell’importanza di Costantinopoli, la “nuova Roma” e la sede dell’impero, ma allo stesso tempo, ponendo Bisanzio e Roma sullo stesso piano, incrinava il primato del papa. Ne derivarono forti contrasti tra la Chiesa orientale e quella occidentale, che giunsero a provocare la rottura delle relazioni diplomatiche tra le due sedi apostoliche tra il 484 e il 518. L’episodio è conosciuto come scisma di Acacio, dal nome del patriarca di Costantinopoli che, con l’appoggio dell’imperatore Zenone, rifiutò di accettare la sua scomunica emanata in quell’occasione dal papa di Roma. Le relazioni tra le Chiese occidentale e orientale tornarono alla normalità nel 519, con l’imperatore Giustino I. Costui, con lo scopo di consolidare la stabilità istituzionale, si impegnò nella riconciliazione tra le gerarchie ecclesiastiche e pose fine allo scisma riconoscendo il primato del papa.

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Le premesse dell’espansione territoriale

I successori di Zenone furono variamente impegnati nel rafforzamento del potere imperiale attraverso la difesa dei confini e il consolidamento dell’amministrazione statale. Anastasio (491-518 d.C.) si preoccupò di risanare il bilancio statale, combattendo gli sprechi e rendendo più efficiente il governo dei territori sottoposti al dominio bizantino.
Per favorire la crescita economica, Anastasio introdusse anche importanti riforme agrarie volte a limitare la formazione dei latifondi per favorire invece la piccola proprietà contadina. Se gran parte della ricchezza dell’impero derivava dagli scambi commerciali con l’Oriente, la sua base economica rimaneva infatti solida soprattutto grazie all’abbondante produzione agricola di alcune regioni situate entro i suoi confini – come l’Egitto e le coste del mar Nero – che consentiva di sostenere la crescita della popolazione.
L’opera di riforme proseguì durante il regno di Giustino I (518-527 d.C.), con il quale l’impero bizantino conobbe un periodo di intenso sviluppo economico che garantì l’aumento delle entrate fiscali. Furono queste le premesse dell’espansione territoriale che caratterizzò la politica estera dell’impero d’Oriente nel VI secolo. Le direttrici delle nuove imprese militari riguardarono prevalentemente le coste del Mediterraneo controllate dai regni romano-germanici, la cui fragilità favorì la vittoria degli eserciti bizantini. In questa politica di riconquista dei territori un tempo appartenuti all’autorità dell’imperatore romano ebbero un peso determinante gli interessi economici, dal momento che la sottomissione di nuove terre implicava lo sfruttamento delle loro risorse. Un peso rilevante ebbero però anche le ragioni ideologiche, che portavano a vedere nella guerra contro l’Occidente “barbarico” la possibilità di una rinascita dell’impero romano.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Su quali basi economiche si basava la forza dell’impero romano d’Oriente?
  • Che cosa si intende con l’espressione “cesaropapismo”?
  • Che cosa sosteneva l’eresia monofisita?
  • Quali fattori favorirono l’espansione territoriale bizantina nel VI secolo?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
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Da Roma imperiale all’anno Mille