La seconda guerra punica

4.3 L’ESPANSIONE NEL MEDITERRANEO

La seconda guerra punica

All’indomani della prima guerra punica l’egemonia di Roma – sostenuta dalle risorse economiche derivanti dai tributi prelevati nelle nuove province, dall’espansione dei commerci marittimi e dall’inclusione delle terre padane nell’ager publicus – non avrebbe trovato ostacoli se la nobiltà mercantile di Cartagine, guidata dalla famiglia Barca, non avesse dato avvio all’impresa di risollevare le sorti della città attraverso nuove spedizioni militari.
Poiché la sua supremazia marittima era ormai definitivamente compromessa, la rinascita di Cartagine si fondò in primo luogo sull’ampliamento dei territori nella penisola Iberica (ricca di miniere d’argento), da cui si potevano trarre le risorse necessarie a contrastare la potenza romana.
Le due antagoniste tornarono dunque a scontrarsi in un quadro strategico ribaltato: la supremazia marittima era adesso saldamente nelle mani dei Romani; di conseguenza, i Cartaginesi li costrinsero a combattere il nuovo conflitto soprattutto sulla terraferma.

L’inizio del conflitto

Dal 237 a.C. i Cartaginesi, guidati dal generale Amilcare Barca, avevano occupato vasti territori nella Spagna meridionale, dove avevano fondato la colonia di Carthago Nova (Nuova Cartagine, l’odierna Cartagena). Le risorse provenienti dallo sfruttamento delle miniere d’argento furono utilizzate per arruolare un potente esercito di mercenari, che proseguì l’avanzata nella penisola Iberica.
Questa situazione preoccupò la città di Massalia (Marsiglia), la cui richiesta di aiuto fu colta dai Romani per imporre la propria supremazia sulla costa meridionale della Gallia. In base a un trattato stipulato nel 226 a.C., i Cartaginesi si impegnarono a non oltrepassare il fiume Ebro, nella Spagna settentrionale. Nello stesso periodo, per frenare l’avanzata cartaginese, Roma stabilì alleanze anche con alcune città iberiche, tra cui Sagunto.
Tuttavia l’obiettivo del nuovo comandante cartaginese, Annibale, succeduto alla guida dell’esercito dopo la morte del padre Amilcare, era portare la guerra in Italia. Egli era convinto che senza la distruzione di Roma Cartagine non avrebbe potuto riconquistare la libertà di espandere le proprie attività commerciali nel Mediterraneo. Confidando nella forza del suo esercito di terra, costituito da professionisti ben addestrati, decise dunque di sfidare apertamente gli odiati nemici.
Nel 219 a.C. i Cartaginesi assediarono infatti la città di Sagunto, espugnandola l’anno successivo, mentre a Roma si discuteva sul da farsi. Poiché Sagunto era situata a sud del fiume Ebro, la sua conquista da parte di Cartagine non era in contrasto con il patto stipulato con i Romani nel 226 a.C. Allo stesso tempo, però, Roma era legata da un trattato di alleanza con la città iberica. Scegliendo di rispettare quest’ultimo, il senato decise infine di intervenire, dichiarando guerra ad Annibale. Fu così che iniziò la seconda guerra punica (218-202 a.C.).

La guerra in Italia

Annibale elaborò una strategia basata sull’alleanza con i popoli italici, sollecitati a ribellarsi al dominio romano. Con una rapida avanzata, nel 218 a.C. le sue truppe (composte da oltre 30 000 soldati e alcune decine di elefanti) varcarono le Alpi e dilagarono nella pianura Padana. Qui l’esercito cartaginese fu rafforzato dall’inserimento tra le sue file di guerrieri mercenari delle tribù galliche, insofferenti al dominio di Roma.
L’arrivo degli invasori colse di sorpresa i Romani, che avevano inviato le proprie legioni in Spagna pensando che quello sarebbe stato il teatro della guerra. Annibale vinse le prime battaglie presso i fiumi Ticino e Trebbia e iniziò la sua avanzata nel cuore della penisola. Nel 217 a.C. sconfisse i Romani presso il lago Trasimeno, ma, invece di attaccare direttamente Roma, preferì proseguire verso l’Italia meridionale, convinto di non avere ancora a disposizione forze sufficienti per affrontare la battaglia decisiva.

Strategie contrapposte

Anche se, per il momento, il pericolo di un assedio della città era stato sventato, l’esercito cartaginese costituiva una minaccia gravissima per Roma. Il senato decise quindi di nominare dittatore Quinto Fabio Massimo. Costui, per contrastare Annibale, ricorse a una tattica attendista che gli valse il soprannome di Cunctator (il “Temporeggiatore”, da cunctare, “attendere”). Invece di ingaggiare subito uno scontro diretto, egli optò per una strategia di logoramento volta a isolare le forze cartaginesi, impedendone i rifornimenti.
Ingaggiò inoltre piccoli scontri militari, per fiaccare le energie del nemico e per far passare il tempo, confidando che le truppe avversarie sarebbero state decimate dalle malattie, dalle diserzioni e dalla fame.
Questo atteggiamento era però inviso ai grandi proprietari terrieri. La permanenza dell’esercito nemico sul suolo italico provocava infatti la distruzione dei latifondi e il blocco della produzione agricola di vaste estensioni di terra. Il disastro economico si faceva di giorno in giorno più grave. Così, allo scadere del mandato di Fabio Massimo prevalse l’opinione dei senatori che intendevano affrontare subito il nemico per mettere fine all’occupazione militare della penisola.

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La disfatta di Canne

I nuovi consoli eletti dal senato decisero di attaccare Annibale nei territori dell’Italia meridionale, dove egli si era acquartierato con il suo esercito, senza attendere che ritornasse verso Roma. Nel 216 a.C., presso Canne, in Puglia, ebbe luogo una delle battaglie più importanti della seconda guerra punica, in cui i Cartaginesi inflissero una durissima sconfitta ai Romani. Circa 70 000 legionari romani furono uccisi (perse la vita anche il console Lucio Emilio Paolo) e lo Stato romano dovette ricorrere all’arruolamento dei proletari per rinfoltire un esercito decimato.
Anche i Cartaginesi, tuttavia, subirono perdite consistenti. Per questo motivo, Annibale decise di attendere ulteriormente prima di sferrare l’attacco decisivo contro Roma. Ritenendo di non avere forze sufficienti a sostenere lo scontro finale, egli perse così la possibilità di sfruttare il momento di maggiore debolezza dei nemici.

Il vicolo cieco di Annibale 

Negli anni seguenti il condottiero cartaginese attese invano rinforzi dalla madrepatria; i Romani ne impedirono infatti il passaggio con i loro contingenti schierati in Spagna e con la loro supremazia navale nel Mediterraneo.
I tentativi compiuti da Annibale di sollevare i popoli dell’Italia centrale contro il dominio di Roma, inoltre, non sortirono l’effetto sperato. Queste popolazioni non erano animate dai sentimenti di ribellione che contraddistinguevano i sudditi sottomessi con la forza da Roma (come i Galli dell’Italia settentrionale): i comuni interessi economici e la politica tollerante attuata nei loro confronti dallo Stato romano garantiva la loro fedeltà ai trattati di alleanza. Roma, del resto, non esitò a ricorrere a ogni mezzo pur di rompere il fronte avversario: per dissuadere gli Italici a passare dalla parte di Annibale, per esempio, nel 211 a.C. attaccò e distrusse la colonia latina di Capua, colpevole di aver appoggiato i Cartaginesi.
Per uscire dal suo isolamento strategico, quindi, Annibale cercò altri alleati al di fuori della penisola Italica, tra coloro che avevano aperto nuovi conflitti contro l’esercito romano: le province della Sicilia e della Sardegna, che si erano ribellate ai loro governatori, e il re di Macedonia Filippo V, che nel 215 a.C. aveva attaccato i possedimenti romani in Illiria. L’esercito romano riuscì a combattere contemporaneamente su più fronti, domando le ribellioni e sconfiggendo i Macedoni nel 205 a.C., ma fu costretto a trascurare la guerra contro Annibale, che continuò a devastare le campagne della penisola.
I rischi strategici della presenza cartaginese in Italia furono evidenti nel 207 a.C., quando Asdrubale, fratello di Annibale, riuscì a eludere lo sbarramento costituito dall’esercito romano in Spagna e a ripercorrere il tragitto compiuto dal fratello dieci anni prima. Giunto in Italia attraverso le Alpi, Asdrubale fu però sconfitto presso il fiume Metauro, nell’Italia centrosettentrionale.

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La controffensiva romana 

L’episodio spinse il senato romano ad appoggiare il programma del console Publio Cornelio Scipione, già distintosi per i suoi successi militari in Spagna. Intendendo portare la guerra direttamente sul suolo africano, egli sbarcò nei pressi di Cartagine nel 204 a.C. Qui si alleò con il re dei Numidi, Massinissa, che mirava a estendere i propri possedimenti anche sui territori di Cartagine. Dopodiché, mosse le sue legioni contro la città nemica. Per contrastare Scipione, Annibale fece frettolosamente ritorno in patria, ma fu sconfitto a Zama nel 202 a.C. La vittoria in terra nemica procurò a Scipione l’appellativo di Africano.
I Romani imposero a Cartagine durissime condizioni di pace:

  • la perdita della Spagna, che divenne una nuova provincia romana, e di ogni altro dominio al di fuori del continente africano;
  • la cessione della flotta ai vincitori;
  • la proibizione di combattere ulteriori guerre in Africa, nemmeno a scopo difensivo, senza l’approvazione da parte di Roma.

Cartagine non scompariva dalla scena ma, pur mantenendo la propria indipendenza, il suo ruolo di potenza marittima e territoriale, indiscusso fino a pochi decenni prima, veniva radicalmente ridimensionato. Anche peggiore fu il destino di Annibale. Considerato un nemico pubblico dai Romani, la sua immagine fu screditata persino tra la popolazione cartaginese, presso la quale i suoi nemici diffusero sospetti e illazioni. Egli fu quindi costretto a fuggire in esilio in Anatolia, dove esortò i regni ellenistici a non cedere alla crescente influenza romana nel Mediterraneo orientale. Tuttavia – come vedremo –, una volta sconfitta Cartagine, Roma impiegò tutti i propri sforzi per conquistare la supremazia anche in Oriente e, con la forza della sua influenza diplomatica, nel 183 a.C. pretese e ottenne dal re della Bitinia, Prusia, la consegna di Annibale. Per evitare di cadere nelle mani dei suoi acerrimi nemici, il grande condottiero cartaginese preferì avvelenarsi.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quali furono le premesse che portarono allo scoppio della seconda guerra punica?
  • Per quali aspetti militari e strategici si differenziò dal primo conflitto? 
  • Quale piano attuò Annibale per combattere Roma?
    Quali strategie furono invece adottate dai Romani per sconfiggere i Cartaginesi?
  • Quali condizioni di pace furono imposte ai Cartaginesi?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana