Donatello

IL QUATTROCENTO

Donatello

Come abbiamo detto, insieme a Brunelleschi e Masaccio, Donatello (Firenze 1386-1466) è l’iniziatore del rinnovamento delle arti nel Quattrocento a Firenze. Le sue sculture si allontanano dallo stile tardogotico – pulito, aggraziato ma ormai ripetitivo – e si inseriscono nel solco della tradizione classica introducendovi una forte componente espressiva e una nuova carica di umanità.
Dopo il viaggio a Roma del 1402 con il più anziano Brunelleschi, durante il quale approfondisce la conoscenza dell’arte antica, Donatello torna a Firenze e lavora come orafo nella bottega di Lorenzo Ghiberti. Ben presto, grazie alla sua bravura, ottiene le commissioni di opere scultoree per la Cattedrale di Santa Maria del Fiore e la Chiesa di Orsanmichele.

Un Cristo “vero”

Tra il 1406 e il 1410 realizza un Crocifisso per la Basilica di Santa Croce (1), noto per la sua forza drammatica e il suo realismo. I lineamenti contratti di Cristo, la bocca dischiusa, le palpebre semiaperte mostrano tutta la sua sofferenza.
Secondo un aneddoto raccontato da Giorgio Vasari, storico dell’arte cinquecentesco, è proprio per questo realismo che Brunelleschi lo giudica troppo rozzo, un “contadino”. Secondo Vasari, Brunelleschi risponde a Donatello con un Crocifisso più composto e “gentile” (2). Magari non andò proprio così, ma confrontando le due opere si può effettivamente notare come il Cristo di Brunelleschi mostri una maggiore solennità ma sia meno espressivo.

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Più basso del bassorilievo: lo stiacciato

Una delle tecniche scultoree rivoluzionarie adottate da Donatello è lo stiacciato (un termine fiorentino che si usa per “schiacciato”). In pratica si tratta di lavori su lastre di marmo o pietra che presentano un rilievo minimo nelle figure, rilievo che diviene quasi un disegno inciso negli elementi secondari del fondo o del contesto ambientale.
Lo stiacciato è una tecnica che porta in scultura la semplice forza espressiva del disegno, come si vede nell’esempio (3), che si trovava su una parete esterna di Orsanmichele sotto la statua di san Giorgio: san Giorgio a cavallo sta liberando la principessa (sulla destra) tenuta prigioniera dal drago raffigurato nella parte sinistra. Ai lati della scena si vedono l’entrata di una caverna e un elegante palazzo.
Donatello usa qui la prospettiva lineare per evidenziare il centro dell’azione: il punto di fuga centrale è posto in corrispondenza della schiena del santo.

Un cavaliere di bronzo

Dalla fine del 1443 agli inizi del 1454 Donatello si trasferisce a Padova: il suo soggiorno è molto importante perché contribuisce a far conoscere in Italia settentrionale l’arte del Rinascimento fiorentino.
A Padova lavora al Monumento equestre di Erasmo da Narni (4), detto il Gattamelata, condottiero dell’esercito veneziano morto nel gennaio del 1443. La statua, in bronzo, si confronta come tecnica e come tipologia di monumento con i capolavori dell’antichità: dall’epoca della caduta dell’impero romano, non era mai più stata fatta una statua in bronzo così grande.
Anche se Donatello si ispira alle statue a cavallo degli imperatori romani, l’arte classica è reinterpretata secondo la moderna arte del Rinascimento, come si nota soprattutto nell’animale. Il cavallo infatti è nervoso e scattante, e sembra sul punto di muoversi dal suo piedistallo. Il volto del cavaliere, invece, fisso e concentrato, guarda lontano all’orizzonte: non è un ritratto che copia la natura e il vero aspetto del condottiero, ma una composizione idealizzata ispirata ai modelli dei condottieri romani.

Il filo dell’arte - volume B
Il filo dell’arte - volume B
Dalla Preistoria ai nostri giorni