Il secondo triumvirato

4.5 LA FINE DELLA REPUBBLICA

Il secondo triumvirato

L’assassinio di Cesare gettò Roma in una grave incertezza politica. I cesaricidi non potevano contare sul sostegno della popolazione, fedele alla memoria del dittatore; nemmeno i suoi più stretti collaboratori, però, erano sicuri di riuscire a prendere il suo posto, sia per la difficoltà di eguagliare il suo prestigio personale, sia per il rischio di apparire come usurpatori. Di conseguenza, le due fazioni cercarono un accordo che non facesse precipitare la situazione ed evitasse il caos sociale e istituzionale.

Il breve compromesso con i cesaricidi

In virtù di questo accordo, gli uccisori di Cesare ottennero l’amnistia. La mediazione era stata gestita da Cicerone, una delle personalità pubbliche più consapevoli della necessità di giungere a una pacificazione. Sembrava che la classe dirigente romana fosse in grado di superare il difficile momento con responsabilità e con alto senso dello Stato.
I cesariani, però, attendevano solo l’occasione propizia per ribaltare la situazione. Con un’abile mossa propagandistica, Marco Antonio lesse pubblicamente il testamento di Cesare. Con sorpresa dello stesso Antonio, in assenza di eredi diretti Cesare nominava suo successore il nipote, il diciannovenne Caio Ottavio, adottato come figlio nel 45 a.C. (la nonna del giovane, Giulia minore, era sorella di Cesare).
Il documento conteneva inoltre, tra le ultime volontà del defunto, l’ordine di elargire a ogni cittadino romano una somma notevole (circa 300 sesterzi). Questo particolare, che confermava la magnanimità del dittatore agli occhi della plebe, esacerbò la rabbia della popolazione, che si abbandonò ad azioni violente contro i congiurati e le loro proprietà. Bruto e Cassio furono costretti a fuggire in Grecia, dove riorganizzarono le proprie forze in vista dello scontro con i sostenitori di Cesare. In questo clima il senato, ormai in gran parte asservito al partito dei cesariani, assegnò il comando dell’esercito a questi ultimi, che potevano contare anche sulla forza delle legioni.

L’ascesa politica di Ottaviano

Invece di unirsi per combattere gli avversari, però, i cesariani entrarono in conflitto per spartirsi il potere. Marco Antonio rifiutò di consegnare l’eredità di Cesare, come previsto dal testamento, a Caio Ottavio. Questi, dal canto suo, assunse il nome di Caio Giulio Cesare Ottaviano per accreditare presso l’esercito e la popolazione la legittimità della sua successione al dittatore.
La sua azione politica fu poi tesa a ottenere un largo consenso. Attraverso donazioni di denaro e la promessa di riforme sociali egli ottenne il supporto politico della plebe di Roma e degli Italici. Per stringere a sé i più fedeli seguaci di Cesare e i suoi veterani, inoltre, accusò di tradimento i cesariani che avevano accettato l’amnistia a favore degli assassini del suo padre adottivo, che giurò solennemente di vendicare. Di fronte alla sua determinazione, il senato si risolse ad assicurargli il proprio sostegno. Del resto, Antonio era considerato un avversario più temibile del giovane Ottaviano, che secondo i senatori avrebbe potuto essere uno strumento manovrabile ai loro fini.

La guerra contro Antonio

L’alleanza tra Ottaviano e il senato spinse Antonio in un angolo. Egli era stato nominato governatore della Macedonia, ma le legioni stanziate in quella regione passarono dalla parte dei ribelli cesaricidi, privandolo così del sostegno militare.
A Roma, nel frattempo, Cicerone lo attaccò in modo molto veemente in senato, dove pronunciò le orazioni chiamate Filippiche (in riferimento a quelle che l’oratore ateniese Demostene, alla metà del IV secolo a.C., aveva rivolto contro il re macedone Filippo II). Il senato, su consiglio di Cicerone, nominò Ottaviano senatore e gli affidò la carica di propretore, riconoscendo così la legittimità dell’esercito privato che egli si era procurato con le proprie disponibilità economiche.
Antonio si rese conto di non avere vie di uscita. Proclamò la rinuncia all’incarico di governatore della Macedonia, in modo da poter essere eletto come comandante della Gallia cisalpina in sostituzione di Decimo Bruto Albino (uno dei congiurati). Quest’ultimo si rifiutò però di cedere il comando della provincia e si rifugiò nella città di Modena (a quel tempo chiamata Mutina, da cui, proprio in relazione a questo episodio, deriva il termine “ammutinamento”, usato per indicare il rifiuto di eseguire un ordine militare). Antonio assediò la città, ma il senato lo dichiarò nemico pubblico e inviò contro di lui le legioni regolari. Egli fuggì allora nella Gallia narbonese, in attesa di rinforzi che sarebbero dovuti arrivare dal comandante Marco Emilio Lepido, l’altro principale esponente della fazione cesariana.

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Il nuovo triumvirato

Ottaviano decise quindi di servirsi delle proprie milizie per compiere un vero e proprio colpo di Stato: nell’agosto del 43 a.C. entrò a Roma in armi e impose la sua nomina a console. Abolita l’amnistia per i cesaricidi, che vennero proclamati ufficialmente nemici dello Stato, arruolò un esercito molto potente (finanziato con le ricchezze di cui si era impadronito), in grado di contrastare le forze di Antonio e di Lepido.
Roma era sull’orlo di una nuova guerra civile. I tre contendenti, però, si incontrarono a Bologna e giunsero a un accordo. Di fronte alla prospettiva di uno scontro prolungato, che li avrebbe intensamente impegnati in una guerra fratricida, preferirono spartirsi il potere. Pur divisi dalla contrapposizione militare, del resto, essi erano accomunati dall’antica militanza nelle file cesariane e dalla volontà di vendicarsi dei cesaricidi. Si formò così il secondo triumvirato. A differenza del primo, che era stato un patto personale e privato, privo di fondamento istituzionale, l’accordo tra Ottaviano, Antonio e Lepido ottenne un riconoscimento legale: fu infatti sancito da un plebiscito dei comizi tributi, che attribuì ai triumviri il potere consolare con l’incarico di restaurare la repubblica.

Laboratorio DELLE FONTI I TESTI

La vendetta di Antonio contro Cicerone

In questo brano dello storico greco Appiano di Alessandria, vissuto nel II secolo d.C., sono descritte le vicende dell’assassinio di Cicerone da parte delle milizie di Antonio.

Cicerone, il quale, dopo la morte di Cesare, aveva acquistato un potere ancora maggiore, nella misura in cui, come oratore, poteva dominare le assemblee, per questo motivo venne proscritto. Con lui furono inclusi nelle liste il figlio, il fratello, il figlio del fratello, i famigliari, gli amici, i compagni di fazione. Imbarcatosi su una navicella, tornò subito indietro per il mal di mare e decise di nascondersi in un podere di sua proprietà, situato nei pressi della città italica di Gaeta, luoghi questi, che io ho visitato per conoscere più da vicino la triste vicenda. Poiché Antonio e i suoi lo ricercavano con particolare accanimento, ben presto gli sgherri furono sulle sue tracce. L’oratore in quel momento stava ripo­sando; alcuni corvi, allora, entrarono nella sua stanza, lo destarono con il loro gracchiare e gli tiraron via le coperte. Gli schiavi compresero che si trattava di un segno divino e si affrettarono a ricondurlo in lettiga verso il mare, percorrendo una fitta boscaglia. Mossa a pietà e desiderosa di aiutarlo, la gente del luogo rispondeva ai soldati che chiedevano notizie di Cicerone che l’oratore si era ormai imbarcato; soltanto un ciabattino, cliente di Clodio – uno dei suoi più acerrimi nemici – indicò il sentiero al centurione Lenate e ai pochi soldati che lo scortavano. Giunto di corsa sul posto, il centurione si rese conto che gli schiavi di Cicerone erano più numerosi dei suoi soldati e pronti a difendere il padrone. Decise, allora, di ricorrere a uno stratagemma e si mise a gridare: «Qui, centurioni della retroguardia!», seminando il panico fra gli schiavi di Cicerone, convinti che stessero per sopraggiungere numerosi rinforzi. Lenate poté, quindi, giustiziare l’oratore, nonostante un tempo, grazie a lui, avesse vinto una causa.” 


Appiano, Storie di proscritti, 19-20, a cura di M.L. Amerio, Sellerio, Palermo 1990.

Ritorno di Cicerone dall’esilio in un affresco del XV secolo.


  • Che cosa significa che Cicerone “venne proscritto”?
  • Che funzione avevano i corvi inseriti nel racconto dell’uccisione di Cicerone?
  • Chi era Lenate? Quale rapporto aveva con Cicerone?

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La repressione degli oppositori

Alla veste legale conferita al triumvirato dal plebiscito faceva in realtà riscontro un potere illimitato che, come nel caso della dittatura di Cesare, non era sottoposto al controllo delle altre istituzioni repubblicane.
Per questo motivo, molti sostenitori dei cesaricidi preferirono fuggire, per unirsi alle forze che Bruto e Cassio avevano raccolto in Grecia. I triumviri crearono infatti liste di proscrizione contro gli oppositori, fra i quali rientravano anche personalità autorevoli come Cicerone, la cui colpa principale, più che il sostegno ai cesaridici, era stata la strenua denuncia dell’ambizione e degli abusi di potere di Antonio; alla fine del 43 a.C., quest’ultimo lo fece uccidere dalle sue milizie ( LABORATORIO DELLE FONTI).
Come era avvenuto anche ai tempi di Silla, la strage degli oppositori fruttava ai suoi autori ingenti entrate economiche: grazie alla confisca dei beni dei proscritti, i triumviri raccolsero infatti le risorse necessarie per allestire l’esercito con cui combattere Bruto e Cassio. Delle confische approfittarono anche altri personaggi privi di scrupoli, che speculando sulle vendite dei beni requisiti accumularono vasti patrimoni, utilizzati in seguito per accelerare la propria carriera politica.
La repressione degli oppositori influì sugli equilibri politici dello Stato, determinando un vasto ricambio della classe dirigente. I senatori, i titolari delle magistrature e i comandanti dell’esercito, provenienti da una nobiltà romana ormai decimata dalle proscrizioni e dalla fuga di molti cesaricidi in Grecia, furono infatti in gran parte sostituiti da nuovi individui originari della penisola Italica e delle province.

La vittoria e la spartizione delle province

Forti di un vasto sostegno politico e della potenza del loro esercito, nel 42 a.C. i triumviri attaccarono e sconfissero i cesaricidi a Filippi (sulle coste settentrionali della Grecia). Molti di quelli che erano sfuggiti alle proscrizioni furono uccisi e gli stessi Bruto e Cassio si tolsero la vita.
La Grecia e le regioni orientali furono di nuovo riportate sotto il controllo di Roma; i vincitori poterono quindi procedere alla spartizione delle province sulle quali esercitare la loro autorità, in un equilibrio di potere che sarebbe stato fondamentale per le vicende successive. 

  • Ottaviano ottenne il comando dell’Italia e delle province occidentali (molto vaste e sottoposte a un rigido controllo militare), che gli conferivano un prestigio superiore a quello dei colleghi e la possibilità di influenzare direttamente la plebe e il senato romano.
  • Ad Antonio fu affidato il governo delle province orientali (fino alla Cirenaica, la regione più orientale dell’odierna Libia), molto ambite per le loro ricchezze e per le possibilità di espansione territoriale nei vicini regni asiatici.
  • Lepido fu nominato governatore delle province centrali dell’Africa settentrionale, poco estese e meno ricche di quelle assegnate ai colleghi, ma comunque importanti per il controllo delle rotte marittime nel Mediterraneo. 

Ottaviano, apparentemente favorito nella spartizione, dovette in realtà affrontare la ribellione degli Italici, che si opposero all’assegnazione delle loro terre ai veterani dell’esercito, voluta da Ottaviano per ricompensare le sue truppe delle guerre contro i cesaricidi.

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Verso la fine del triumvirato

Per recuperare forza e consenso, Ottaviano promosse allora una campagna militare contro Sesto Pompeo, figlio di Gneo Pompeo Magno e ultimo sopravvissuto tra i sostenitori dei cesaricidi. Egli si era nel frattempo impadronito della Corsica, della Sardegna, della Sicilia e del Peloponneso, dalle cui coste organizzava incursioni piratesche che colpivano i traffici marittimi romani. La guerra fu vinta solo nel 36 a.C. grazie all’aiuto delle truppe di Lepido. La sconfitta di Sesto Pompeo, con la quale era ristabilita la sicurezza dei traffici marittimi e veniva eliminato un pericoloso avversario dello Stato romano, conferì a Ottaviano grande prestigio presso la classe dirigente romana.
L’accordo fra i triumviri, che si era fin qui retto su equilibri fragili, costantemente minacciati dal desiderio di potere di ciascuno dei tre comandanti, a questo punto venne meno. Ormai padrone incontrastato delle regioni occidentali, Ottaviano decise infatti di rivolgere le proprie mire espansionistiche verso l’Oriente dominato da Antonio. Dopo decenni di conflitti civili, però, a Roma il consenso verso l’idea di una nuova guerra era minimo. Per ottenerlo, Ottaviano si pose allora l’obiettivo di screditare la figura di Antonio, diffondendo informazioni negative sul suo comportamento e descrivendolo come un sovrano di tipo orientale, potenziale nemico dello Stato romano.
La propaganda di Ottaviano non era del tutto priva di fondamento. Antonio gestiva le province orientali quasi come fossero un proprio possedimento, e la relazione sentimentale che aveva intrecciato con la regina d’Egitto, Cleopatra, aveva profondamente influenzato le sue abitudini di vita.
Pur essendo governato da una monarchia indipendente, già sotto Cesare il regno egizio era entrato nella sfera di influenza romana. Nel 41 a.C. Antonio strinse inusuali accordi diplomatici con Cleopatra: l’Egitto divenne uno Stato cliente dei Romani, ma in cambio ottenne numerosi vantaggi commerciali e il controllo della Fenicia, di Cipro e di parte dell’Anatolia meridionale. Negli anni successivi, inoltre, Antonio condusse numerose guerre in Oriente, conquistando vaste aree nei territori dei Parti, dei Medi e in Armenia, ceduti a Cleopatra nel 34 a.C. Ottaviano ebbe dunque buon gioco nel diffondere l’idea che Antonio, influenzato da Cleopatra – descritta come una donna avida di potere –, intendesse creare un grande regno indipendente in Oriente, con lo scopo di rivolgere poi le sue forze contro l’Italia.
Al discredito di Antonio faceva da contraltare il sempre maggiore ascendente di Ottaviano, accresciuto tra l’altro da una nuova impresa militare, la vittoria contro i pirati della Dalmazia che da tempo danneggiavano i traffici commerciali romani nell’Adriatico. Inoltre, Ottaviano convinse Lepido a cedergli il controllo dei suoi territori, in cambio della carica di pontefice massimo, molto prestigiosa ma priva di qualsiasi autorità in campo politico.

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DOSSIER TECNOLOGIA  Nunc est bibendum: la propaganda di Ottaviano contro Antonio
Statua calcarea dei gemelli di Cleopatra e Marco Antonio.
Oltre a questi due gemelli, un maschio (qui riconoscibile dalla treccia che portavano i bambini egizi)
e una femmina, Cleopatra ebbe da Antonio anche un altro maschio.
I discendenti maschi vennero probabilmente eliminati per non dare adito a rivendicazioni politiche.

Ottaviano dedicò notevoli sforzi, attraverso un’intensa opera di propaganda, per ottenere un vasto consenso tra la popolazione.
Uno dei veicoli di questa propaganda fu rappresentato dalle opere letterarie commissionate ai poeti e agli intellettuali del tempo. Roma veniva descritta come l’erede della cultura greca, mentre i popoli orientali erano considerati barbari da combattere in una missione civilizzatrice. In questa temperie culturale, Antonio e Cleopatra, dipinti come nemici pubblici di Roma, divennero un bersaglio perfetto della propaganda di Ottaviano.
A Roma, il loro suicidio fu salutato come una liberazione. Se ne trova una testimonianza in un componimento del poeta latino Quinto Orazio Flacco, che in un famoso incipit di una delle sue Odi scrisse Nunc est bibendum, “Ora bisogna brindare”, proprio in riferimento alla notizia della morte di Antonio e Cleopatra. Il verso era una citazione dotta di un componimento del poe­ta lirico greco Alceo di Mitilene, vissuto tra il VII e il VI secolo a.C., che aveva utilizzato le stesse parole per festeggiare la morte del tiranno Mirsilo.
A dimostrazione dell’immagine negativa associata ai due amanti, il componimento di Orazio prosegue con questi versi:
«Ora bisogna brindare e con il piede battere la terra in libertà, ora; era già tempo, amici, di ornare il convito sacro degli dei con vivande dei sacerdoti Salii. Era sacrilegio, prima d’ora, trarre dalle cantine degli avi il vino pregiato che era stato riposto, mentre la regina preparava folli rovine per il Campidoglio e morte all’impero, lei, con il suo gregge immondo di uomini turpi, sfrenata nelle sue speranze, ubriacata dalla sua dolce fortuna».
(Quinto Orazio Flacco, Odi, I, 37, 1-12)

La vittoria di Ottaviano

Antonio era ormai l’unico ostacolo che impediva a Ottaviano di dominare incontrastato sullo Stato romano e su tutte le sue province. Sfruttando dunque l’abile propaganda politica, che si avvaleva anche delle opere di illustri poeti, come Orazio ( DOSSIER), Ottaviano riuscì a far passare in senato l’idea che la guerra contro il suo avversario fosse necessaria per combattere i corrotti costumi orientali, ben rappresentati dalla figura di Cleopatra, e per salvaguardare i valori tradizionali dei Romani, di cui egli stesso si ergeva a campione e difensore.
Molti senatori contrari a un nuovo conflitto civile furono costretti a fuggire a causa delle minacce ricevute da Ottaviano. Nel 32 a.C., quindi, costui ottenne da un senato ormai completamente asservito alla sua volontà l’autorizzazione a condurre una nuova guerra contro Antonio. Ottaviano ottenne anche il sostegno degli Italici, che dalla nuova campagna militare contavano di ricavare grandi vantaggi economici.
L’Egitto rappresentava infatti una delle regioni più ricche di grano, mentre la sottomissione delle province orientali avrebbe assicurato l’afflusso di nuovi tributi utili a garantire l’esenzione dalle tasse di cui godeva chi possedeva la cittadinanza romana. La conquista dell’Oriente, infine, avrebbe permesso lo sviluppo dei traffici commerciali, in cui i cittadini italici avevano investito grandi fortune. Dietro la motivazione ufficiale di difendere lo Stato romano dalla minaccia di un pericoloso despota orientale, quindi, la guerra contro Antonio nascondeva altre ragioni, prima fra tutte l’esigenza di difendere gli interessi economici dell’Italia.
Il conflitto durò solo pochi mesi: nel 31 a.C. Ottaviano sconfisse i nemici nella battaglia navale di Azio, sulla costa occidentale della Grecia, e li inseguì fino in Egitto, che venne conquistato nel 30 a.C. divenendo una provincia romana ( CARTA). Il suicidio di Antonio e Cleopatra sancì la fine del regno dei Tolomei, l’ultimo degli Stati che si erano formati in seguito alla spartizione dell’impero alessandrino. La battaglia di Azio segnò inoltre la fine dell’età ellenistica, iniziata nel 323 a.C. con la morte di Alessandro Magno.
Uscito di scena Lepido ed eliminato Antonio, Ottaviano rimase padrone incontrastato di tutte le terre che si affacciavano sul mar Mediterraneo e protagonista assoluto dei destini dello Stato, che egli avrebbe radicalmente riformato dando avvio a una fase nuova della storia di Roma.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quali personaggi si imposero sulla scena politica dopo la morte di Cesare?
  • Quali avvenimenti favorirono l’ascesa di Ottaviano?
  • Quali accordi furono stabiliti nell’ambito del secondo triumvirato?
  • Sulla base di quali motivazioni Ottaviano mosse guerra ad Antonio? Quale fu l’esito dello scontro?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
Il nuovo Storia&Geo - volume 1
Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana