2.4 AI MARGINI DEGLI IMPERI

 DOSSIER CIVILTÀ

L’invasione degli Arii in India

Le vicende storiche dell’Estremo Oriente nel II e nel I millennio a.C. presentano alcune analogie con quanto avvenne nel Vicino Oriente durante l’età del ferro. 
Intorno al 1600 a.C. i territori della civiltà fluviale della valle dell’Indo furono invasi dalle tribù degli Arii, che ne sottomisero la popolazione e fondarono un regno la cui stabilità fu però frequentemente minacciata dall’insorgere di guerre locali.
I conquistatori imposero un nuovo modello di società in cui la nobiltà, costituita dai guerrieri di origine indoeuropea, deteneva il potere e godeva di molti privilegi, mentre gli abitanti del luogo erano costretti a lavorare duramente per mantenere i nobili dominatori. Questa rigida gerarchia sociale pose le basi del sistema delle caste, ossia gruppi sociali chiusi cui si apparteneva per via ereditaria. Ancora oggi la società indiana è suddivisa secondo questo sistema, sebbene le caste siano state formalmente abolite dal governo indiano nel secolo scorso.
La rigidità del sistema castale fu rafforzata dalla dottrina religiosa induista, eredità degli antichi culti introdotti dagli Arii, che privilegiava i membri delle caste superiori e vietava i matrimoni tra caste diverse, impedendo qualsiasi mobilità sociale.
Al vertice della società si trovavano i sacerdoti (brahmani) e i guerrieri (ksatriya); tra questi veniva scelto il sovrano, che doveva sottostare alle decisioni dei nobili.
Sotto di loro vi erano i mercanti (vaisya), anch’essi di origine indoeuropea, che godevano però di minori privilegi rispetto ai membri delle prime due caste: dovevano combattere in caso di guerra e potevano riunirsi in assemblea solo per ratificare le decisioni prese dal sovrano, senza avere la possibilità di opporvisi.
Costretti a lavorare in condizioni servili per mantenere le altre caste erano invece i contadini (sudra), discendenti delle antiche popolazioni sottomesse dagli Arii. Infine, ancora più in basso nella scala sociale, si trovavano i paria, completamente esclusi dalla società e ritenuti persino indegni di lavorare. I paria erano individui caduti in miseria oppure stranieri; vivevano in condizioni di estrema indigenza ed erano considerati impuri e “intoccabili” dai membri di tutte le altre caste.
Questa situazione sociale di netta separazione tra conquistatori e conquistati influenzò negativamente le possibilità di sviluppo economico dell’India antica. A differenza di quanto era successo nel Vicino Oriente, gli invasori indoeuropei non assorbirono le conoscenze culturali della civiltà sottomessa: si perse così l’uso della scrittura, che si era diffusa nella valle dell’Indo in seguito ai contatti commerciali con la Mesopotamia; le città nate in seno all’antica civiltà fluviale furono abbandonate, e per molti secoli le ormai scarse risorse ottenute con l’agricoltura e con i commerci non furono sufficienti a risollevare la regione dalla crisi economica in cui era caduta dopo l’invasione.
Solo a partire dal VI secolo a.C., grazie a nuovi metodi di produzione artigianale e alla diffusione di più efficienti tecniche di coltivazione dei campi, l’India conobbe un nuovo progresso economico e sociale. I contrasti tra i piccoli Stati sorti a opera dei discendenti degli Arii ebbero termine con l’avvento della dinastia dei Maurya. Sotto la guida del re Asoka, nel III secolo a.C., la penisola Indiana fu quasi interamente riunificata in un grande organismo statale, che diede nuovo impulso ai lavori idraulici e alla costruzione di canali per l’irrigazione, consentendo un notevole incremento della produzione agricola.

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana