Il primo triumvirato

4.4 LE GUERRE CIVILI

Il primo triumvirato

Alla metà del I secolo a.C., mentre il senato si indeboliva sempre più e il potere era di fatto nelle mani dei comandanti dell’esercito, accanto alle figure di Pompeo e Crasso emerse quella di Caio Giulio Cesare.
Discendente da una prestigiosa famiglia nobile decaduta, la gens Iulia, ed esponente dei popolari, Cesare fu protagonista di una rapida carriera politica grazie al sostegno economico di Crasso e dell’ordine equestre.

La congiura di Catilina

Il contesto in cui Cesare avrebbe preso il potere era segnato dalla debolezza dell’ordinamento repubblicano. Un chiaro esempio della crisi istituzionale fu il tentativo di colpo di Stato organizzato nel 63 a.C. da un nobile romano, Lucio Sergio Catilina, uno degli uomini mossi dall’ambizione e pronti a impadronirsi del potere con le armi emersi sulla scena politica in questo periodo. Nel 65 a.C. egli aveva tentato di farsi eleggere console con l’appoggio delle classi popolari, proponendo la cancellazione dei debiti dei nullatenenti e una distribuzione delle terre dei latifondi. Essendo però stato sconfitto nelle elezioni, egli organizzò una congiura contro il senato, per impadronirsi del potere con la forza ( LABORATORIO DELLE FONTI). Con l’appoggio di altri nobili romani della fazione dei popolari, Catilina allestì un esercito personale, in cui arruolò numerosi contadini e nullatenenti dell’Italia centrosettentrionale. Le sue trame furono però scoperte da Marco Tullio Cicerone, eletto console nel 63 a.C.
Già noto per la sua attività di avvocato, durante la quale non aveva risparmiato la denuncia della corruzione di parte della classe aristocratica, Cicerone era un uomo di cultura ed era dotato di grande abilità oratoria. Membro di un’agiata famiglia dell’ordine equestre – e dunque homo novus nel senato –, egli si fece mediatore tra ottimati e popolari, nel tentativo di salvare la repubblica con un patto tra i ceti sociali che ne esprimevano la classe dirigente, e che potevano garantire la conservazione dell’ordinamento istituzionale esistente. Denunciate le trame di Catilina in senato (dove pronunciò la celebre frase Quo usque tandem, Catilina, abutere patientia nostra?, “Fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?”), Cicerone neutralizzò il tentativo di colpo di Stato e fece uccidere i congiurati.
I rischi per la repubblica erano stati temporaneamente sventati, ma il senato aveva ormai perso autorità e lo Stato era sempre più in balìa di uomini politici spregiudicati, che potevano contare sul sostegno delle proprie legioni e sul seguito delle masse dei proletari.

Laboratorio DELLE FONTI I TESTI

I sostenitori di Catilina

Lo storico latino Sallustio, contemporaneo dei fatti, dà una descrizione del contesto sociale in cui avvenne la congiura di Catilina.

E non soltanto i complici della congiura ebbero la mente tanto sconvolta, ma tutta la plebaglia in massa, avida di pubblici rivolgimenti, favoriva l’iniziativa di Catilina. In questo, appunto, pareva conformarsi al suo costume. In uno Stato, infatti, coloro che nulla possiedono guardano sempre con invidia i facoltosi, esaltano i malvagi, odiano l’antico, aspirano al nuovo; per insofferenza della propria condizione desiderano vivamente sovvertire ogni cosa, si nutrono senza discernimento di torbidi e di sedizioni, poiché la povertà si può facilmente conservare senza pericolo. Ma la plebe romana, in verità, correva al precipizio per molti motivi. Anzitutto, erano confluiti a Roma […] coloro che ovunque eccellevano in corruzione e sfrontatezza, e con essi altri impudenti dissipatori del loro patrimonio, e infine tutti quelli che l’infamia o il delitto avevano scacciato dalla loro patria. In secondo luogo molti, memori della vittoria di Silla, vedendo che da semplici soldati alcuni erano diventati senatori e altri si erano tanto arricchiti da condurre una vita principesca, speravano, ciascuno per sé, di trarre simili benefici dalla vittoria, qualora avessero imbracciato le armi. Inoltre la gioventù, che nelle campagne aveva trascinato una vita di miserie con il lavoro delle braccia, allettata dalle largizioni pubbliche e private, aveva preferito all’ingrata fatica l’ozio cittadino. […] Per di più, coloro che alla vittoria di Silla avevano avuto proscritti i parenti, confiscati i beni, diminuito il diritto di libertà non certamente con diverso animo attendevano la conclusione della lotta.” 


Caio Sallustio Crispo, Bellum Catilinae, 37.

Ritratto di Sallustio.


  • Perché, secondo Sallustio, i poveri vedono di buon occhio l’impresa di Catilina?
  • Che cosa era successo a Roma dopo l’affermazione di Silla?

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L’accordo fra i triumviri

Nel 62 a.C., al ritorno dalla sua vittoriosa campagna in Oriente contro Mitridate, Pompeo avrebbe potuto imporre la propria autorità con la forza dell’esercito. Egli lanciò invece un segnale distensivo al senato: obbedendo al divieto di entrare sul suolo italico con le truppe armate, stabilito a suo tempo da Silla, sciolse subito il suo esercito, chiedendo in cambio l’assegnazione di nuove terre per i veterani. Il senato, però, rifiutò, temendo che questa concessione avrebbe aumentato la fedeltà dei legionari a Pompeo, con il rischio che egli li impiegasse per prendere il potere. Nel 60 a.C. Pompeo cercò dunque il sostegno di altri alleati per ottenere soddisfazione alle proprie richieste.
Sulla base di queste premesse, i tre personaggi politici più influenti del momento, e cioè Pompeo (sostenuto dai suoi soldati), Crasso (appoggiato dall’ordine equestre) e Cesare (a capo dei popolari) stipularono un accordo per spartirsi il potere, dando vita al cosiddetto triumvirato (da tres, “tre”, e viri, “uomini”). Esautorando il senato, essi assumevano di fatto la guida dello Stato. Il triumvirato non era però una vera e propria magistratura: a differenza dei consoli, i triumviri non erano stati nominati dai comizi, ma si erano imposti con un’iniziativa personale, sulla base di accordi privati non previsti dalle leggi repubblicane e fondati unicamente sul loro potere militare e sul loro prestigio politico. Il loro ruolo non aveva limiti temporali e ogni loro atto era assolutamente libero da qualsiasi controllo da parte del senato.
La collegialità – tipica delle magistrature romane – forniva al triumvirato soltanto una parvenza di legittimità, ma in realtà assicurava la convergenza degli interessi delle diverse forze sociali in esso rappresentate. Privo di ogni fondamento costituzionale, il triumvirato rappresentò di fatto la fine dello Stato repubblicano.
Stretto il patto, i triumviri si impegnarono nell’attuazione dei loro programmi e nella soddisfazione degli interessi dei gruppi sociali che li avevano appoggiati:

  • Pompeo ottenne la distribuzione delle terre ai suoi veterani, precedentemente rifiutata dal senato, e il comando della Spagna (55 a.C.);
  •  A Crasso fu affidata la Siria, mentre gli appalti per la riscossione dei tributi in Asia minore furono assegnati ai pubblicani dell’ordine equestre, suoi sostenitori politici;
  • Cesare fu eletto console nel 59 a.C. e ottenne il comando dell’Illiria e delle province galliche. Egli riuscì anche a ottenere che Cicerone, il principale e più autorevole avversario del triumvirato, fosse mandato in esilio.

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Le conquiste di Cesare in Gallia

Il comando di Cesare in Gallia fu la premessa dell’espansione militare romana degli anni successivi e, per il triumviro, il primo passo per la conquista dei pieni poteri nello Stato. Tra il 58 e il 52 a.C. Cesare condusse a termine la conquista della Gallia transalpina (ossia “al di là delle Alpi” e dunque distinta dalla provincia della Gallia cisalpina, estesa nella pianura Padana). Cesare conquistò in pochi anni la maggior parte dei territori occupati dalle tribù di origine celtica ( CARTA).
Nel 58 a.C., nella battaglia di Bibratte, sconfisse gli Elvezi, che, premuti da altri popoli germanici alle loro spalle, avevano abbandonato il loro territorio (coincidente con l’attuale Svizzera) arrivando a minacciare i confini romani. Nell’ottica di spingerli stabilmente oltre il Reno, egli affrontò poi i Germani di Ariovisto, battendoli nella pianura Alsaziana. Cesare si spinse fino alle coste meridionali della Britannia (l’attuale Inghilterra), che raggiunse nel 55 a.C., senza però riuscire a stabilirvi un vero controllo territoriale. Pochi anni dopo, tuttavia, Cesare dovette affrontare una rivolta che vide alleata gran parte delle tribù nemiche. Nella sanguinosa guerra che seguì (e di cui egli stesso lasciò un resoconto, il De bello Gallico) Cesare superò la strenua resistenza dei Galli Arverni (popolo della Gallia celtica nella regione dell’odierna Alvernia), guidati dal loro valoroso re Vercingetorige. Essi furono sconfitti e sottomessi solo in seguito all’assedio e alla conquista della città di Alesia, nel 52 a.C. ( LABORATORIO DELLE FONTI, p. 332).
Dopo la vittoria, Cesare promosse un’intensa e spietata romanizzazione della Gallia, che implicò lo sterminio e la riduzione in schiavitù di molte popolazioni transalpine.

La guerra civile tra Cesare e Pompeo

Nel 53 a.C., intanto, Crasso era stato ucciso dai Parti nella battaglia di Carre: a spartirsi il potere restavano solo Cesare e Pompeo. Il senato, temendo che l’eccessivo potere acquisito da Cesare in Gallia potesse minacciare le istituzioni repubblicane, appoggiò Pompeo, nominandolo console unico e affidandogli la custodia dello Stato.
Nel 49 a.C., dopo che Cesare aveva terminato la riorganizzazione amministrativa della nuova provincia gallica, il senato gli impose di sciogliere il suo esercito, minacciando di dichiararlo nemico pubblico in caso di rifiuto.
Per tutta risposta, Cesare scese in Italia alla guida delle sue legioni e la notte del 10 gennaio varcò il pomerium stabilito da Silla presso il Rubicone, cioè il confine tra l’Italia romana e la provincia della Gallia cisalpina. Fu in quest’occasione che egli pronunciò la celebre frase Alea iacta est, “Il dado è tratto”: con questo atto, infatti, Cesare si poneva consapevolmente in aperto contrasto con il senato e con le leggi dell’ordinamento repubblicano. Il fatto di violare apertamente la legge che proibiva l’ingresso armato all’interno dei confini dell’Italia diede di fatto il via a una nuova guerra civile, che contrappose i seguaci di Cesare e di Pompeo. L’avanzata dei cesariani, che potevano contare su un esercito ben addestrato e rafforzato dai contingenti arruolati nei territori della Gallia, fu inarrestabile e costrinse Pompeo alla fuga.
Preso il potere a Roma, Cesare si occupò dapprima di combattere i pompeiani stabilitisi in Spagna; poi inseguì il rivale, fuggito in Grecia, e vinse le sue truppe nella battaglia di Farsalo (48 a.C.), in Tessaglia. Pompeo cercò allora rifugio presso il re dell’Egitto Tolomeo XIII; questi, però, lo uccise, sperando così di ingraziarsi i favori di Cesare che, con la sua flotta, era ormai padrone incontrastato del Mediterraneo. Al suo arrivo in Egitto, tuttavia, dato che nessun cittadino romano doveva essere ucciso senza il suo consenso, Giulio Cesare destituì Tolomeo dal trono e lo affidò alla sorella, Cleo­patra, di cui si era innamorato. Anche questa regione, ricca di cereali, entrò così stabilmente nella sfera di influenza romana.
Subito dopo Cesare guidò le legioni contro il re del Ponto, Farnace, figlio di Mitridate, che aveva approfittato della guerra civile romana per estendere i propri domini sulle coste del mar Nero. Cesare si impose nella battaglia di Zela (47 a.C.), rafforzando il dominio di Roma anche sull’Asia minore. Gli ultimi seguaci di Pompeo furono infine decimati a Tapso, in Africa, nel 46 a.C., e a Munda, in Spagna, nel 45 a.C.
Le guerre civili tra cesariani e pompeiani avevano quindi coinvolto tutte le terre che si affacciavano sul Mediterraneo. Alla fine del conflitto, Cesare restava padrone unico di un vastissimo impero e, in patria, poteva portare a compimento il suo progetto di imporsi a capo dello Stato romano.

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Laboratorio DELLE FONTI I TESTI

La fame e l’orrore degli assediati di Alesia

In questo brano, tratto dal De bello Gallico (La guerra gallica), Cesare riporta il macabro discorso con cui uno dei capi degli Arverni esortò i cittadini e i guerrieri di Alesia a resistere all’assedio romano. È probabile che l’episodio sia stato inventato da Cesare per giustificare la conquista della Gallia, ammantandola di una missione civilizzatrice di popoli barbari e disumani. 

Coloro che erano assediati ad Alesia, passato il giorno in cui aspettavano gli aiuti dei loro alleati, consumato tutto il frumento, non sapendo che cosa avvenisse presso gli Edui, riunito il consiglio si consultavano sul modo di uscire dalla situazione in cui si trovavano. Dopo che furono manifestate varie opinioni, delle quali una parte sosteneva la resa, una parte di fare una sortita finché le forze lo consentivano, parlò Critognato […]: «Dunque, qual è il mio consiglio? Di fare quel che i nostri avi fecero nella guerra, certo non pari a questa, contro i Cimbri e i Teutoni; essi, respinti nelle città e costretti da simile penuria si sostentarono cibandosi dei corpi di coloro che per l’età non apparivano atti alla guerra, e non si arresero ai nemici. E se non avessimo un esempio di tale pratica, comunque giudicherei bellissimo che per la libertà fosse introdotta e trasmessa ai posteri. Infatti che cosa ebbe quella guerra di simile a questa? Devastata la Gallia e portata grande rovina, i Cimbri alla fine se ne andarono dal nostro paese e si diressero verso altre terre; ci lasciarono il nostro diritto, le nostre leggi, i campi e la libertà. Ma i Romani che altro cercano e vogliono se non, spinti dall’invidia, di insediarsi nei campi e nelle città di coloro, che per fama conobbero gloriosi e potenti in guerra, e sottometterli a perpetua schiavitù? Poiché non hanno combattuto guerre per alcun altro motivo. Che, se ignorate ciò che accade ai popoli lontani, guardate la Gallia confinante, che, ridotta a provincia, mutato il diritto e le leggi, soggetta alle scuri, è oppressa da perpetua schiavitù».” 


Caio Giulio Cesare, La guerra gallica, VII, 77, 1-16,
trad. di A. Pennacini, Einaudi-Gallimard, Torino 1993.

Giulio Cesare.


  • In quale situazione di difficoltà si trovavano gli abitanti di Alesia? 
  • Quale soluzione viene proposta da Critognato? 
  • Come vengono presentati i Romani nel suo discorso?

GUIDA ALLO STUDIO

  • In che cosa consistette la congiura di Catilina?
    Chi ne denunciò il pericolo?
  • Chi era Cicerone? Qual era il suo programma politico? 
  • Qual era la natura istituzionale del triumvirato?
    Come fu spartito il potere tra Cesare, Pompeo e Crasso?
  • Come si concluse la campagna di Cesare in Gallia?
  • Perché scoppiò la guerra civile tra Cesare e Pompeo?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana