1.3 - Il popolamento della Terra

1 IL SISTEMA TERRA: STRUTTURA, AMBIENTI E POPOLAMENTO

1.3 Il popolamento della Terra

Le caratteristiche morfologiche e climatiche dei vari ambienti della Terra hanno influenzato la diffusione e la distribuzione del popolamento; le condizioni ambientali più o meno favorevoli, infatti, costituiscono un aspetto determinante nelle scelte degli insediamenti operate dalle comunità umane. Per questo motivo ancora oggi la distribuzione della popolazione sulla Terra è chiaramente disomogenea. Vi sono aree molto abitate, in cui l’abbondanza delle risorse naturali, le opportunità di espansione economica e le favorevoli condizioni climatiche hanno determinato un’intensa crescita demografica; al contrario, vi sono altre zone in cui la popolazione è molto limitata, poiché le condizioni ambientali ostacolano ancora oggi uno sviluppo più diffuso degli insediamenti abitativi; infine, esistono addirittura aree della Terra in cui le condizioni di vita sono talmente proibitive che restano completamente disabitate.

Ecumene e anecumene 

I geografi definiscono con il termine ecumène (dal greco oikouméne, “abitata”, in riferimento al sottinteso “terra”) l’insieme delle terre emerse in cui gli esseri umani possono costruire insediamenti stabili e permanenti. Al suo interno, l’ecumene si suddivide poi in aree più o meno popolate, a seconda delle caratteristiche dei vari luoghi; le aree ecumeniche più densamente popolate, per esempio, si trovano lungo le coste, dove le condizioni climatiche e ambientali sono più adatte per realizzare centri abitati: circa il 30% della popolazione mondiale vive entro 50 chilometri di distanza dal mare.

Al contrario, è detto anecumène (dal greco “non abitata”, con il prefisso di negazione a-/an-) l’insieme delle terre emerse in cui non è possibile trovare le condizioni indispensabili per abitarvi stabilmente. Ne fanno parte i territori desertici, le aree vicine ai Poli e le zone di alta montagna in cui condizioni ambientali e climatiche proibitive impediscono l’instaurarsi di insediamenti umani ( ATLANTE, pp. 26-27).

I fattori del popolamento 

La distribuzione della popolazione dipende da diversi fattori, che hanno influito sulla concentrazione degli individui in determinate zone della Terra. Vediamoli nel dettaglio.

  • I condizionamenti ambientali: le risorse naturali (minerarie, vegetali e animali) di un luogo favoriscono, se abbondanti, o impediscono, se limitate, lo sviluppo degli insediamenti umani e delle loro attività economiche, provocando, di conseguenza, anche movimenti migratori delle popolazioni verso aree più ricche.
  • I condizionamenti morfologici: fattori come l’altitudine ( FOCUS) o la distanza dal mare influiscono direttamente sulle scelte abitative delle comunità umane, che fin dall’antichità hanno privilegiato le aree pianeggianti e quelle costiere.
  • I condizionamenti climatici: temperature miti e tassi di umidità medi sono fattori favorevoli agli insediamenti umani, che infatti diminuiscono di molto nelle aree fredde, aride o eccessivamente umide del pianeta.
  • I condizionamenti antropici: anche i fattori economici, socio-culturali e politici che caratterizzano le relazioni tra le comunità umane influiscono sulla distribuzione della popolazione. Per esempio, conflitti armati, contrasti etnici e religiosi e tensioni provocate dal confronto tra differenti tradizioni culturali possono ridurre drasticamente la densità di popolazione.

La densità della popolazione 

La distribuzione della popolazione in un territorio si misura in termini di densità di popolazione, che viene espressa indicando il numero di abitanti per chilometro quadrato (ab./km2). In genere si considera alta una densità di popolazione superiore a 100 abitanti per ogni chilometro quadrato e bassa una densità inferiore a 50.

Si possono riscontrare notevoli differenze di densità di popolazione non solo tra i diversi continenti, ma anche all’interno di ciascuno di essi. L’Asia, per esempio, è il continente più popolato, con 3 miliardi e 700 milioni di persone e una densità media di 82 ab./km2, ma la maggior parte dei suoi abitanti si concentra nelle regioni sudorientali, dove vive circa l’80% della sua popolazione. Al contrario, la parte nordorientale del continente, nella regione siberiana, è anecumenica.

L’Europa è il secondo continente più densamente popolato: presenta una densità media di 68 ab./km2 e una distribuzione abbastanza omogenea dei suoi 700 milioni di abitanti, con piccole aree anecumeniche limitate alle regioni più settentrionali.

Grandi differenze si notano invece nelle Americhe (870 milioni di abitanti) e in Africa (780 milioni), che hanno densità medie di 20 (America centrosettentrionale), 19 (America meridionale) e 25 ab./km2, dove la maggior parte della popolazione risiede lungo le coste o nelle zone più ricche di risorse idriche.

L’Oceania, con la sua popolazione di soli 33 milioni di abitanti, presenta una densità media molto bassa (4 ab./km2) e aree anecumeniche estese sulla maggior parte delle sue terre continentali.

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FOCUS

ALTITUDINE E POPOLAZIONE
Tra i fattori che hanno maggiore influenza sulla densità di popolazione vi è sicuramente l’altitudine. Come mostra il grafico, la maggior parte della popolazione mondiale vive in aree che si trovano al di sotto dei 300 metri sul livello del mare, mentre tende a diminuire a mano a mano che si sale di quota.
Le zone pianeggianti e costiere costituiscono da sempre gli ambienti naturali più adatti agli insediamenti umani, sia per l’abbondanza di risorse naturali e di spazi edificabili a disposizione, sia per l’opportunità che le vie di comunicazione terrestri e marittime offrivano all’espansione delle attività mercantili. L’occupazione di luoghi elevati fu invece privilegiata nei periodi in cui le comunità umane dovevano difendersi dagli attacchi esterni: la creazione di roccheforti e di castelli sulle alture consentiva di sopravvivere alle scorrerie, ma limitava comunque la crescita demografica per l’esiguità delle risorse naturali e dello spazio abitativo disponibile.

Densità della popolazione in relazione all’altitudine.

Numeri in costante crescita 

Attualmente la popolazione presente sul nostro pianeta ha raggiunto i 7 miliardi di persone, con una densità media globale di circa 50 ab./km2. In gran parte del mondo l’incremento demografico è costante e cresce a ritmi sempre più serrati: la popolazione mondiale aumenta di circa 1 milione di individui ogni settimana e l’80% di questa crescita avviene nei Paesi in via di sviluppo; solo in alcune regioni, per motivi ambientali o per scelte economiche e culturali che determinano una limitazione delle nascite, la popolazione è stabile oppure in diminuzione.

Anche l’aumento della popolazione è strettamente legato alle condizioni ambientali, che possono favorire o meno gli insediamenti umani. Sebbene una vasta porzione della Terra sia attualmente disabitata o scarsamente popolata, l’incremento demografico non può trovare spazi di insediamento in quelle aree, appunto perché inadatte. Tale situazione determina perciò fenomeni di sovraffollamento in vaste regioni del mondo, frenandone lo sviluppo sia economico sia sociale.

La crescita demografica ha dunque un limite fisico rappresentato dalla superficie di terra abitabile a disposizione, che va via via riducendosi.

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Le lingue del mondo 

La popolazione mondiale si differenzia soprattutto per le caratteristiche etniche e culturali, tipiche di ciascuna regione. Ogni etnia presenta infatti un proprio patrimonio di abitudini e di tradizioni, in parte modificato nel tempo in seguito ai contatti con altre popolazioni, ma comunque facilmente identificabile.

Tra le diversità culturali più evidenti vi è la lingua: nel mondo si parlano circa 225 lingue ufficiali, ossia riconosciute dagli organismi statali dei vari Paesi del mondo, che vengono quotidianamente utilizzate per l’insegnamento scolastico o per la divulgazione di documenti pubblici. Sono però molte di più le cosiddette lingue vive, cioè quelle parlate, ma non riconosciute ufficialmente: se ne contano diverse migliaia e, insieme alle varianti dialettali regionali, raggiungono quasi la cifra di 7000 idiomi linguistici, utilizzati quotidianamente a livello globale.

Alcune lingue si sono diffuse in aree più o meno vaste del mondo come diretta conseguenza della supremazia politica, economica e culturale esercitata dalle popolazioni che le parlavano. Si tratta delle cosiddette lingue internazionali, quali l’inglese, che è parlato in tutti i continenti, il francese, lo spagnolo, il portoghese, l’olandese, l’arabo e il russo, che sono diffusi in più di un continente. Altre lingue, come il cinese, il turco e l’hindi, pur avendo un’ampia diffusione geografica, non possono essere considerate “internazionali” perché ciò avviene solo all’interno del proprio continente ( CARTA).

Come succede per le dinamiche demografiche, anche le lingue sono in costante trasformazione: alcune scompaiono, o restano limitate ad ambiti culturali particolari; altre invece si modificano per l’influenza di idiomi più diffusi, come succede alla nostra lingua, contaminata da termini stranieri (inglesi in particolare) entrati progressivamente a far parte del nostro vocabolario.

Le religioni del mondo 

Oltre alle lingue, anche le religioni sono uno degli elementi che caratterizzano le identità e le differenze culturali tra le popolazioni del mondo ( CARTA). Le fedi religiose attualmente più diffuse in tutti i continenti sono il cristianesimo e l’islamismo.

La religione cristiana conta oltre 2 miliardi di credenti, principalmente di fede cattolica, diffusa in vari continenti, ortodossa, presente soprattutto nell’Europa orientale a partire dall’XI secolo, e protestante, diffusa nell’Europa centro-settentrionale a partire dal XVI secolo. Alla fede cristiana appartiene anche la minoranza religiosa dei copti, presenti in Etiopia e in Egitto.

La religione islamica conta quasi 1 milione e mezzo di fedeli: l’orientamento maggioritario è quello sunnita, seguito in Africa ( FOCUS) e in Asia, mentre l’orientamento sciita è limitato all’Iran; in concomitanza con le dinamiche demografiche legate ai movimenti migratori, però, l’islamismo si è diffuso in molti Paesi occidentali, in modo particolare negli ultimi decenni.

Altre religioni praticate nel mondo, ma in aree più circoscritte, sono: l’ebraismo, concentrato soprattutto in Israele ma diffuso tra le molte comunità religiose sparse in Europa e in America settentrionale; l’induismo, seguito nel subcontinente indiano; le fedi tradizionali come il buddismo (praticato anche in Occidente), il confucianesimo e il taoismo, diffuse principalmente nell’Asia orientale; lo scintoismo, molto praticato in Giappone.

In alcune regioni interne dell’Africa, delle Americhe, dell’Asia e dell’Australia sono ancora oggi diffuse le religioni animiste, di origine antichissima, espressione del rapporto originario tra l’uomo e le forze della natura.

Le differenze religiose sono state spesso al centro di aspri conflitti, anche se, in molti casi, le reali motivazioni di tali scontri armati erano di natura politica ed economica in combinazione con contrasti etnici e nazionalistici, e si spiegano, almeno in parte, anche come effetto delle enormi disparità economiche e culturali esistenti tra i vari Paesi del mondo.

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FOCUS

AFRICA E ISLAM
Come mostra il grafico, tra il XX e il XXI secolo la colonizzazione dell’Africa subsahariana ha avuto notevoli conseguenze anche sulle caratteristiche culturali di quell’area: il cristianesimo e, in misura maggiore, l’islam hanno infatti sostituito le religioni tradizionali tra gli abitanti di quelle regioni.

Islam e Africa.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Che cos’è l’ecumene? Come è distribuita sulla Terra?
  • Quali sono i principali fattori che influiscono sul popolamento del nostro pianeta?
  • Quali lingue e religioni sono le più diffuse nel mondo?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana