Il peso delle province e la crisi economico-finanziaria
Il ruolo sempre più importante che i provinciali avevano assunto nelle istituzioni era la logica conseguenza del crescente peso economico e politico acquisito dalle province, in concomitanza con la perdita di importanza della penisola italica. Tra gli abitanti delle aree periferiche dell’impero venivano ormai scelti non solo i membri del senato, gli ufficiali dell’esercito e i funzionari della burocrazia, ma a partire dal II secolo anche gli stessi imperatori.
Di questi mutamenti tenne conto la riforma amministrativa delle province voluta da Settimio Severo, che prevedeva la divisione delle vecchie ripartizioni territoriali in
aree più ristrette. Il fine principale della riorganizzazione era quello di risanare le
finanze statali, rendendo più efficiente la riscossione dei tributi ed evitando che i governatori locali, che controllavano le truppe stanziate ai confini, ottenessero un potere eccessivo e dunque pericoloso per la stabilità dell’impero.
Grazie all’incremento dei tributi, che gravavano prevalentemente sui grandi proprietari terrieri e, di conseguenza, sui coloni che lavoravano i campi alle loro dipendenze in una condizione ormai pressoché servile, Settimio Severo ottenne in effetti buoni risultati, risollevando le finanze statali duramente provate dagli enormi sprechi dell’età di Commodo.