Pisistrato e Clistene: dalla tirannide alla democrazia

3.3 LA GRECIA ARCAICA

Pisistrato e Clistene: dalla tirannide alla democrazia

Le riforme di Solone generarono malcontento in una parte dell'aristocrazia, che vedeva limitati i propri privilegi. Allo stesso tempo, le importanti novità introdotte in campo politico e sociale non furono sufficienti a soddisfare le rivendicazioni del démos ateniese.
Le classi inferiori chiedevano infatti una riforma agraria che alleviasse la miseria dei piccoli proprietari terrieri attraverso la redistribuzione delle terre, da secoli in mano ai nobili. Inoltre, l'esclusione delle ricchezze mobiliari dal calcolo del censo, basato unicamente sui possedimenti terrieri, continuava a penalizzare gli artigiani e i mercanti che, nonostante una prosperità economica spesso superiore a quella delle famiglie aristocratiche, rimanevano esclusi dalle cariche politiche più importanti se non investivano nell'acquisto di terra. Le rivendicazioni delle classi mercantili erano tra l'altro incoraggiate dal contemporaneo indebolimento del blocco sociale aristocratico, percorso al suo interno da frequenti lotte tra le famiglie nobili per ottenere le cariche pubbliche più prestigiose.

L’ascesa di Pisistrato

Questa situazione di instabilità sociale sfociò in un inasprimento delle contese civili, che favorì l'ascesa politica di Pisistrato. Imparentato con Solone e distintosi come arconte polemarco nella guerra contro la città di Megara, alla quale aveva sottratto il porto di Nisea e probabilmente Salamina, verso la metà del VI secolo a.C. Pisistrato tentò di conquistare il potere con il sostegno del démos ateniese e tramite accordi con alcune famiglie nobili. La reazione dei suoi avversari aristocratici lo costrinse però all'esilio in Tracia, nella Grecia settentrionale, dove possedeva miniere d'oro e d'argento. Grazie a queste ingenti risorse economiche e al sostegno degli aristocratici delle città nemiche di Atene, Pisistrato arruolò un esercito di mercenari con il quale conquistò il potere nel 546 a.C.

Il periodo della tirannide

Fu questo l'inizio della tirannide ad Atene. Pisistrato promosse una politica volta a favorire i gruppi sociali che lo avevano appoggiato (piccoli proprietari terrieri, artigiani e commercianti). Attuò anzitutto una redistribuzione delle terre in favore del démos ateniese attraverso la confisca delle proprietà terriere degli aristocratici. Per mantenere il consenso in città, ordinò la realizzazione di importanti opere pubbliche (come l'edificazione del tempio dedicato alla dea Atena sull'acropoli e la costruzione di mura difensive) e l'allargamento della flotta, che creavano lavoro per le classi più povere. Sollecitò inoltre l'organizzazione di importanti manifestazioni culturali, tra cui: le feste religiose “panatenaiche” (che riunivano tutti gli abitanti dell'Attica), la lettura dei poemi omerici (che proprio sotto Pisistrato furono trascritti per la prima volta su papiri) e le prime forme di rappresentazione teatrale, con recitazioni di opere poetiche sul passato leggendario degli eroi ateniesi. Oltre alla costruzione di nuove navi da carico e da guerra, Pisistrato promosse la coniazione delle prime monete ateniesi al fine di intensificare le attività commerciali della città, che ebbero in effetti un notevole sviluppo. In questo periodo, la potenza marittima di Atene fu determinante per estendere i possedimenti territoriali della città nelle isole dell'Egeo e dell'Ellesponto.
A fronte dei numerosi aspetti positivi, la tirannide di Pisistrato non fu priva di degenerazioni, che portarono alla limitazione delle libertà degli oppositori e all'instaurazione di un potere assoluto. È questa l'origine della valutazione negativa che il termine “tirannide” ha assunto presso i moderni.

La fine della tirannide

Nel 528 a.C., alla morte di Pisistrato, il potere fu ereditato dai suoi figli, Ippia e Ipparco: quest'ultimo fu ucciso nel 514 a.C. da una congiura ordita dagli aristocratici, mentre Ippia fu sconfitto ed esiliato nel 511 a.C. in seguito alla rivolta guidata dalla famiglia nobile degli Alcmeònidi con l'aiuto dell'esercito di Sparta, che mirava a instaurare un governo oligarchico alleato ad Atene. Le mutate condizioni economiche e sociali della città, con l'ulteriore rafforzamento delle classi mercantili e dei piccoli proprietari terrieri avvenuto sotto Pisistrato, non consentivano però un ritorno al passato; la restaurazione oligarchica ebbe vita breve, e le istanze ugualitarie furono fatte proprie da uno stesso membro dell'aristocrazia:
Clìstene, appartenente alla famiglia degli Alcmeonidi, eletto arconte nel 508 a.C.

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LA RIFORMA DELLE ISTITUZIONI


Le riforme di Clistene

Egli introdusse una riforma amministrativa dell’Attica, dividendo il territorio in tre zone:

  • la città, alla quale appartenevano anche i territori pianeggianti attorno ad Atene, abitata in prevalenza da nobili proprietari terrieri;
  • la costa, cioè il litorale dell'Attica, dove risiedevano molti artigiani e mercanti;
  • l'entroterra, costituito dalle colline interne della regione, in gran parte occupato dagli appezzamenti dei piccoli proprietari terrieri.

Ognuna di queste zone fu suddivisa in 10 trittìe (dal greco trittýes, “terze parti”), per un totale di 30 trittie ( CARTA), che a loro volta si dividevano in dèmi (circoscrizioni territoriali inferiori).
Questa suddivisione fu collegata a una ripartizione della popolazione in 10 tribù amministrative, svincolate da ogni legame di stirpe o di collocazione geografica. Ogni tribù, infatti, era composta da una trittia della città, una della costa e una dell'entroterra, che, come si è visto, erano abitate in prevalenza, rispettivamente, da aristocratici, mercanti e piccoli proprietari.
In questo modo, all'interno di ogni tribù erano rappresentati gli interessi di tutti gli strati sociali della pólis, senza che una classe sociale potesse prevalere sulle altre, mentre i legami tra le famiglie aristocratiche perdevano importanza nell'influenzare la vita politica ateniese.

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Le nuove istituzioni ateniesi

Per garantire una maggiore imparzialità nelle istituzioni della pólis, Clistene affidò il compito di proporre le leggi al consiglio dei 500, o bulé (dal greco boúlomai, “volere”, “decidere”), composto da 50 membri sorteggiati in ognuna delle 10 tribù (con l'esclusione però dei teti). La procedura del sorteggio era prevista anche per i giudici dei tribunali popolari dell'elièa, scelti all'interno di ogni tribù. L'approvazione delle leggi spettava invece all'ecclesia, alla quale partecipavano tutti i cittadini maschi al di sopra dei vent'anni di età, suddivisi nelle 10 tribù amministrative, ognuna presente con tre trittie. L'ecclesia aveva anche la facoltà di inviare in esilio per un decennio gli individui sospettati di voler acquisire un potere eccessivo. Tale istituto, volto a evitare i rischi di un ritorno della tirannide, era chiamato ostracismo, dal greco óstraka, indicante i cocci di ceramica su cui i membri dell'assemblea incidevano i nomi delle persone che intendevano esiliare, votandone così l'espulsione ( FOCUS). 
Il predominio aristocratico fu limitato da Clistene anche attraverso la riduzione dei poteri degli arconti, che divennero 10 (così che ogni tribù avesse un suo magistrato). Le decisioni più importanti vennero infatti affidate alla bulé, mentre il comando dell'esercito fu conferito a 10 strateghi, eletti annualmente (uno per tribù). Con il tempo, gli strateghi divennero le più importanti cariche politiche della pólis

La nascita della democrazia

La riforma territoriale e la durata annuale delle cariche consentivano a tutti gli Ateniesi maschi e liberi di partecipare in modo diretto alla vita politica. Nell'assemblea ogni cittadino, indipendentemente dall'appartenenza all'aristocrazia o alla classe dei teti, aveva gli stessi diritti: poteva scegliere a chi affidare le cariche pubbliche, esprimere liberamente le proprie opinioni e votare le leggi.
Le riforme di Clistene rappresentarono dunque un passo importante verso una maggiore uguaglianza di tutti i cittadini, che godevano adesso di identici diritti politici a prescindere dalla discendenza (come era stato fin dall'età arcaica) o dalla ricchezza (come avevano stabilito le riforme di Solone). Rispetto alle forme democratiche attuali, di cui pure fu il primo precedente storico, la democrazia ateniese presentava tuttavia ancora molti limiti: non essendo retribuite, le cariche pubbliche finivano per essere esercitate unicamente da chi aveva mezzi economici sufficienti per vivere senza lavorare; ma, soprattutto, rimanevano esclusi dal godimento dei diritti politici le donne, gli schiavi e i metèci (dal greco metoikéo, “sono ospite”), ossia gli stranieri che pur risiedendo in città non avevano la cittadinanza ateniese.

FOCUS • IERIOGGI

Stele che raffigura la democrazia personificata in una donna che incorona il popolo ateniese, rappresentato come un uomo barbuto.

DEMOCRAZIA 
Nei Paesi in cui vige la democrazia (da démos, “popolo”, e kratéo, “comandare”), la sovranità appartiene al popolo, cioè all'insieme di tutti i cittadini che godono di diritti politici. Quella introdotta da Clistene ad Atene era una democrazia diretta, poiché i cittadini partecipavano personalmente alle assemblee pubbliche. Nel corso della storia non sono mancati altri casi di democrazia diretta, sempre limitati, però, a realtà territoriali e demografiche ristrette. L'elevato numero di abitanti degli Stati contemporanei, in effetti, renderebbe molto difficile la partecipazione diretta di tutti cittadini alla vita pubblica. Negli attuali regimi democratici, quindi, i cittadini eleggono periodicamente, con un voto libero e segreto, i loro rappresentanti nelle istituzioni. Questa forma di democrazia è definita rappresentativa.

OSTRACISMO 

Anche se la Convenzione europea dei diritti umani vieta il ricorso all'esilio, fino al 2002 nel nostro Paese è rimasta in vigore una sorta di ostracismo nei confronti degli eredi dei Savoia, la dinastia che governò il Regno d'Italia dall'unificazione (1861) alla fine della Seconda guerra mondiale. Individuati tra i maggiori responsabili dell'affermazione della dittatura fascista e del disastro bellico in cui fu condotta l'Italia, i Savoia furono espulsi dal Paese dopo il referendum del 1946, in cui la maggioranza degli italiani scelse come forma di governo la repubblica. Nella XIII disposizione finale e transitoria della nuova Costituzione, in vigore dal 1° gennaio 1948, fu poi stabilito che “Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale“. 

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quali cambiamenti introdusse nella vita politica e culturale di Atene la tirannide di Pisistrato? 
  • Quali furono le principali riforme promosse da Clistene? 
  • A quali individui era concessa la partecipazione politica nella democrazia ateniese?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
Il nuovo Storia&Geo - volume 1
Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana