4.5 LA FINE DELLA REPUBBLICA

IL RACCONTO DELLA STORIA

La dittatura di Cesare

I concetti chiave

  • La dittatura a tempo indeterminato di Cesare
  • La repubblica sopravvive solo formalmente
  • Il secondo triumvirato

Sconfitti Pompeo e i suoi seguaci, Cesare si impegnò nella riorganizzazione amministrativa dello Stato e nel rinnovamento delle istituzioni. Per operare questi cambiamenti, però, aveva bisogno di eliminare ogni ostacolo alla sua azione riformatrice. Egli riuscì in effetti a dare alla sua autorità il carattere di un potere assoluto, cioè svincolato da ogni limitazione da parte degli altri organi della repubblica.
Si trattava di una grave frattura con le consuetudini politiche tradizionali, basate sull’attenta compensazione tra poteri diversi, in grado di bilanciarsi reciprocamente per prevenire i rischi di un’involuzione monarchica.

I poteri illimitati di Cesare 

La formula giuridica utilizzata da Cesare per imporsi alla guida dello Stato romano fu la dittatura, magistratura che egli stesso aveva ricoperto più volte durante la campagna militare in Gallia con il pretesto di non poter interrompere la difficile conquista territoriale di una regione strategica per Roma.
Sebbene la reiterazione della dittatura fosse in contrasto con le norme repubblicane, che prevedevano un mandato temporaneo di pochi mesi, Cesare si richiamò al precedente di Silla e nel 45 a.C. si fece nominare dittatore a tempo indeterminato, con lo scopo dichiarato di restituire stabilità allo Stato ( FOCUS).
Apparentemente, la sua azione politica non forniva appigli a chi lo accusava di voler abbattere le istituzioni repubblicane: egli, infatti, si dichiarava rispettoso dell’autorità del senato e non abolì le magistrature tradizionali. Con la proclamazione della dittatura a vita, tuttavia, Giulio Cesare ottenne poteri illimitati: la repubblica, formalmente ancora esistente, era di fatto terminata. Anche se il senato continuava a riunirsi, Cesare sceglieva personalmente i magistrati e prendeva le decisioni politiche più rilevanti. Per controllare meglio l’attività della più importante assemblea politica di Roma, inoltre, egli nominò senatori molti nobili a lui fedeli provenienti dalle province.

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FOCUS • LE PAROLE NEL TEMPO
DITTATURA E CESARISMO

L’accezione negativa che il termine “dittatura” ha assunto nel mondo moderno deriva direttamente dall’esperienza politica di Giulio Cesare. Prima di lui la dittatura era una magistratura romana prevista e disciplinata dall’ordinamento. Sebbene fosse per natura straordinaria e conferisse ampi poteri a chi la ricopriva, essa era soggetta a una limitazione fondamentale: la temporaneità della sua durata.
Con Cesare questo limite venne meno. A questa mancanza di limiti fa appunto riferimento l’accezione odierna di dittatura, con cui si indica una forma autoritaria e totalitaria di governo, in genere imposta con la forza e in cui ogni potere è accentrato nelle mani di un individuo o di un gruppo ristretto di persone, senza il controllo di altri organi politici. La dittatura è la negazione della democrazia, della quale rifiuta le caratteristiche principali: il pluralismo politico e la libertà di opinione e di stampa.
Da Giulio Cesare deriva anche il termine “cesarismo”, utilizzato da diversi intellettuali, tra Otto e Novecento, per descrivere regimi politici caratterizzati dal rapporto diretto tra leader e popolo. Nell’analisi del sociologo tedesco Max Weber (1864-1920), per esempio, il cesarismo si lega alla teoria del capo carismatico, figura capace di raccogliere il consenso senza alcuna sanzione legale e di imporsi in virtù del proprio ascendente personale.
Anche Antonio Gramsci (1891-1937) si è soffermato sul concetto, applicato all’esperienza di Napoleone Bonaparte ma anche all’Italia di inizio Novecento. Il fascismo italiano è in effetti un esempio di cesarismo moderno, basato non solo sulla repressione degli oppositori, ma anche sulla ricerca del consenso ottenuta con una propaganda politica capace di esaltare – anche attraverso l’impiego dei nuovi mezzi di comunicazione, come la radio e il cinema – i caratteri carismatici del dittatore.

Il consenso della popolazione

Grazie alla sua abilità politica e a un’efficace azione di propaganda, in poco tempo Cesare riuscì a ottenere l’appoggio della maggioranza dei Romani. Il suo consenso crebbe enormemente grazie a riforme pensate appositamente per soddisfare gli interessi delle diverse componenti sociali della popolazione romana e a provvedimenti volti a creare un clima di pacificazione con i suoi avversari politici. 

  • Il dittatore si mostrò clemente con i pompeiani, riuscendo a porre fine ai conflitti che avevano insanguinato lo Stato durante la guerra civile: grazie a un’amnistia, i nemici sopravvissuti poterono tornare liberamente in patria; tra i personaggi che beneficiarono della sua clemenza vi fu anche Cicerone, che era stato sostenitore di Pompeo.
  • Per ottenere il consenso della plebe di Roma abolì i debiti, abbassò il costo degli affitti delle case e dei terreni e organizzò grandi lavori pubblici per fornire occupazione ai proletari. Mentre le elargizioni saltuarie di grano assicuravano un sollievo solo temporaneo all’indigenza degli strati più poveri, gli interventi di Cesare ebbero un carattere strutturale e portarono a un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.
  • Con la riforma militare raddoppiò la paga dei soldati e distribuì ai veterani dell’esercito le terre di nuove colonie appositamente fondate, evitando così di confiscare i terreni agli aristocratici (a dimostrazione della sua capacità di accontentare più ceti sociali contemporaneamente). L’assegnazione di queste terre non solo assicurava una vecchiaia dignitosa ai legionari, ma garantiva anche, attraverso la presenza dei veterani, un controllo più capillare dei territori di recente acquisizione.
  • Estese la cittadinanza agli abitanti della Gallia cisalpina che, grazie alla fertilità della pianura Padana e all’assenza dei latifondi, raggiunse una notevole prosperità e ottenne un ruolo sempre più importante nell’ambito dei possedimenti territoriali di Roma. Con questa legge Cesare si guadagnò la fedeltà di popolazioni che per secoli si erano dimostrate insofferenti al dominio romano e assicurò allo Stato le disponibilità finanziarie di una nuova classe dirigente ricca e dinamica.
  • Aumentò infine il numero dei membri del senato, inserendovi esponenti della nobiltà italica e dell’ordine equestre. Così facendo, egli rese più sicuro il suo controllo sulle attività dei senatori e allo stesso tempo allargò il suo consenso in strati sempre più vasti della società romana.

La riforma del calendario

Oltre al rinnovamento delle istituzioni e agli interventi di carattere sociale, Cesare promosse una riforma del calendario. Nel 46 a.C. affidò a un gruppo di astronomi il compito di modificare il sistema di calcolo del tempo allora in uso, basato sui cicli lunari.
Il calendario utilizzato fino ad allora prevedeva un anno di 355 giorni e non garantiva dunque una perfetta coincidenza con la durata effettiva dell’anno solare.
A partire dal 45 a.C. ogni anno fu invece suddiviso in 365 giorni e 6 ore; ogni quattro anni, nell’anno bisestile ( FOCUS), queste ultime formavano un giorno supplementare, che i Romani aggiungevano all’ultimo mese del loro calendario, febbraio (l’anno aveva infatti inizio con il mese di marzo).
Cesare cambiò anche il nome del quinto mese dell’antico calendario, Quintilis, in Iulius (da cui deriva l’italiano “luglio”), per celebrare il nome della sua gens (Iulia).

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FOCUS • IERIOGGI
IL CALENDARIO E GLI ANNI BISESTILI

Il calcolo dei mesi dell’anno oggi impiegato nel mondo occidentale deriva direttamente dal calendario elaborato sotto Giulio Cesare, e che da lui prende nome: il calendario giuliano.
Esso subì soltanto una lieve correzione nel XVI secolo a opera di papa Gregorio XIII. Il calendario gregoriano – questo il nome con cui viene identificato – è oggi diffuso in gran parte del mondo, tra cui l’Europa e le Americhe, mentre il calendario giuliano è utilizzato nei Paesi in cui prevale la religione cristiana ortodossa. Per questo motivo il calendario russo è sfasato di 13 giorni rispetto a quello usato in Europa occidentale (il Natale, per esempio, si celebra il 7 gennaio e non il 25 dicembre).
Il termine “bisestile”, che indica gli anni formati da 366 giorni anziché 365, deriva dal latino bis sextus, “due volte sesto”. Diversamente che nel calendario odierno, in cui il giorno supplementare è inserito ogni quattro anni alla fine di febbraio, nel calendario romano questo giorno cadeva infatti tra il 23 e il 24 febbraio; poiché il 23 febbraio era il sesto giorno prima delle calende di marzo, il giorno aggiuntivo era chiamato appunto “bis sesto”. 

L’assassinio di Cesare

Le riforme promosse da Cesare avevano comportato vantaggi per tutte le classi sociali, ma avevano scontentato i senatori, che mal sopportavano l’ingresso in senato di esponenti dell’ordine equestre, di estrazione non aristocratica.
Con il passare del tempo, inoltre, la dittatura di Cesare stava perdendo la sua apparenza di restaurazione delle istituzioni repubblicane e diveniva sempre più simile a una monarchia, in cui il potere era concentrato nelle mani di una sola persona che soffocava qualsiasi opposizione politica ed eludeva i contrappesi istituzionali – che evitavano appunto il rischio di derive monarchiche – tipici del sistema repubblicano di Roma.
Anche i comportamenti pubblici di Cesare, oltre che le sue politiche e le sue riforme di tipo istituzionale, davano adito a queste preoccupazioni. Nelle sue uscite ufficiali egli amava presentarsi con sfarzo e magnificenza, imitando i sovrani orientali e facendosi dunque venerare come una divinità dalla popolazione. Nel 44 a.C. il console Marco Antonio, suo fedele collaboratore, offrì pubblicamente a Cesare la corona di re: egli rifiutò, per dimostrare che non aveva alcuna intenzione di abbattere le tradizionali istituzioni dello Stato romano. Per i suoi oppositori si trattò chiaramente di una messinscena: Cesare era già di fatto un monarca e con questo atto intendeva soltanto mantenere il consenso della classe dirigente romana, spacciandosi per un difensore della legalità repubblicana.
In questo contesto, l’opposizione senatoria decise allora di passare all’azione, organizzando una congiura a cui, insieme a Cassio, partecipò anche il figlio adottivo di Cesare, Marco Giunio Bruto (a lui Cesare avrebbe rivolto un’altra delle sue frasi rimaste celebri: Tu quoque, Brute, fili mi?, “Anche tu, Bruto, figlio mio?”). Alle idi di marzo (il 15 marzo) del 44 a.C. Cesare fu ucciso dalle pugnalate dei suoi avversari mentre entrava nel senato e cadde ai piedi della statua del suo nemico Pompeo. 

GUIDA ALLO STUDIO

  • In che senso Cesare assunse un potere assoluto?
  • Quali riforme istituzionali furono promosse da Giulio Cesare?
  • Quali provvedimenti sociali adottò? A quale scopo?
  • Da chi fu ordito il suo assassinio? Per quali motivi?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
Il nuovo Storia&Geo - volume 1
Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana