I Germani e l’eredità romana

7.1 I REGNI ROMANO-GERMANICI

IL RACCONTO DELLA STORIA

I Germani e l’eredità romana

Le vicende che portarono alla caduta dell’impero romano d’Occidente furono caratterizzate da una complessa dinamica di incontro-scontro tra Germani e Romani.
Il vuoto politico lasciato dal crollo delle strutture istituzionali imperiali fu colmato da nuove formazioni statali che, in riferimento alla loro composizione etnica mista, la storiografia ha definito tradizionalmente regni romano-barbarici o romano-germanici, a seconda che si leggano le vicende della caduta dell’impero in Occidente dal punto di vista dei Romani oppure in un’ottica più universale, che riconosce l’apporto delle popolazioni germaniche come foriero non solo di regresso economico e culturale ma, almeno nel lungo periodo, anche di nuovi e importantissimi sviluppi che avrebbero condotto alla formazione dell’identità europea moderna.
Alla nascita dei regni romano-germanici gli storici fanno risalire anche l’inizio dell’alto Medioevo, in genere individuato, come abbiamo visto, nel 476, anno della deposizione dell’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augustolo, e della nascita del primo regno germanico in Italia guidato da Odoacre.
L’alto Medioevo avrebbe visto l’affermazione delle popolazioni di origine germanica in tutta l’Europa e sarebbe durato fino all’anno Mille, data che per convenzione è considerata l’inizio del basso Medioevo e della rinascita economica e culturale europea in seguito a una lunga fase di declino economico e sociale.

Nuovi rapporti di forza in Occidente

Come abbiamo visto, fin dal III secolo, in concomitanza con la crisi interna delle strutture statali e dell’economia di Roma, alcuni popoli germanici penetrarono sempre più frequentemente all’interno dei confini imperiali. Pur essendo dotati di un’organizzazione politica e militare assai meno evoluta di quella romana, i Germani risultarono incontenibili negli scontri armati; essi combattevano senza riserve, spinti dalla necessità di trovare nuove terre in cui stabilirsi e di sfuggire alla pressione esercitata alle loro spalle dagli Unni. In molti casi, l’invasione dei territori romani rappresentò per le tribù germaniche una vera e propria lotta per la sopravvivenza.
Roma, invece, aveva perso la supremazia militare assoluta che aveva contraddistinto i primi secoli dell’età imperiale. La solidità delle istituzioni statali era da tempo compromessa e la compattezza del suo esercito pregiudicata dalle lotte tra i generali, sempre più impegnati nella conquista del potere anziché nella difesa dei confini. Le stesse truppe, del resto, erano ormai composte in gran parte da mercenari reclutati fra le tribù nemiche, cioè tra gli stessi “barbari” che l’esercito avrebbe dovuto tenere lontani dai confini imperiali.
I nuovi rapporti di forza che si profilavano in Occidente erano anche la conseguenza di dinamiche sociali e demografiche molto diverse tra Romani e Germani. La crisi economica dell’impero aveva causato un drastico calo della popolazione, mentre i popoli germanici erano in una fase di crescita demografica, che rendeva più acuta la loro fame di terre e di risorse alimentari, oltre che più consistente, in termini numerici, la loro forza militare.
Inoltre, la società germanica era caratterizzata da una notevole coesione sociale, rafforzata tra l’altro dall’esperienza delle migrazioni, che implicava lo spostamento di tutta la popolazione (guerrieri, anziani, donne, bambini) e dunque un’intensa vita comunitaria.
La società romana era invece attraversata da profonde divisioni, frutto di una complessità socioeconomica che non aveva paragoni con le semplici strutture sociali dei Germani. In questa situazione, il tradizionale patriottismo romano era divenuto un ricordo del passato. La crisi aveva accentuato il divario tra le classi sociali; nelle campagne, molti coloni si erano trasformati in servi della gleba, vivendo praticamente come schiavi nei latifondi. Per costoro, prestare servizio militare non significava più difendere la patria, come era stato in epoca repubblicana, ma tutelare gli interessi dei proprietari terrieri. In quest’ottica, le invasioni dei Germani rappresentavano soltanto un passaggio da un padrone a un altro, dal patrono romano al guerriero germanico, nuovo proprietario terriero.
L’opposizione agli invasori, del resto, non era compatta nemmeno tra i membri delle classi sociali dominanti, che preferirono in genere stringere accordi con i Germani piuttosto che rischiare di perdere i propri possedimenti organizzando una resistenza armata dall’esito incerto.

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Una nuova società

Al periodo degli scontri armati e delle invasioni violente seguì un’epoca di progressiva fusione tra i Germani e la popolazione romana, fenomeno che si accentuò nel corso del VI secolo.
Più che da una vera e propria integrazione, però, la prima parte dell’alto Medioevo fu caratterizzata da una coesistenza più o meno pacifica tra popoli molto distanti per cultura e attitudini sociali, che ricoprirono ruoli diversi e per molti aspetti complementari all’interno delle nuove strutture sociali e statali. Dal punto di vista giuridico, Romani e “barbari” erano tutti sudditi dei sovrani germanici, ma, a fronte di questa appartenenza comune, nella nuova società romano-germanica si delineò una netta differenziazione sociale.
Mentre la classe guerriera germanica – figlia di un’antica e consolidata tradizione che dava la massima importanza all’esercizio delle armi – assunse il comando militare e politico dei nuovi Stati, garantendo il controllo del territorio e la sua difesa dalle nuove minacce esterne, l’amministrazione dello Stato restò nelle mani della componente romana della popolazione, che continuò a esprimere un ceto di funzionari preparati e capaci di gestire gli affari di governo. Non a caso, il latino fu adottato come lingua ufficiale della burocrazia.
La popolazione romana continuò anche a svolgere le principali attività produttive, in primo luogo il lavoro nelle campagne. Il predominio sociale ed economico era detenuto da una nobiltà costituita dai guerrieri germanici, dai ricchi possidenti dei latifondi romani e dalle autorità ecclesiastiche.

Le differenze in campo giuridico

L’integrazione tra Germani e Romani fu a lungo solo parziale anche perché le forme sociali e istituzionali in cui era organizzata la vita collettiva dei due popoli erano radicalmente diverse. Mentre i Romani dirimevano le controversie tra individui in base alle norme consolidate dei loro codici giuridici, i Germani, in mancanza di leggi scritte, ricorrevano all’ordalìa, il cosiddetto “giudizio di Dio”. Questo istituto prevedeva che i due contendenti si affrontassero in duello o che si sottoponessero a dure prove fisiche. Chi prevaleva veniva considerato innocente, sulla base del presupposto che gli dèi, considerandolo tale, lo avessero aiutato a vincere la prova.
L’altro fondamentale istituto giuridico era la fàida (termine che deriva dall’antico vocabolo germanico fêhida, “vendetta privata”), in base alla quale i parenti di una persona uccisa si vendicavano contro il colpevole e la sua famiglia ( FOCUS). Il sistema della fàida provocava però una spirale di vendette, che coinvolgevano i gruppi familiari in interminabili conflitti. Dopo che i Germani entrarono in contatto con i Romani e con il loro sistema giuridico, la faida fu sostituita dal guidrigildo (dal termine di lingua germanica Wergeld, “ricompensa in denaro”), che prevedeva il pagamento di somme di denaro come risarcimento per i reati commessi contro le persone (dalla mutilazione degli arti all’omicidio).
Infine, mentre la validità delle leggi romane, prima dell’arrivo dei Germani, coinvolgeva tutti i cittadini e si estendeva su tutti i territori dello Stato, dopo le invasioni i proprietari terrieri acquisirono una notevole autonomia nell’amministrazione della giustizia all’interno dei propri possedimenti. Il principio stesso dell’ordinamento giuridico romano secondo il quale soltanto l’autorità dello Stato, dopo lo svolgimento di un regolare processo in tribunale, poteva stabilire le pene ed effettuare l’esecuzione delle condanne, era sconosciuto presso i popoli germanici (che ricorrevano appunto a sistemi diversi). La fusione tra Germani e Romani, come vedremo nello specifico, ebbe caratteristiche diverse a seconda dei tempi e dei luoghi, ma, in generale, nel campo del diritto fu particolarmente lenta a causa di queste consuetudini così diverse.

FOCUS • LE PAROLE NEL TEMPO
FÀIDA

Durante tutto il Medioevo la faida costituì un istituto giuridico in uso nei regni sorti dalla fusione tra Germani e Romani. Soltanto nell’età moderna tornò ad affermarsi il principio giuridico secondo cui l’amministrazione della giustizia doveva essere assegnata esclusivamente allo Stato.
Il termine “fàida” è rimasto diffuso nell’uso giornalistico ed è oggi spesso utilizzato per indicare i “regolamenti di conti” tra clan e famiglie delle organizzazioni criminali. Anche in quest’accezione, esso rie­cheggia il significato giuridico che possiede in campo storiografico, indicando l’estraneità delle logiche criminali alla civiltà del diritto e il “contro-potere” che esse rappresentano rispetto alla legittima autorità dello Stato.

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La religione come elemento unificante

Una maggiore armonizzazione tra le consuetudini giuridiche germaniche e romane sarebbe stata raggiunta solo dopo qualche secolo, grazie all’integrazione favorita anche dalla religione.
Come era proprio della tradizione religiosa indoeuropea, i popoli germanici veneravano in origine divinità legate ai fenomeni naturali, come Wotan (che nella mitologia dei popoli nordici dell’Europa medievale sarebbe stato identificato con Odino, dio del cielo e dei guerrieri uccisi in battaglia), Thor (dio del tuono) e Freyja (dea delle primizie e dell’amore).
Tuttavia, nel lungo processo di assimilazione della cultura latina da parte delle popolazioni germaniche, l’elemento religioso fu uno dei primi a creare un terreno comune tra i popoli. La diffusione del cristianesimo tra i Germani fu particolarmente ampia nel corso del V secolo, ma la conversione di molte tribù era già stata favorita dalla traduzione della Bibbia in lingua gotica, realizzata dal vescovo Ulfila nel IV secolo d.C. Dal momento che Ulfila era sostenitore dell’eresia ariana, i popoli germanici aderirono alla nuova religione nell’interpretazione proposta dall’arianesimo, mentre la maggioranza della popolazione di origine romana seguiva l’ortodossia cattolica, sancita dal vescovo di Roma, il papa.
La conversione dei Germani al cristianesimo fu dovuta anche a ragioni di ordine politico.
L’autorità della Chiesa aveva un’influenza notevole sulla popolazione romana, non solo per motivi religiosi, ma anche per il ruolo di supplenza che aveva svolto in campo civile e sociale nel vuoto di potere creatosi durante l’epoca delle invasioni. Grazie all’adesione al cristianesimo (e poi alla conversione al cattolicesimo), i sovrani germanici si guadagnarono il sostegno delle gerarchie ecclesiastiche, ottenendo la legittimazione del loro potere. Secondo le norme del diritto ecclesiastico, infatti, i re possedevano un’aura di sacralità, poiché svolgevano la funzione di rappresentanti dell’autorità di Dio sulla terra ed erano espressione della sua volontà; di conseguenza, i sudditi erano tenuti a seguire le disposizioni emanate dai sovrani. In cambio di questa legittimazione, le istituzioni ecclesiastiche mantennero i privilegi economici e fiscali ottenuti dagli ultimi imperatori romani, elemento che favorì il radicamento della Chiesa nella società.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quale epoca si indica con l’espressione “alto Medioevo”?
  • Quale ruolo sociale assunsero i popoli germanici nelle nuove formazioni statali? E la popolazione di origine romana?
  • Perché nel campo del diritto l’integrazione tra Romani e Germani fu difficile?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille