4.4 - L’economia della penisola Italiana

4 L’ITALIA

4.4 L’economia della penisola Italiana

Grazie soprattutto all’intenso sviluppo industriale che ha caratterizzato il Paese negli anni Sessanta del XX secolo e che ha permesso l’espansione delle sue realtà produttive, l’Italia possiede oggi un’economia avanzata e diversificata, che la pone ai primi posti nelle classifiche mondiali relative alla ricchezza assoluta e al benessere dei suoi abitanti. Attualmente l’Italia è la decima potenza economica mondiale (in termini di Pil assoluto) e fa parte del G7, il gruppo dei sette Paesi più industrializzati del mondo. Nonostante questi primati, l’Italia ha dovuto, e in molti casi deve ancora, affrontare problematiche che ostacolano la piena espressione delle sue potenzialità economiche e produttive. Un problema di vecchia data, che affligge l’economia e la società italiana, è il divario, in termini di sviluppo economico e benessere della popolazione, tra il Nord e il Sud del Paese. Tale divario è evidente se si esamina il Pil pro capite dell’Italia, cioè la ricchezza totale prodotta dal Paese in un anno divisa per il numero dei suoi abitanti, un dato che più di altri serve a indicare il livello medio di ricchezza e benessere di una popolazione. Nel 2015 il Pil pro capite dell’Italia è stato di circa 36 000 dollari, ma se si scompone tale dato in base alle regioni si scopre che quelle del Nord hanno un Pil pro capite di oltre 40 000 dollari, pari a quello della Germania, mentre quello delle regioni del Sud è di appena 24 000 dollari, inferiore a quello di un Paese in grave difficoltà economica come la Grecia. Un altro problema storico è il pesante debito pubblico contratto dallo Stato, che impedisce alla pubblica amministrazione di trovare le risorse per finanziare le necessarie riforme economiche. La crisi economica mondiale iniziata nel 2008, infine, non ha fatto che peggiorare la situazione, portando a un calo del Pil, cioè a una recessione economica, e a un aumento della disoccupazione.

Il settore primario: agricoltura e allevamento 

L’Italia è stata per secoli un Paese rurale, che basava sull’agricoltura gran parte della propria ricchezza. Attualmente, invece, solo il 3% della popolazione italiana è impiegato nel settore primario, che contribuisce solo per il 2% alla creazione della ricchezza nazionale. Le attività agricole presentano una notevole disomogeneità tra le diverse regioni, sia dal punto di vista della produttività, sia da quello dello sfruttamento dei suoli ( carta). Generalmente, l’agricoltura delle regioni settentrionali ricorre maggiormente alla meccanizzazione ed è più aperta alle innovazioni tecnologiche in campo agricolo, quindi è più produttiva, mentre nel Sud sopravvivono colture lavorate con metodi tradizionali. Le difficoltà produttive sono in parte motivate anche dalla morfologia del territorio italiano, che per più di due terzi è montuoso e dunque non adatto alle coltivazioni. Nella pianura Padana e nelle altre pianure più estese, come il Tavoliere delle Puglie e le pianure campane, si coltivano soprattutto cereali, ortaggi e riso (quest’ultimo soprattutto nelle regioni settentrionali, dove quello delle risaie è un paesaggio agricolo molto comune in diverse zone). Nelle pianure costiere, meno estese, soprattutto al Sud ma anche in Liguria, si coltivano ulivi, piante da frutto (come gli agrumi nelle regioni meridionali) e ortaggi. Le zone collinari sono invece dominate dai vigneti, che sono coltivati in quasi tutte le regioni italiane e alimentano una fiorente produzione vinicola: l’Italia è infatti il primo produttore mondiale di vino. Un’altra coltivazione molto diffusa nelle zone collinari, suprattutto al Centro-Sud, è quella dell’ulivo, da cui si ricava l’olio. La pianura Padana e le pianure minori del Centro-Sud sono anche le zone dove è maggiormente diffuso l’allevamento di bovini e di suini, che alimentano una fiorente industria casearia e della trasformazione alimentare, i cui prodotti, soprattutto salumi e formaggi, sono conosciuti in tutto il mondo per la loro qualità.

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Una terra di eccellenze alimentari 

Il punto di forza dell’agricoltura italiana è costituito dalle cosiddette eccellenze alimentari, prodotti di alta qualità caratterizzati dalla specificità delle materie prime, legate alla tradizione di un determinato territorio, e dall’attenzione dedicata a tutti gli aspetti della filiera produttiva. Prodotti come il parmigiano reggiano o la mozzarella di bufala campana sono alimenti conosciuti ed esportati in tutto il mondo, la cui originalità è protetta dai marchi di qualità promossi dall’Unione europea, come il marchio Dop (Denominazione di origine protetta), per tutelare questi prodotti dalle imitazioni. A testimonianza dell’importanza di questo settore, l’Italia è attualmente il Paese dell’Unione con il maggior numero di prodotti tutelati dai marchi di qualità europei, oltre 250.

Le attività estrattive e la pesca 

Le restanti attività del settore primario in Italia hanno invece uno sviluppo molto limitato. Il sottosuolo italiano non possiede grandi giacimenti minerari, e quasi tutte le miniere un tempo presenti nel Paese hanno chiuso da decenni poiché la loro attività non era più redditizia. L’unica grande miniera ancora in attività si trova in Sardegna, nel Sulcis, dove si estrae carbone. L’Italia è dunque costretta a importare dall’estero molte materie prime necessarie al funzionamento del suo apparato industriale. Situazione analoga è quella delle risorse energetiche, tanto che la dipendenza energetica è considerata uno dei maggiori freni all’ulteriore sviluppo economico del Paese. Il fabbisogno di energia dell’Italia è soddisfatto in maggioranza dal petrolio, tuttavia i pochi impianti petroliferi nazionali, situati soprattutto in Basilicata e nell’Adriatico, rispondono solo a una minima parte di questa domanda, costringendo il Paese a importare petrolio dall’estero, in particolare da Libia, Iran, Russia e Azerbaigian. L’Italia importa dall’estero anche notevoli quantità di gas naturale, che giunge soprattutto dalla Russia attraverso i gasdotti, lunghissime condutture che attraversano tutta l’Europa centrorientale. Petrolio e gas naturale sono utilizzati in grandi percentuali anche per la generazione di energia elettrica, ma è in aumento l’elettricità prodotta mediante le fonti rinnovabili, soprattutto l’energia idroelettrica, quella solare e quella eolica. Nonostante questo, la produzione nazionale di energia elettrica non riesce a soddisfare la domanda interna, quindi l’Italia è costretta a importarla, in particolare dalla Francia, che la produce mediante centrali nucleari.

Sebbene l’Italia sia circondata quasi interamente dal mare, la pesca è poco redditizia a causa della scarsa pescosità delle acque. Le uniche aree dove viene praticata a livello industriale sono nel mar Adriatico e a sud della Sicilia, dove è ancora diffusa la tradizionale pesca del tonno. È invece in espansione, in diverse regioni, la pratica dell’acquacoltura, cioè l’allevamento delle specie ittiche in condizioni controllate.

Il settore secondario 

Poco meno di un terzo dei lavoratori italiani è impiegato nel settore secondario, che comprende tutte le produzioni industriali e artigianali attive nel Paese. Nonostante l’economia italiana sia ormai passata da un modello fondato sull’industria a uno incentrato prevalentemente sui servizi – trasformazione avvenuta in coincidenza con la terza rivoluzione industriale degli ultimi decenni del XX secolo – e a dispetto della crisi economica globale, che negli ultimi anni ha messo in difficoltà le attività produttive di molti Paesi, il settore secondario genera ancora il 27% circa della ricchezza nazionale e resta dunque una delle principali risorse economiche dell’Italia. Dal punto di vista organizzativo, il sistema industriale italiano è caratterizzato dalla compresenza di grandi aziende multinazionali (attive cioè in più Paesi) e di una vasta rete di piccole e medie imprese (che operano solo a livello locale): queste ultime, grazie alle loro ridotte dimensioni e al basso numero di lavoratori, riescono spesso ad adattarsi molto velocemente ai cambiamenti del mercato e alle trasformazioni economiche che caratterizzano i periodi di crisi o di ristrutturazione.

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Il triangolo industriale 

La distribuzione sul territorio delle principali industrie italiane rispecchia ancora in parte quella del periodo in cui nacque e si sviluppò nel Paese il settore secondario, tra gli inizi del XX secolo e gli anni Sessanta. In quegli anni si iniziò a parlare di triangolo industriale, un’area ad alta densità di industrie così chiamata perché aveva come vertici ideali le città di Milano, Torino e Genova. Vero e proprio motore economico del Paese in quel periodo, il triangolo industriale comprendeva complessi siderurgici, chimici e meccanici, con fabbriche di automobili come la Fiat, di pneumatici come la Pirelli, acciaierie e industrie meccaniche come l’Italsider e la Breda, e aziende attive nel settore chimico e petrolchimico come la Montedison. Furono queste imprese a richiamare gran parte dei migranti dalle regioni meridionali in cerca di lavoro nelle aziende del Nord. Il loro sviluppo economico fu favorito in quegli stessi anni dalla costruzione di importanti infrastrutture, come le prime autostrade che collegavano le principali città dell’area. Ancora oggi il territorio del triangolo industriale, che si è allargato verso est per comprendere nuove aree della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia-Romagna, è la regione italiana a più alta densità di industrie.

I distretti industriali 

Una particolarità del sistema industriale italiano è la presenza dei distretti produttivi, cioè di agglomerati di imprese di varie dimensioni, all’interno di territori delimitati geograficamente, che cooperano nelle diverse fasi di un unico processo produttivo e che sono tra loro fortemente integrate. Rispetto alla realtà del triangolo industriale, i distretti presentano alcune importanti differenze: non sono rappresentati da poche e grandi aziende, che concentrano al loro interno la maggior parte della produzione, ma da un numero elevato di piccole e medie imprese, ognuna delle quali si occupa in genere di un aspetto particolare del ciclo produttivo, che viene poi completato attraverso la cooperazione tra le varie aziende comprese nel distretto; la loro integrazione è limitata all’interno di ambiti produttivi ben definiti, con imprese altamente specializzate in settori come il tessile, l’abbigliamento, la meccanica.

Attualmente in Italia ci sono circa 200 distretti industriali, distribuiti in modo piuttosto disomogeneo: sono infatti diffusi soprattutto nell’Italia centrosettentrionale e nella parte orientale della penisola, mentre sono quasi assenti nelle regioni meridionali. I principali distretti produttivi si estendono tra l’Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto, mentre in Toscana, nelle Marche e in Abruzzo si è evoluto un modello di integrazione produttiva più legato alle tradizioni manifatturiere e artigianali.

Il settore secondario nel Sud Italia

A differenza di quanto avvenuto nell’Italia settentrionale, nelle regioni meridionali la crescita del settore secondario è stata più modesta. Uno dei molti fattori storici ed economici alla base di tale sviluppo limitato è stato il fatto che il Nord del Paese beneficiò di investimenti statali fin dai primi anni dopo l’Unità d’Italia, mentre nelle regioni meridionali non furono create le infrastrutture indispensabili per favorire l’espansione delle realtà produttive. Nella seconda metà del XX secolo lo Stato ha tentato di creare nuovi poli industriali nel settore petrolchimico e siderurgico a Napoli, Brindisi, Taranto e in alcune aree della Sicilia; i risultati non sono stati però all’altezza delle aspettative, anche a causa della concorrenza delle imprese estere. Le uniche attività industriali degne di rilievo nel Sud Italia, oltre ad alcuni stabilimenti di grandi industrie (come quelli automobilistici in Campania e Basilicata), sono oggi rappresentate dai distretti dell’industria agro-alimentare, dell’abbigliamento e delle calzature, che si sono affermate in Campania e in Puglia in continuità con la tradizione artigianale locale, e il distretto tecnologico di Catania, in Sicilia, denominato Etna Valley.

Le attività artigianali 

Un punto di forza del settore secondario in Italia è la presenza di numerose attività artigianali, piccole realtà produttive che raggiungono in molti casi livelli di eccellenza grazie alla creatività e al bagaglio tecnico e artistico di chi vi opera, spesso eredità di tradizioni secolari. Il risultato è un insieme di produzioni di alta qualità, conosciute ed esportate in tutto il mondo, che nel loro complesso costituiscono il cosiddetto made in Italy ( “prodotto in Italia” in inglese). Tale etichetta si riferisce soprattutto alle eccellenze agro-alimentari e alle creazioni dei settori della moda e del design, ma anche alla produzione di automobili di lusso, come i modelli della casa Ferrari. Altri campi in cui il made in Italy si è imposto a livello internazionale sono la produzione artigianale di mobili, la lavorazione della pelle, dei tessuti e del vetro, la produzione di strumenti musicali e la cesellatura dei gioielli.

