I popoli italici

4.1 L’ITALIA PREROMANA

IL RACCONTO DELLA STORIA

I popoli italici

All’inizio del II millennio a.C., la penisola Italica era occupata da numerose popolazioni neolitiche, insediate nelle aree più favorevoli allo sviluppo dell’agricoltura. Si trattava di genti di origine molto diversa tra loro e che rimasero a lungo separate e indipendenti, anche a causa dei difficili collegamenti interni alla penisola.

Camuni e terramaricoli 

Fin dal V millennio a.C., in val Camonica, si era insediata la civiltà neolitica dei Camuni. Grazie alle numerose testimonianze costituite dalle incisioni rupestri, ancora oggi visibili sulle rocce delle zone popolate dai Camuni, conosciamo alcuni aspetti della loro civiltà e della loro economia; sappiamo per esempio che, nelle attività agricole, utilizzavano l’aratro. La posizione geografica dei loro insediamenti, che traeva vantaggio dalla protezione naturale offerta dai rilievi alpini, spiega in parte la lunga durata della civiltà camuna, sopravvissuta fino alla fine del I secolo a.C., quando venne sottomessa da Roma.
Più a sud, nell’area oggi compresa nella regione Emilia-Romagna tra il Po e il Panaro, si diffuse, intorno alla metà del II millennio a.C., la tipologia insediativa comparsa già presso le rive dei laghi del Nord: le palafitte. Qui, però, le palafitte erano costruite sulla terraferma, con lo scopo di proteggere le abitazioni dagli allagamenti dovuti allo straripamento del fiume Po e degli altri corsi d’acqua minori.
Gli insediamenti erano costituiti da capanne addossate l’una all’altra e le tribù che vi abitavano praticavano la caccia, le attività agricole e l’allevamento. Il nome con cui esse vengono identificate – civiltà o cultura delle terramare – fu coniato nell’Ottocento, al momento della scoperta dei primi resti archeologici e deriva da un’espressione del dialetto emiliano, terra marna, che significa “terra grassa”, o “fertile”, in riferimento all’abitudine dei terramaricoli di gettare i resti dei loro pasti nei terreni sotto le capanne, che divennero così molto fertili.
La cultura delle terramare scomparve intorno al 1200 a.C. per cause sconosciute (forse una catastrofe naturale o un rilevante cambiamento climatico).

La civiltà nuragica 

Nel II millennio a.C. erano presenti in Italia anche alcune civiltà megalitiche, le cui monumentali tombe – i dolmen – sono ancora oggi visibili in varie zone della Puglia, della Sicilia e della Sardegna. In Sardegna, in particolare, verso il 1800 a.C. si affermò la civiltà dei nuràghi, che avrebbe mantenuto il controllo della parte centrale dell’isola fino alla conquista romana (III secolo a.C.). Il termine “nuraghe” deriva da un vocabolo sardo, nurra, il cui significato è “cumulo di pietre”, “cavità”, e indica torri circolari di pietra affiancate da altre costruzioni, insieme alle quali formavano insediamenti fortificati che controllavano il territorio circostante. Ogni nuraghe costituiva il cuore di un centro indipendente, spesso in lotta con le altre comunità della zona. I nuraghi erano abitati dai guerrieri; i contadini e i pastori vivevano invece nelle capanne sparse attorno alla cittadella fortificata, nella quale si rifugiavano solo in caso di pericolo.
Le principali attività economiche delle comunità nuragiche erano l’agricoltura, l’allevamento e la metallurgia, in particolare la lavorazione del bronzo. Ma i Sardi erano anche abili marinai; è probabile anzi che fossero tra i cosiddetti popoli del mare che effettuarono violente incursioni sulle coste dell’Egitto intorno al 1200 a.C. Grazie alle comunicazioni via mare, essi stabilirono in seguito intensi contatti commerciali con i Fenici, che nel corso del I millennio a.C. fondarono diverse colonie sulle coste della Sardegna.

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FOCUS • IERIOGGI
POPOLI ITALICI E REGIONI ITALIANE

Durante il I millennio a.C. si definì la collocazione territoriale dei nomadi penetrati in Italia nei secoli precedenti e delle popolazioni autoctone già presenti. Sebbene in seguito siano stati inglobati dall’espansione di Roma, rimane ancora oggi l’eco della loro presenza nella suddivisione regionale dello Stato italiano. La Liguria, per esempio, fu abitata dai Liguri, la Sardegna dai Sardi, l’Umbria dagli Umbri (che occupavano anche parte delle Marche e della Romagna). In alcuni casi, il nome delle odierne regioni non rispecchia fedelmente la reale localizzazione degli antichi abitanti della penisola: i Bruzi, per esempio, erano stanziati in Calabria. Da uno di questi popoli deriva anche il nome “Italia”: gli Enòtri, insediati poco più a nord dei Bruzi, furono chiamati Ìtali dai Greci. Poiché erano stati i primi a venire in contatto con la civiltà ellenica durante la colonizzazione della Magna Grecia, il loro nome fu poi utilizzato per definire tutti i popoli della penisola.
Tra le popolazioni indoeuropee provenienti da est vi furono i Veneti (insediati nell’Italia nordorientale), i Latini (stabilitisi nell’attuale Lazio), i Sabini, i Volsci e i Sanniti (presenti nelle zone appenniniche dell’Italia centrale). La Puglia venne invece occupata dagli Iàpigi (o Àpuli), anch’essi indoeuropei e provenienti dai Balcani. In Sicilia orientale, infine, si stabilirono i Sìculi, mentre la parte occidentale dell’isola era abitata dai Sicàni e dagli Èlimi, che subirono l’influenza delle colonie fenicie.

Distribuzione dei popoli italici nel I millennio a.C.

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Le prime invasioni indoeuropee 

Nella prima metà del II millennio a.C. gran parte della penisola Italica fu interessata dalle migrazioni dei popoli indoeuropei che nei secoli precedenti si erano spostati dall’Asia verso l’Europa centrale e avevano invaso i Balcani. L’accesso alla penisola avvenne attraverso i valichi alpini (durante le stagioni estive, quando il clima mite permetteva di percorrere anche i sentieri in quota), oppure via mare, attraverso l’Adriatico.
L’arrivo di queste popolazioni modificò radicalmente il quadro etnico e linguistico della penisola ( FOCUS, p. 251) e determinò importanti trasformazioni di carattere sociale. Come era già avvenuto nel Vicino Oriente e in Grecia, gli indoeuropei sottomisero le popolazioni con cui vennero in contatto, in gran parte formate da contadini e pastori, e, forti della loro superiorità militare, formarono una classe dominante di guerrieri nobili.

La civiltà villanoviana e l’età del ferro 

Intorno al 1000 a.C., nell’area compresa tra le attuali regioni dell’Emilia-Romagna e della Toscana sorse la civiltà villanoviana, che prende nome dalla località – Villanova, presso Bologna – in cui furono individuati i primi resti archeologici a essa riconducibili. I Villanoviani, la cui società era dominata dalle famiglie nobili, vivevano in villaggi fortificati situati sulle alture e praticavano l’agricoltura e l’allevamento. Secondo una tradizione già diffusa in Europa e nell’Italia settentrionale nei secoli precedenti, durante i riti funebri essi usavano incenerire (cioè cremare) i defunti, probabile retaggio culturale delle origini nomadi. La civiltà villanoviana sviluppò anche l’artigianato metallurgico, che alimentò i primi traffici commerciali con l’Oriente, sfruttando le miniere di ferro presenti nella zona.
Anche la penisola Italica, nel X secolo a.C., entrò dunque nell’età del ferro.

I Celti in Italia

Come abbiano già visto parlando delle prime civiltà del continente, tra le popolazioni nomadi di origine indoeuropea che nel II millennio a.C. si erano stabilite in varie regioni dell’Europa vi erano i Celti. Tra il VI e il III secolo a.C. le loro ampie migrazioni interessarono anche l’Italia. I Celti che penetrarono in Italia, in seguito chiamati Galli dai Romani, erano divisi in varie tribù che conquistarono vaste zone nella parte centro-settentrionale della penisola: gli Ìnsubri si stabilirono nell’area dell’attuale città di Milano; i Boi si stanziarono in Emilia e i Sénoni occuparono le coste adriatiche nei pressi dell’attuale città di Senigallia (l’antica Sena Gallica, che da loro prende nome).
Dediti all’agricoltura, i Galli introdussero alcune innovazioni che migliorarono le rese agricole. Grazie alle loro competenze in ambito metallurgico inventarono il vomere di ferro, che consentì notevoli progressi nelle tecniche di coltivazione. A loro si deve inoltre la bonifica di ampie zone paludose della pianura Padana, che sarebbe in seguito divenuta una delle aree agricole più produttive della penisola.

DOSSIER LETTERATURA  La prima scrittura in Italia

La coppa recante il testo scritto più antico rinvenuto finora in Italia.

Il più antico testo scritto finora ritrovato in territorio italiano è riferibile alla cultura greca: si tratta di un’incisione praticata su una coppa di ceramica proveniente dall’isola di Ischia, in Campania. Il primo insediamento sull’isola – che i Greci chiamavano Pitecùsa (da Pithekoûssai, “isola delle scimmie”) – avvenne nel 775 a.C. a opera dei coloni di Calcide, città dell’isola greca di Eubea. L’iscrizione fu incisa su una coppa utilizzata per bere il vino, realizzata a Rodi nel 730 a.C. circa e importata a Ischia da mercanti greci. Il testo stabilisce un confronto tra il recipiente e la coppa di Nestore (il mitico re di Pilo), resa celebre dalla descrizione contenuta nell’Iliade. L’iscrizione riporta: «Era certo piacevole bere nella coppa di Nestore, ma chi berrà da questa coppa sarà subito preso dal desiderio di Afrodite, dalla bella corona». L’incisore allude al desiderio d’amore – di cui Afrodite è la dea – provocato dal vino.

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L’Italia entra nella storia 

I primi contatti commerciali tra gli italici e gli altri popoli mediterranei risalivano già al 1300-1200 a.C., quando le coste dell’Italia meridionale e centrale erano state raggiunte dalle navi mercantili micenee. Attraverso questi contatti, le tecniche di navigazione rimaste fino ad allora patrimonio delle civiltà del Mediterraneo orientale si diffusero anche tra le popolazioni costiere della penisola Italica. L’abilità dei marinai italici è testimoniata dalla partecipazione di alcune popolazioni costiere – per esempio i Sardi, come abbiamo visto – alle incursioni compiute dai popoli del mare sulle coste del Mediterraneo orientale intorno al 1200 a.C.
Nel corso del I millennio a.C. i contatti con le civiltà orientali furono favoriti dalla colonizzazione fenicia e greca del Mediterraneo, che, a partire dall’VIII secolo a.C., interessò anche le coste italiche. Nella Sicilia occidentale e in Sardegna furono fondati numerosi empori fenici, mentre nella Sicilia orientale e nella parte meridionale della penisola sorsero le ricche e potenti colonie greche. Oltre a diffondere le innovazioni tecnologiche e le merci provenienti dall’Oriente, la colonizzazione dell’Italia favorì la conoscenza delle tradizioni culturali e delle espressioni artistiche delle civiltà orientali. Grazie alla presenza dei coloni greci, in particolare, si affermò l’uso della scrittura anche nella penisola Italica: le prime testimonianze di testi scritti in Italia risalgono alla seconda metà dell’VIII secolo a.C. ( DOSSIER). Nei secoli successivi, in seguito agli intensi contatti commerciali stabiliti dai Greci con l’entroterra, si diffuse in tutta la penisola l’alfabeto fonetico, che, successivamente elaborato dai popoli italici, è giunto fino a noi. Con la diffusione della scrittura, anche l’Italia entrò a tutti gli effetti nella storia, quasi tre millenni dopo il Vicino Oriente.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quali popolazioni abitarono la penisola Italica in epoca preistorica? Dove erano stanziate? 
  • Quali conseguenze ebbero le migrazioni dei popoli indoeuropei?
  • Quali erano le principali risorse economiche di questi popoli?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana