Da alcuni anni fanno periodicamente il giro del mondo impressionanti fotografie delle metropoli cinesi avvolte da una specie di fitta nebbia. In queste immagini i palazzi e i grattacieli di Shanghai, Pechino e delle grandi città della regione del Guandong sono nascosti da una densa coltre grigia, e i marciapiedi sono percorsi da pochi passanti che si affrettano a raggiungere le rispettive destinazioni indossando mascherine di protezione. Purtroppo non si tratta di semplice nebbia ma di smog, carico delle sostanze inquinanti prodotte delle industrie cinesi e dal numero sempre maggiore di veicoli che circolano per le strade cittadine.
Il vertiginoso sviluppo industriale ed economico cinese e la parallela espansione dei centri urbani hanno comportato un alto prezzo da pagare in termini di danni all’ambiente. Lo Stato cinese ha per anni privilegiato la crescita industriale a scapito della tutela del territorio, adottando leggi anti-inquinamento molto meno rigide rispetto a quelle dei Paesi nordamericani ed europei, e chiudendo un occhio anche di fronte alle violazioni più gravi. La conseguenza è che ampie parti del territorio cinese presentano concentrazioni di sostanze nocive fra le più alte registrate al mondo: il 70% dei fiumi cinesi, per esempio, è così inquinato dagli scarichi industriali e dai rifiuti cittadini che l’acqua è considerata non potabile, e in alcuni casi addirittura non adatta all’irrigazione. Un caso clamoroso è quello del Fiume Giallo, sfruttato da decine di milioni di cinesi per l’approvvigionamento idrico e l’agricoltura: per oltre un terzo del suo corso, pari a più di 2000 km, le sue acque sono considerate pericolose per la popolazione.
Il più evidente problema ambientale del Paese è però l’inquinamento
atmosferico: per fornire energia alle sue industrie in rapida espansione, la Cina utilizza per oltre il 60% centrali elettriche a carbone, combustibile altamente inquinante. Le emissioni delle centrali, unite a quelle delle industrie e dei milioni di veicoli che transitano nelle metropoli cinesi, portano gli inquinanti presenti nell’aria a livelli anche cinquanta volte superiori a quelli considerati pericolosi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nei periodi di assenza di piogge o di forti venti che “puliscano” l’aria, si forma una vera e propria coltre di inquinamento che provoca problemi ai polmoni e crisi d’asma. In questi giorni di allerta, sempre più frequenti nelle grandi città cinesi, le autorità sono costrette a correre ai ripari, proibendo ai veicoli di circolare per ridurre le emissioni inquinanti e arrivando addirittura a ordinare la chiusura di scuole e uffici pubblici e a invitare la popolazione a non uscire di casa.
ASIA – ESTREMO ORIENTE
La Cina nella morsa dell’inquinamento
Geoblog - volume 3
Il mondo