Dall’Antico Regno al Nuovo Regno

2.3 L’EGITTO DEI FARAONI

Dall’Antico Regno al Nuovo Regno

La lunga storia della civiltà egizia è tradizionalmente suddivisa dagli storici moderni in tre periodi principali: l’Antico Regno (2600-2150 a.C. circa), il Medio Regno (2050-1780 a.C. circa) e il Nuovo Regno (1550-1070 a.C. circa). A conclusione del primo e del secondo periodo seguirono fasi di crisi sociale e politica, definite genericamente periodi intermedi e caratterizzate dall’indebolimento del potere dei faraoni.

Le prime dinastie 

Il potere centrale dei faraoni si mantenne saldo durante tutto l’Antico Regno. La capitale era Menfi, nel basso Egitto, ma l’influenza dei faraoni si estese anche verso sud, attraverso l’espansione territoriale nelle regioni della Nùbia (appartenenti all’attuale Sudan).
Il dispendio di risorse economiche richiesto dalla politica dei faraoni delle prime dinastie poteva essere sostenuto soltanto finché abbondanti raccolti avessero garantito la prosperità del regno. Lo dimostra il fatto che la siccità e le conseguenti carestie verificatesi intorno al 2200 a.C. provocarono la crisi dell’Antico Regno e la sua frammentazione in numerosi piccoli Stati, sotto la guida dei sacerdoti locali. Iniziò così una fase di instabilità politica, caratterizzata dall’assenza di un potere centrale, che la storiografia ha definito primo periodo intermedio.
Dai conflitti interni che seguirono la crisi emerse una nuova dinastia, originaria di Tebe (alto Egitto), che riunificò sotto il suo comando tutta la valle del Nilo e diede avvio al periodo noto come Medio Regno. Per garantire l’approvvigionamento delle risorse economiche necessarie al funzionamento dell’apparato statale – cresciuto al punto che la produzione agricola non era più in grado di mantenerlo – i faraoni tebani promossero una nuova politica di espansione territoriale verso la Nubia (ricca di oro e legname, che scarseggiavano in Egitto) e la Siria (dove imposero pesanti tributi alle popolazioni locali ridotte in schiavitù).

Stranieri da est: gli Hyksos

La prosperità del regno egizio costituiva una grande attrazione per le popolazioni nomadi che vivevano ai suoi confini: già dagli inizi del II millennio a.C. alcune tribù di pastori nomadi di origine semitica, provenienti dalla Palestina, si erano gradualmente infiltrate con le loro greggi nei territori egizi, in cerca di aree più ricche di vegetazione. Fino a quando il potere dei farao­ni tebani si mantenne saldo, queste tribù vissero ai margini della ricca società egizia. La situazione cambiò con la crisi del Medio Regno e l’inizio del cosiddetto secondo periodo intermedio. Intorno al 1640 a.C., infatti, i capi nomadi, chiamati dagli Egizi heka-khesut (“re stranieri”), da cui derivò in lingua greca il termine Hyksos, approfittarono dell’indebolimento del potere centrale e dei disordini sociali che seguirono per sottomettere il Nord dell’Egitto.
Il successo militare degli Hyksos fu in buona parte dovuto alle conoscenze che avevano appreso dalle popolazioni del Vicino Oriente: in particolare le tecniche per costruire armi in bronzo e l’uso dei cavalli per il traino dei carri da guerra.

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La rinascita dell’Egitto 

Gli Hyksos erano riu­sciti a imporre il proprio dominio soprattutto a causa della debolezza momentanea del potere centrale egizio. Infatti, non appena una nuova dinastia tebana prese il sopravvento, essi furono cacciati dai territori che avevano occupato e l’Egitto fu riunificato ancora, questa volta sotto il controllo delle dinastie del Nuovo Regno. I nuovi faraoni, tra i quali i più noti sono Tutankhamon e Ramses II, utilizzarono le innovazioni tecnologiche diffuse dagli Hyksos, come i veloci carri da guerra, per conquistare nuovi territori in Libia, Palestina e nel Nord della Siria.
In quest’ultima campagna militare, tuttavia, la loro espansione fu bloccata a più riprese nelle battaglie di Qadesh (1286-1279 a.C.) da una nuova potenza proveniente dal Vicino Oriente: l’impero ittita.

DOSSIER ARTE  La propaganda del faraone

Il faraone Ramses II in battaglia.

In questo rilievo del tempio di Abu Simbel (che si trova nell’alto Egitto, presso l’attuale diga di Assuan) il faraone Ramses II è raffigurato come un grande condottiero che travolge i nemici su un carro da guerra trainato da cavalli. La rappresentazione fa parte di una serie di decorazioni che il sovrano egizio fece incidere sulle pareti di numerosi templi dopo le battaglie di Qadesh, presentate come un grande successo per l’esercito egizio. In realtà, come è stato possibile ricostruire da numerosi documenti, l’esito degli scontri non fu decisivo: entrambi gli eserciti subirono gravissime perdite e le truppe ittite riuscirono a bloccare i tentativi di invasione della Siria da parte degli Egizi. Queste raffigurazioni della battaglia costituiscono una delle più antiche forme di propaganda politica: esse miravano a diffondere la convinzione che l’esercito avesse ottenuto un’importante vittoria militare; Ramses II intendeva infatti in questo modo assicurarsi il sostegno della popolazione in un periodo in cui l’unità del regno stava venendo meno. 

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Un nuovo culto per riunire il regno 

Verso la fine del Nuovo Regno il faraone Amenhotep IV (1353-1335 a.C.) aveva tentato di imporre in tutto l’Egitto il culto di un’unica divinità: Aton, il dio Sole. Egli cambiò addirittura il proprio nome in Akhenaton, che ha il significato di “gioia” o “spirito di Aton”.
Il suo tentativo non si limitava soltanto all’aspetto religioso: con il passaggio dalla religione politeistica tradizionale a un culto monoteistico, rivolto cioè a un’unica divinità, il farao­ne cercava di ricondurre lo Stato sotto un unico potere centrale, poiché le tendenze autonomistiche della classe sacerdotale ne minavano la compattezza politica e sociale. Come vedremo, il suo tentativo si inquadrava in un più vasto orientamento culturale che in quello stesso periodo si stava affermando anche in altre zone del Vicino Oriente, in particolare in Palestina, dove era nata la religione monoteistica ebraica.

L’Egitto verso la decadenza 

Le riforme introdotte da Akhenaton non sopravvissero alla sua morte: i suoi successori ripristinarono la religione politeistica tradizionale, e nei decenni successivi le tendenze autonomistiche promosse dai sacerdoti attraverso i culti locali minarono ulteriormente la compattezza politica del regno.
Intorno al 1200 a.C. tutti i territori che si affacciavano sulle coste del Mediterraneo subirono le scorrerie e le invasioni dei cosiddetti popoli del mare. L’Egitto, già indebolito da divisioni interne, fu colpito da una grave crisi economica e politica; i faraoni persero il controllo su tutti i territori stranieri che avevano occupato e i regni si frammentarono di nuovo in piccoli staterelli locali, che furono facilmente sottomessi nel corso del I millennio a.C. da varie popolazioni straniere.

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Le dominazioni straniere 

La crisi del regno egizio fu amplificata dalle trasformazioni economiche e politiche che sconvolsero gli equilibri del Vicino Oriente nei secoli successivi. Il potere dell’amministrazione statale non era più in grado di controllare i commerci di lunga distanza e il regno dipendeva sempre più dai mercanti stranieri per l’approvvigionamento delle materie prime. Nel 671 a.C. l’Egitto cadde sotto la dominazione assira e, dopo la breve riunificazione realizzata dal faraone Psammetico (657 a.C.) e da suo figlio Neco, fu assoggettato dai Persiani nel 525 a.C. Nei secoli successivi avrebbe poi conosciuto la conquista di Alessandro Magno, nel 332 a.C., e il dominio della dinastia dei Tolomei, fino alla definitiva conquista da parte dei Romani (30 a.C.).
La storia millenaria degli Egizi divenne patrimonio dei conquistatori, che contribuirono a diffonderne le conoscenze culturali e tecnologiche.

GUIDA ALLO STUDIO

  • In quali periodi viene tradizionalmente suddivisa la storia dell’antico Egitto?
  • Che tipo di politica promossero le prime dinastie?
  • Chi erano gli Hyksos? Quale ruolo svolsero nelle vicende dell’antico Egitto? 
  • Quali fattori portarono alla decadenza della civiltà egizia?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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