Il settore terziario 

L’Italia, al pari di altri Pae­si industrializzati, negli ultimi decenni del XX secolo ha vissuto una trasformazione delle proprie attività economiche, passando da un’economia basata sul settore secondario, l’industria, a una fondata sul settore terziario, i servizi. Tale cambiamento è stato favorito dal progresso tecnologico, che, in seguito alla diffusione dell’automazione dei processi produttivi, ha ridotto la manodopera necessaria per le attività industriali. Il fenomeno che ha spostato molti lavoratori nel settore terziario è stato definito terziarizzazione, e ha causato notevoli cambiamenti nella società italiana, segnando l’ingresso del Paese nella cosiddetta “era postindustriale”. Attualmente più di due terzi dei lavoratori italiani sono impiegati nel settore terziario, che nel suo complesso genera circa il 70% della ricchezza nazionale. Si tratta di dati allineati a quelli degli altri Paesi più sviluppati del mondo, dove la richiesta di servizi è molto alta. Il settore terziario non costituisce però una realtà omogenea, poiché riunisce attività economiche molto differenti. Accanto a settori tradizionali presenti in quasi tutte le economie, come quelli del commercio e dei trasporti, appartengono ai servizi anche il turismo e molti altri settori ad alto contenuto tecnologico (come quelli della ricerca scientifica, dell’informatica e delle comunicazioni, della medicina) e creativo (come i settori dell’arte, del design, dell’intrattenimento), tipici delle economie dei Paesi avanzati.

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La tutela dell’ambiente e i parchi naturali in Italia

L’Italia è il Paese europeo in cui vive il maggior numero di specie animali, oltre 56 000. Molte di esse, insieme all’altrettanto ricco patrimonio di specie vegetali, risiedono nelle aree protette, porzioni del territorio italiano dove l’ambiente naturale è soggetto a particolari forme di tutela da parte dello Stato e degli enti locali. Questa tutela si traduce principalmente in norme che proibiscono, o regolano in maniera molto rigida, tutta una serie di attività all’interno del loro territorio, per esempio la caccia, la pesca, l’agricoltura o le attività minerarie. Nelle aree protette sono inoltre in vigore rigide normative edilizie, che regolano il numero e la tipologia degli edifici e delle strutture che possono essere costruite sul territorio tutelato. Attualmente l’Elenco ufficiale delle aree protette (Euap) italiane conta 871 aree naturali sottoposte a tutela ambientale, la cui superficie totale corrisponde a circa l’11% dell’intero territorio nazionale. Le varie aree protette sono suddivise in varie tipologie a seconda della loro superficie, della loro modalità di gestione e del tipo di tutela di cui gode il loro territorio.

  • Parchi nazionali italiani sono 24 e coprono una superficie complessiva di oltre 15 000 km2. Il primo Parco nazionale italiano fu il Parco nazionale del Gran Paradiso in Valle d’Aosta, istituito nel 1922, mentre il Parco nazionale più grande, che attualmente è anche l’area protetta più estesa d’Italia, è il Parco nazionale del Pollino, tra Basilicata e Calabria, con una superficie di oltre 192 km2. La sorveglianza dei Parchi nazionali è affidata al Corpo forestale dello Stato, specializzato nella tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali.
  • Parchi regionali italiani sono 134 e occupano un totale di circa 13 000 km2; si tratta di aree terrestri, fluviali, lacustri ed eventualmente anche di tratti di mare prospicienti la costa, di notevole valore ambientale e naturalistico, che costituiscono un sistema omogeneo nell’ambito di una o più regioni adiacenti, e che per questo motivo sono stati attribuiti alle competenze regionali in materia di aree protette: ne sono esempi il Parco naturale della valle del Ticino (tra Piemonte e Lombardia) e il Parco regionale del delta del Po (tra Veneto ed Emilia-Romagna).
  • Le Riserve naturali statali e regionali italiane sono rispettivamente 147 e 365 e sono costituite da aree terrestri, fluviali, lacustri o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della fauna e della flora, o che presentano uno o più ecosistemi importanti per la diversità biologica o per la conservazione delle risorse genetiche. Ne fanno parte, per esempio, la Riserva naturale del monte Abetone, in Toscana, e quella del lago di Lesina, in Puglia.
  • Le Aree marine protette italiane sono 27 e coprono una superficie di mare superiore ai 25 000 km². La più importante è il Santuario dei cetacei, costituito in cooperazione con la Francia e il Principato di Monaco, che in Italia occupa ampi tratti marittimi della Liguria, della Sardegna e della Toscana, in cui vivono esemplari appartenenti a 12 specie di mammiferi marini.
  • Le altre aree protette, nazionali e regionali sono zone che non rientrano nelle precedenti classificazioni, e in Italia sono più di 170.

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I “poli” del terziario italiano 

Data la sua natura estremamente varia, con una vasta gamma di servizi di base e altri più avanzati, il settore terziario non è sviluppato in maniera uniforme sul territorio, ma si concentra in diversi poli, ciascuno contraddistinto da un differente livello di sviluppo e dalla presenza di particolari tipologie di servizi. Uno dei poli più attivi e diversificati si trova, per esempio, in corrispondenza del capoluogo della Lombardia, Milano, che ospita un’elevatissima concentrazione di servizi alle imprese, soprattutto nei settori dell’informatica, della pubblicità e della finanza, tutte attività che, per il loro elevato grado di specializzazione, vengono spesso riunite nella categoria del terziario avanzato. A Milano è molto sviluppata anche l’industria della cultura, in particolare nel campo dell’editoria (libri e giornali) e della televisione.

Nella capitale italiana, Roma, sono invece presenti le attività legate al funzionamento dello Stato e delle sue istituzioni. Hanno infatti sede i principali organi politici del Paese, oltre a buona parte degli uffici della burocrazia statale. Talvolta queste funzioni vengono riunite in un quarto settore economico, definito quaternario, che comprende le attività di gestione e coordinamento degli enti pubblici.

Al confronto di quelli di Milano, di Roma e di quelli presenti nelle principali città dell’Italia centro-settentrionale, i poli del terziario nell’Italia meridionale sono molto meno sviluppati: le attività commerciali più praticate sono ancora quelle tradizionali, come i mercati o le antiche botteghe, e le strutture turistiche non sono ancora sufficientemente diffuse e sviluppate per sfruttare in modo adeguato le grandi potenzialità garantite dal ricco patrimonio paesaggistico e culturale di queste aree.

I servizi dello Stato italiano 

Al comparto terziario appartengono anche tutti i servizi pubblici forniti dallo Stato e dagli enti locali, il cui funzionamento è finanziato dalle tasse pagate dai cittadini. Oltre agli organi della pubblica amministrazione, i servizi pubblici comprendono svariati settori, come la scuola, la sanità, la pubblica sicurezza (garantita dall’attività di vari organismi, tra cui la Polizia, i Carabinieri, i Vigili del Fuoco e la Protezione Civile). I servizi di assistenza sanitaria ed economica ai cittadini, tra cui le cure sanitarie gratuite, le pensioni di anzianità e invalidità e le indennità di disoccupazione, sono spesso riuniti nell’espressione inglese Welfare State, o Stato sociale, una tipologia di servizi che contraddistingue i Paesi avanzati e garantisce l’elevato livello di benessere dei cittadini.

Il turismo e i trasporti  

Nel comparto terziario rientrano anche tutte le attività connesse al turismo, uno dei settori economici più sviluppati del Paese. L’Italia è infatti il quinto Paese più visitato del mondo, con quasi 50 milioni di arrivi di visitatori provenienti dall’estero ogni anno, a cui vanno aggiunti gli spostamenti dovuti al turismo interno. I luoghi di maggiore richiamo turistico sono le città d’arte, come Firenze, Roma, Venezia, le località balneari e i centri montani dove è possibile praticare gli sport invernali.

Uno dei servizi fondamentali per lo sviluppo economico di un Paese è quello dei trasporti, di cui fa parte il sistema delle infrastrutture e delle vie di comunicazione. Da questo punto di vista l’Italia è penalizzata dalla sua conformazione geografica, lunga e stretta e interrotta dalle catene montuose che rendono difficili i collegamenti interni. Per ovviare a questo inconveniente, la rete stradale italiana è una delle più sviluppate d’Europa, con quasi 6500 km di autostrade, la cui rea­lizzazione è stata resa possibile dalla costruzione di un ingente numero di ponti e gallerie.

Più limitata, per quantità di traffico, è invece la rete ferroviaria. Circa l’80% del trasporto merci in Italia avviene su strada, e solo in minima parte (3%) su rotaia. Sul fronte del trasporto passeggeri un importante passo in avanti è stato fatto con la realizzazione, negli ultimi anni, di diverse linee ferroviarie ad alta velocità. La favorevole posizione della penisola Italiana, al centro del Mediterraneo, ha permesso lo sviluppo del trasporto marittimo. I porti di Genova e La Spezia in Liguria, di Trieste nel Friuli-Venezia Giulia e di Gioia Tauro in Calabria sono tra i primi porti d’Europa per traffico di merci. Grande sviluppo ha avuto infine, negli ultimi anni, il trasporto aereo, soprattutto nel settore del trasporto passeggeri, grazie alla diffusione delle compagnie aeree a basso costo.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quali sono le principali risorse economiche del nostro Paese?
  • Quali sono le principali attività del settore primario in Italia?
  • Quale sviluppo hanno avuto il settore secondario e terziario negli ultimi decenni?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana