La Cina contemporanea vive un periodo di profonde contraddizioni. Da una parte, le sue aziende sono le maggiori produttrici
di dispositivi tecnologici del mondo: oltre il 90% dei computer e il 70% dei telefoni cellulari prodotti ogni anno escono dalle fabbriche cinesi, compresi quei dispositivi progettati e venduti da marchi non cinesi (soprattutto statunitensi e coreani) che hanno deciso di stabilire le proprie linee di assemblaggio in Cina per approfittare dei bassi costi di produzione. Inoltre il numero di persone che utilizzano Internet è passato dai 22 milioni dell’anno 2000 agli strabilianti 721 milioni del 2016, un dato che fa dei cinesi
la più numerosa popolazione online.
D’altra parte, se è vero che negli ultimi decenni il Governo cinese ha favorito una politica economica improntata alla libertà d’impresa, in molti altri campi la Cina rimane soggetta a un regime autoritario: la libertà personale dei cittadini è fortemente limitata e le loro opinioni vengono controllate perché non siano in contrasto con i dettami del Partito Comunista Cinese. Proprio i mezzi di comunicazione più diffusi, Internet e i telefoni cellulari, sono visti come una potenziale minaccia all’integrità dello Stato e come un pericoloso strumento per diffondere idee sovversive. Tra i molti temi “proibiti” figurano i diritti umani, il movimento spirituale Falun Gong (che contava milioni di aderenti in Cina ed è stato dichiarato fuorilegge nel 1999 con l’accusa di essere un gruppo sovversivo) e in generale ogni discussione su possibili riforme politiche o sull’introduzione della democrazia in Cina. Un argomento particolarmente delicato è quello delle proteste e delle lotte indipendentiste che si verificano in alcune aree periferiche del Paese, come il Tibet e la regione occidentale dello Xinjiang.
Ma come fa il Governo a esercitare un controllo così capillare?
Sembra impossibile tenere sotto sorveglianza le chiamate da cellulare o la navigazione in Internet, eppure le autorità cinesi ci sono riuscite, realizzando quella che è chiamata “Grande Muraglia
Digitale”: un sofisticato sistema di filtraggio informatico che blocca ogni comunicazione che contenga le parole elencate in una lunghissima lista di termini “proibiti”. Se ci si trova in Cina, è impossibile rintracciare queste parole su Internet tramite un motore di ricerca, pubblicarle in un blog, o scriverle in messaggi di chat. Ogni telefonata, ogni e-mail può essere ascoltata o letta dalla polizia politica, che può intervenire in qualsiasi momento. Negli ultimi anni la comunità internazionale ha cominciato a fare pressioni sulla Cina perché allenti la censura. Nel 2010, per esempio, il colosso informatico Google si è rifiutato di collaborare con il Governo cinese, che chiedeva l’installazione di filtri per limitare le ricerche di temi proibiti e la consegna alle autorità dei dati di tutti gli utenti cinesi dei servizi Google. Di fronte a tali richieste, l’azienda ha sospeso a tempo indeterminato le proprie attività nel Paese, compresa la versione cinese del suo famoso motore di ricerca.
ASIA – ESTREMO ORIENTE
La grande muraglia della censura digitale
Geoblog - volume 3
Il mondo