L’affermazione di Pompeo e la vittoria su Mitridate

4.4 LE GUERRE CIVILI

L’affermazione di Pompeo e la vittoria su Mitridate

Nemmeno la vittoria di Silla e la riorganizzazione istituzionale che ne seguì riuscirono a porre fine alle ostilità tra ottimati e popolari, nelle quali svolgeva un ruolo sempre più importante il proletariato urbano. In seguito alle guerre civili, la plebe di Roma viveva in condizioni sempre più misere ed era perciò disposta a votare, nei comizi tributi, per i politici più spregiudicati, allettata dai favori e dalle elargizioni promesse durante le campagne elettorali.
Di tale situazione si avvantaggiarono i comandanti dell’esercito, che, dopo aver ottenuto ricchezze e prestigio dai successi militari e dallo sfruttamento delle province, potevano procedere nel cursus honorum. Fu in questo periodo che alcuni di essi si imposero sulla scena politica con la forza delle armi, sottomettendo al loro potere l’autorità del senato attraverso dei veri e propri colpi di Stato. L’esercito, fondamentale per salvaguardare Roma dai nemici esterni e dal pericolo di gravi rivolte interne, divenne il principale strumento di lotta politica.

Le rivolte servili

Tra la fine del II e l’inizio del I secolo a.C., dai territori conquistati da Roma giunsero in Italia centinaia di migliaia di schiavi, impiegati nelle occupazioni più varie al servizio dei loro padroni. Essi vivevano in condizioni più o meno dure, secondo l’impiego che il destino riservava loro. La situazione meno pesante era forse quella che riguardava i servi domestici, impiegati per le attività più umili nelle case dei nobili. In condizioni drammatiche vivevano gli schiavi dei latifondi, che in cambio del loro gravoso lavoro ricevevano solo misere razioni di cibo, e soprattutto i lavoratori delle miniere, molti dei quali morivano per la fatica.
Vi erano poi coloro che, dopo essere stati addestrati in apposite scuole, venivano costretti ad affrontarsi in combattimenti crudeli, che costituivano spettacoli pubblici molto graditi dalla plebe di Roma e delle altre città. Tra costoro vi erano anche i gladiatori.
La condizione inumana degli schiavi aveva provocato già nel corso del II secolo a.C. numerose rivolte servili, tra le quali la più grave era scoppiata nelle campagne della Sicilia tra il 135 e il 131 a.C. Nel I secolo, invece, la ribellione più pericolosa ed estesa (73-71 a.C.) si avviò a partire da una nota scuola di gladiatori, quella di Capua. Guidata da Spartaco, un gladiatore originario della Tracia (regione a sud dei Balcani), la rivolta si estese a tutta l’Italia centrale e meridionale e giunse a raccogliere 150 000 schiavi ribelli.

La figura di Spartaco e la fine della rivolta

Più che una vera e propria guerra, la rivolta di Spartaco fu un insieme di azioni di guerriglia: gli schiavi non avevano intenzione di conquistare territori ma tentavano soltanto di sfuggire alle loro misere condizioni di vita e riacquistare la libertà. Raccolti in bande nelle campagne e tra le montagne, essi saccheggiavano le zone occupate e si spostavano continuamente per non farsi raggiungere dalle legioni romane. Questa mancanza di organizzazione determinò infine la sconfitta della rivolta, repressa nel sangue dall’esercito regolare di Roma.
Sebbene gli storici antichi abbiano esaltato il suo coraggio, e nonostante la rilettura moderna della vicenda di Spartaco abbia fondato sulla sua figura il mito dello schiavo ribelle che lotta contro l’ingiustizia, non è possibile attribuire a Spartaco la volontà di perseguire grandi progetti militari, né considerarlo capo di un vero esercito. Egli non aveva un intento strategico preciso e non mirava a conquistare Roma o altre città, ma solo a ottenere la libertà personale. Le lodi degli storici latini derivano dall’esigenza di giustificare il fatto che una massa di sbandati avesse a lungo tenuto in scacco le legioni di una grande potenza, e rendere meno evidente la debolezza di Roma, incapace di mantenere la pace in Italia pur essendo padrona del Mediterraneo.
Dopo lunghi scontri, nel 71 a.C. i ribelli furono sconfitti sulle montagne della Calabria dall’esercito romano comandato da Marco Licinio Crasso. Per dissuadere altre rivolte servili, Crasso ordinò che i 6000 superstiti fossero crocefissi lungo la via Appia, tra Capua e Roma.

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L’ascesa di Pompeo Magno 

Oltre a Crasso, nella repressione delle rivolte servili si distinse anche Gneo Pompeo Magno. Costui, negli stessi anni, trasse grande prestigio anche da importanti vittorie in una nuova guerra contro il re del Ponto, Mitridate (74-63 a.C.), e in Spagna, dove nel 72 a.C. riuscì a sconfiggere gli ultimi sostenitori di Sertorio e a ricondurre la provincia sotto il controllo di Roma.
I successi militari alienarono però a Pompeo il sostegno dei senatori, preoccupati che egli acquisisse un potere eccessivo. Per ottenere l’appoggio dei popolari e dei cavalieri, allora, Pompeo si alleò a Crasso; eletti consoli nel 70 a.C., essi attuarono alcune riforme favorevoli alla fazione politica che li aveva sostenuti: i tribuni della plebe ottennero i poteri che erano stati sottratti loro da Silla, i tribunali speciali contro la corruzione nelle province furono nuovamente affidati ai membri dell’ordine equestre e molti senatori seguaci di Silla furono allontanati dal senato.
Tra il 67 e il 66 a.C. Pompeo accrebbe i propri poteri, facendosi nominare dal senato comandante supremo, con autorità militare illimitata, per le operazioni nel Mediterraneo orientale. Qui affrontò con successo i pirati della Cilicia (regione meridionale della penisola Anatolica), che da tempo danneggiavano i commerci romani in Asia minore, e nel 63 a.C. sconfisse definitivamente Mitridate, allargando l’influenza di Roma anche sulla Siria e sulla Palestina ( CARTA).
La vittoria sul nemico orientale, che aveva duramente impegnato le legioni romane per decenni, aumentò il prestigio e l’autorità di Pompeo. Con i poteri speciali conferitigli agli inizi della campagna in Oriente, mai assegnati prima a nessun uomo politico o comandante militare, egli ebbe la possibilità di imporre la propria volontà anche in patria: l’autorità militare, le ricchezze accumulate nelle guerre contro Mitridate e il sostegno dei popolari e dei cavalieri, guidati dal suo alleato Licinio Crasso, lo resero dunque l’uomo più potente di Roma.
Scavalcando l’autorità del senato, Pompeo diede un nuovo assetto politico all’Oriente creando nuove province (compito che sarebbe spettato ai senatori) e affidando il governo dei regni che confinavano con i territori romani a sovrani che gli garantivano fedeltà.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Chi era Spartaco? Di quale episodio fu protagonista?
  • Quali imprese militari procurarono prestigio e potere a Crasso e Pompeo? Quali riforme attuarono durante il loro consolato?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana