I monaci e le bonifiche medievali
Le aree paludose erano in passato poco popolate, sia perché il terreno era inadatto all’agricoltura, sia perché sono l’habitat della zanzara anofele, che trasmette una pericolosa malattia, la malaria. Un ruolo fondamentale nell’opera di bonifica di questi ambienti fu svolto dai monaci a partire dall’Alto Medioevo: essi, infatti, fondarono in Europa una fitta rete di monasteri, che erano non solo luoghi di preghiera e di studio, ma vere e proprie
aziende agricole, che spesso impiegavano i contadini della zona.
I monaci sovrintendevano alle opere di bonifica e si occupavano della cura dei campi, decidendo quali piante coltivare, quali terreni dovevano essere messi in opera e quali, invece, lasciati a riposo.
Figura importante in questo senso fu quella di san Colombano (542-615), monaco irlandese che viaggiò in Francia e in Italia Settentrionale. La sua opera fu ripresa dai Benedettini e dai Cistercensi, i quali fondarono famose abbazie nel cuore della Pianura Padana, come quella di Morimondo (1134), vicino a Milano, o di Praglia (1080, nella foto), nella campagna padovana, che diventarono centri fondamentali per lo sviluppo culturale e agricolo del territorio.