Gian Lorenzo Bernini

IL SEICENTO

Gian Lorenzo Bernini

Ottimista ed entusiasta, Gian Lorenzo Bernini (Napoli 1598-Roma 1680) è l’esempio perfetto di artista barocco di successo. A suo agio con nobili e cardinali, alla fine della sua vita sarà stato al servizio di ben otto pontefici.
Per lui l’arte è la tecnica che consente di realizzare ciò che è possibile immaginare, il mezzo per dare corpo ai sogni. Tutte le arti devono contribuire alla riuscita e all’equilibrio di un’opera; Bernini è infatti architetto, scultore, pittore, scrittore. Fin da giovane, a Roma, studia le statue antiche con il padre scultore. A quel modello si rifanno le prime opere che realizza, poco più che ventenne, per il suo primo mecenate, il cardinale Scipione Borghese. Il suo talento gli consente di raggiungere straordinari risultati di verosimiglianza nei volti, nella raffigurazione del corpo umano e delle vesti, e soprattutto nell’infondere movimento e leggerezza alle creazioni marmoree.

Il marmo si fa “morbido”

Per il cardinale Scipione Borghese, Bernini esegue quattro diverse sculture, che segnano il suo debutto sulla scena artistica romana. In queste statue emerge il suo virtuosismo, ovvero la sua straordinaria abilità di rendere la consistenza dei diversi materiali attraverso il marmo. In uno dei gruppi scultorei raffigura il Ratto di Proserpina (1), ossia il momento in cui il re degli inferi Plutone rapisce la bella Proserpina per portarla nell’oltretomba, mentre il cane Cerbero sorveglia l’azione.
Con un effetto straordinario, la mano del dio sembra affondare nelle morbide carni della fanciulla: lo scultore imita perfettamente le reazioni del corpo umano, trattando il marmo durissimo come se fosse malleabile.

La ninfa che si trasforma in pianta

Nel gruppo di Apollo e Dafne (2), il dio Apollo sta inseguendo la ninfa Dafne che, come racconta il poeta latino Ovidio nelle Metamorfosi, pur di sfuggirgli si trasforma in una pianta di alloro. Il racconto mitologico ha anche una possibile interpretazione cristiana: la ricerca del piacere effimero della bellezza è destinata a dissolversi nel nulla. Bernini coglie il momento della trasformazione e scolpisce nei volti dei protagonisti lo stupore dell’uno e il terrore dell’altra. Giovane, ma già consapevole della propria abilità, Bernini crea un pezzo di bravura riuscendo a modellare nel marmo la progressiva trasformazione della mano di Dafne in rami e foglie: un “effetto sorpresa” già pienamente barocco.

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Una scenografia urbana

Nel Seicento papi e sovrani, cardinali e nobili, ma anche i ricchi mercanti, capiscono che molto del loro prestigio dipende dalla capacità di comunicare con il mondo.
Trasformare il volto di una città con opere di grandi dimensioni o realizzate in materiali preziosi diviene la più efficace manifestazione del potere e della generosità di chi la governa. Per questo in grandi città come Roma, Vienna, Parigi, così come in centri minori, si rimodellano quartieri, con nuove piazze, giardini, terrazzamenti.
In uno dei più antichi spazi pubblici di Roma, piazza Navona, papa Innocenzo X decide di far costruire una fontana. Bernini ottiene l’incarico presentando un progetto molto spettacolare (3). Su un’ampia vasca si erge una montagna di marmo con quattro enormi figure maschili, personificazioni dei fiumi più importanti della Terra: Nilo, Gange, Danubio e Rio della Plata. L’obelisco, poggiato in equilibrio solo sugli angoli della propria base, è accolto da tutti come un capolavoro di tecnica costruttiva. Allo stesso modo impressionano le grandi dimensioni e la qualità delle sculture – che Bernini affidò a collaboratori – curate fin nei minimi dettagli. L’acqua non sgorga da un’unica fonte ma da diverse bocche nascoste fra le rocce.
Ogni personaggio suscita sorpresa e nasconde un significato: il Nilo ha il volto coperto perché al tempo non se ne conoscevano le sorgenti; il Gange ha un remo per segnalare la sua navigabilità; il Danubio indica uno stemma dei Pamphilj, il casato del papa. Ma gli elementi “meravigliosi”, curiosi o esotici, sono molti: dalla palma agitata dal vento, che stupisce per la sensazione di movimento, al leone che sta bevendo, a numerosi altri animali.

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Un baldacchino per il papa

Bernini è un artista diplomatico: nel corso della sua vita riesce quasi sempre a mantenere la prestigiosa posizione di artista di successo, conscio del proprio ruolo, al diretto servizio del papa e dei principali personaggi della curia. Il papa Urbano VIII lo sceglie come artista prediletto e gli fa realizzare il Baldacchino (4) per l’altare maggiore di San Pietro (1624-1633). L’opera è uno dei simboli dell’arte del Seicento. È fatto di materiali ricchi e preziosi e sembra quasi un arredo leggero, un baldacchino da portare in processione, trasformato in un pesante oggetto immobile: il finto tessuto – realizzato in bronzo – che corre lungo il cornicione superiore sembra muoversi. Il baldacchino ha colonne a spirale dette “tortili”, che sembrano quasi un pergolato di vite, simbolo di vita eterna. Le misure sono gigantesche, fuori scala, e il bronzo prezioso deriva, con grandi polemiche, dalla fusione delle travi del prònao del Pantheon, uno dei più importanti templi dell’arte classica.

Il filo dell’arte - volume B
Il filo dell’arte - volume B
Dalla Preistoria ai nostri giorni