America

PERCORSO I CONTINENTI

AMERICA

1. Il territorio e il clima

L’America è formata da due grandi masse continentali, l’America settentrionale (o Nord America) e quella meridionale (o Sud America), collegate da una sottile striscia di terra, l’istmo di Panama. Talvolta il continente viene suddiviso non in due, ma in tre parti: l’America settentrionale, formata solo dai territori degli Stati Uniti e del Canada; l’America centrale, composta dal Messico, dai piccoli Paesi posti nei pressi dell’istmo di Panama e da quelli isolani della regione dei Caraibi; l’America meridionale. Altre volte ancora si opera una divisione maggiormente storica e culturale, parlando di America anglosassone, formata da Stati Uniti e Canada, che subirono la colonizzazione britannica, e America latina, composta dai Paesi che furono soggetti alla colonizzazione spagnola e portoghese.
Nel suo complesso, il continente americano è la massa continentale più “lunga”: si estende in senso nord-sud per ben 14 000 km, pari a oltre 140° di latitudine. L’America divide inoltre l’oceano Atlantico a est dall’oceano Pacifico a ovest.
Con la sua estensione in latitudine, il territorio americano possiede quasi tutti i climi e gli ambienti naturali della Terra. In America settentrionale si va dai climi polari dei ghiacci perenni e della tundra artica dell’estremo Nord ai climi boreali freddi del Canada centrale, dove crescono vaste foreste, fino al clima temperato di un’ampia fascia del territorio statunitense, occupata per lo più dai terreni agricoli. Più a sud, nella parte meridionale degli Stati Uniti, in Messico e nei Paesi dei Caraibi, il clima diventa tropicale, umido sulle coste e secco nell’entroterra, dove si incontrano anche alcuni vasti deserti. L’America meridionale è invece caratterizzata dal passaggio dell’Equatore, in corrispondenza del quale si trova una vasta fascia in cui il clima è tropicale della foresta; qui si estende l’immensa Selva Amazzonica. Nelle regioni più a sud si alternano climi tropicali secchi e desertici e climi temperati (anche di tipo mediterraneo), fino ad arrivare ai climi freddi e umidi dell’estremo “cono Sud” del continente, non lontano dall’Antartide.
Contrariamente a quanto ancora comunemente si crede, i primi europei a mettere piede sul territorio americano non furono gli uomini delle navi capitanate da Cristoforo Colombo, approdati in America nel 1492, bensì marinai vichinghi che, spintisi verso ovest nel corso dei loro viaggi tra l’Islanda e la Groenlandia durante l’XI secolo, giunsero sulle coste orientali dell’attuale Canada. Questa prima scoperta fu però dimenticata, mentre è indubbio che le spedizioni di Colombo diedero inizio al periodo delle grandi esplorazioni (e delle successive colonizzazioni) di quello che cominciava a essere chiamato il “Nuovo Mondo”; negli Stati Uniti infatti si celebra ogni 12 ottobre il Columbus Day, il “giorno di Colombo” che commemora la data della “scoperta dell’America”. Tuttavia, il nome “America” deriva dal capitano fiorentino Amerigo Vespucci, che tra il 1499 e il 1502 compì numerosi viaggi di esplorazione nel Nuovo Mondo e scrisse relazioni che permisero ai cartografi di tracciare le prime mappe delle nuove terre. Alcuni di questi, in segno di riconoscimento, cominciarono a chiamare il nuovo continente “terra di Americus” (versione latinizzata di Amerigo) e in seguito, poiché tutti gli altri continenti avevano nomi femminili, America.

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Le grandi montagne occidentali

L’elemento morfologico più caratteristico dell’America è la grande Cordigliera Americana, situata nella parte occidentale del continente, nei pressi dell’oceano Pacifico: si tratta di un insieme di catene montuose che corrono quasi ininterrottamente dall’estremo Nord all’estremo Sud delle due masse continentali; nell’America settentrionale la principale catena è quella delle Montagne Rocciose, mentre l’America meridionale è dominata dalla Cordigliera delle Ande. La parte centrorientale del continente è invece caratterizzata da altopiani, pianure e catene montuose minori, come i monti Appalachi nella parte orientale del Nord America.

Bacini fluviali e lacustri

I rilievi della Cordigliera Americana costituiscono il principale spartiacque continentale, cioè l’area da cui nasce e si diparte la maggioranza dei fiumi. Poiché queste montagne occupano l’area occidentale del continente, è naturale che i maggiori fiumi, molti dei quali navigabili, scorrano in direzione est, spesso formando, con numerosi affluenti, grandi bacini fluviali. I più importanti sono, da nord a sud, quelli del San Lorenzo in Canada, del Mississippi-Missouri negli Stati Uniti, del Rio delle Amazzoni-Ucayali in Perù e Brasile (il più grande bacino fluviale del mondo per portata d’acqua), e del Paraná in Brasile, Paraguay e Argentina. In America settentrionale, al confine tra Stati Uniti e Canada, si estende il bacino dei Grandi Laghi, la maggiore riserva di acqua dolce del mondo.

Coste e isole

Lo sviluppo costiero del continente americano è estremamente vario: alterna delta ed estuari fluviali, coste basse e sabbiose oppure alte e rocciose. In America settentrionale si trovano le maggiori penisole, tra cui la penisola del Labrador e quelle della California e della Florida. In questa parte del continente sono presenti anche le isole più grandi, raggruppate in vasti arcipelaghi: a nord quello Canadese, di cui l’isola di Baffin è la maggiore, coperta per gran parte da ghiacci perenni; nelle acque del golfo del Messico si trovano invece le Piccole e Grandi Antille, formate anche da isole di notevoli dimensioni come Cuba, Giamaica e Hispaniola, quest’ultima divisa tra gli Stati di Haiti e della Repubblica Dominicana.

2. L’economia

L’America è il secondo continente più ricco del mondo, superato solo dall’Europa. Quello di cui si parla, tuttavia, è un valore medio, che non tiene conto della profonda disparità fra la parte settentrionale e quella meridionale del continente: oltre l’80% di questa ricchezza viene infatti prodotta in Nord America, in particolare negli Stati Uniti, che costituiscono la principale potenza economica mondiale, e in Canada, Paese molto sviluppato e membro, al pari degli Usa, del G7, il gruppo dei Paesi più industrializzati del mondo.
L’unico Paese sudamericano che può competere con questi due colossi è il Brasile, che negli ultimi anni ha vissuto una grande crescita economica. Anche Argentina e Cile vantano economie relativamente avanzate e buoni livelli di sviluppo, ma difficilmente saranno in grado di diventare potenze economiche di livello mondiale, a causa della loro popolazione ridotta e delle dimensioni relativamente modeste, in termini assoluti, delle rispettive economie. Il resto dei Paesi americani accusa invece, generalmente, un notevole ritardo di sviluppo, con casi estremi come quello dello Stato caraibico di Haiti, uno dei Paesi più poveri e sottosviluppati del mondo.

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La forza dell’agricoltura

Molti Paesi americani possiedono un settore agricolo molto attivo e diversificato, che garantisce alla maggior parte degli Stati del continente l’autosufficienza alimentare. Stati Uniti e Canada, grazie all’estensione dei rispettivi territori coltivabili e alle tecniche agricole estremamente moderne, sono i primi produttori ed esportatori mondiali di cereali, soprattutto mais e frumento. In America latina le principali coltivazioni destinate al consumo interno sono quelle del mais e del riso, ma la vera forza del settore è la cosiddetta agricoltura di piantagione, che produce beni destinati all’esportazione in tutto il mondo: i Paesi sudamericani sono i primi produttori mondiali di caffè, cacao, canna da zucchero, frutta tropicale e molte altre derrate agricole.
Molto attiva è l’industria del legname, che sfrutta soprattutto le grandi foreste del Canada e della regione amazzonica; la pesca è particolarmente prospera nelle acque al largo del Canada, del Perù e del Brasile. L’allevamento di bovini è una voce molto importante per gli Stati Uniti e l’Argentina, mentre nei Paesi della regione andina si allevano ovini come l’alpaca e la vigogna, dalle cui lane si ricavano tessuti pregiati.
Canada, Stati Uniti, Brasile e altri Stati posseggono inoltre ricche risorse minerarie, come petrolio, oro, argento, bauxite, uranio e rame, di cui il Cile è il primo produttore mondiale.

Un’industria molto diseguale

Stati Uniti e Canada posseggono due dei maggiori apparati industriali del mondo, estremamente sviluppati in quasi tutti i comparti produttivi, dall’agroalimentare all’industria pesante, fino all’alta tecnologia e alle telecomunicazioni. Nella maggior parte degli altri Stati americani le industrie sono invece meno diffuse e producono beni destinati principalmente al consumo interno, soprattutto nei settori agroalimentare e tessile. Le uniche eccezioni sono il Messico e il Brasile: in Messico negli ultimi anni sono stati impiantati, soprattutto al confine con gli Stati Uniti, molti stabilimenti che producono beni di consumo destinati ai vicini Usa; l’industria del Brasile è in crescita anche in comparti avanzati come quello automobilistico, aeronautico ed elettronico.

Commercio, alta finanza e turismo

Stati Uniti e Canada sono tra i maggiori poli commerciali e finanziari del mondo: la grande maggioranza della loro popolazione è impiegata nel settore dei servizi, come per esempio l’ambito commerciale, bancario, i trasporti, la cultura, l’intrattenimento e i servizi sociali e sanitari.
Nel resto del continente il settore trainante dei servizi è in molti casi quello turistico: Messico, Brasile, Venezuela e molti Stati dei Caraibi, come Cuba e Repubblica Dominicana, sono in cima alle classifiche mondiali dei Paesi più visitati dai turisti.

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3. La popolazione

Il continente americano conta circa 1 miliardo di abitanti: di questi, 579 milioni vivono in America settentrionale, in un territorio diviso in 22 Paesi; i restanti 422 milioni abitano nei 13 Stati dell’America meridionale.

Gli americani, popolo di “cittadini”

L’America è il continente con il più alto tasso di urbanizzazione medio: ben l’80% degli americani vive in centri urbani. A vastissime aree quasi spopolate, come le inospitali regioni del Nord canadese, l’immenso Bacino Amazzonico o le desolate distese della Patagonia, si contrappongono regioni caratterizzate da una forte densità di popolazione e dalla presenza di grandi città, soprattutto lungo le coste. Le maggiori metropoli americane sono la capitale messicana Città del Messico, con un’area metropolitana da circa 21 milioni di abitanti, la brasiliana San Paolo, con 20 milioni, e New York, negli Stati Uniti, con 19 milioni di abitanti. Ma non mancano altri grandi centri in cui vivono oltre 10 milioni di persone (megacittà): la capitale argentina Buenos Aires (circa 14 milioni di abitanti), Los Angeles negli Stati Uniti (13 milioni), la capitale della Colombia Bogotà e Rio de Janeiro in Brasile, entrambe con oltre 12 milioni di abitanti.

Un intreccio di etnie locali, frutto dell’immigrazione

La popolazione americana è il risultato della fusione di etnie e popoli diversi, giunti nel Nuovo Mondo in differenti periodi storici. I primi a popolare l’America furono i cosiddetti popoli amerindi, che abitarono il continente per millenni prima dell’arrivo, a partire dal XVI secolo, dei “bianchi” europei; a questi si aggiunsero poi i milioni di schiavi neri portati dell’Africa nel corso dei secoli.
La popolazione di origine africana è più numerosa negli Stati Uniti, nei Paesi dei Caraibi e in Brasile, mentre gli amerindi, che ormai costituiscono una porzione alquanto minoritaria della popolazione degli Stati Uniti e del Canada, sono ancora presenti in forti percentuali in Messico e nei Paesi andini tra cui il Perù, la Colombia e il Cile. In questi Paesi una parte consistente della popolazione è costituita da mestizos, frutto dell’unione tra amerindi ed europei, mentre in Brasile sono molto numerosi i mulatti, che posseggono una doppia origine, europea e africana.
Le lingue più parlate riflettono sia queste progressive stratificazioni, sia la suddivisione del territorio americano tra le grandi potenze coloniali europee: l’inglese è la lingua più diffusa negli Stati Uniti e in gran parte del Canada, mentre il francese, oltre che in Canada (soprattutto nella provincia del Québec), è parlato ad Haiti e in altre isole dei Caraibi. In America latina la lingua dominante è lo spagnolo, a eccezione del Brasile, dove si parla il portoghese. In alcune aree molti individui di origine amerindia parlano ancora le lingue locali tipiche della loro etnia: le più diffuse sono il nahuatl in Messico e il quechua nella regione andina.

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• SOTTO LA LENTE • CIVILTÀ

Indiani, amerindi, nativi americani

È noto che l’obiettivo della prima spedizione di Cristoforo Colombo era raggiungere l’Asia, e in particolare le regioni allora indicate vagamente come le “Indie”, navigando verso ovest e circumnavigando il globo; quando si imbatté nel continente americano, credette di essere giunto a destinazione e chiamò indiani i locali che lo accolsero. Ben presto ci si accorse dell’errore, ma gli appartenenti alle popolazioni locali continuarono a essere chiamati genericamente indiani (indios in spagnolo) e le terre del Nuovo Mondo furono ribattezzate “Indie Occidentali” per distinguerle dalle “Indie Orientali” che si trovavano in Asia.
Il nome “indiani” rimase nell’uso comune per secoli ed è ancora oggi ampiamente diffuso, ma verso la metà del XX secolo si sviluppò la consapevolezza che il termine non solo era inappropriato, ma accomunava in un’unica definizione popolazioni dalla storia e dalle caratteristiche molto diverse. Si tentò allora di trovare termini ed espressioni alternative: negli Stati Uniti, per esempio, si utilizza l’espressione “nativi americani” (native Americans in inglese), che però non ha avuto fortuna in altri Paesi. Anche la formula “indigeni americani”, per quanto corretta (dato che la parola “indigeni” serve a indicare tutte le popolazioni originarie di uno specifico luogo), è stata criticata, perché l’immagine dell’indigeno è spesso associata a quella del selvaggio e del primitivo. Molti studiosi e geografi usano il termine “amerindi”, che può essere inteso tanto come un’abbreviazione di american indian quanto di american indigenous; tuttavia, si riferisce più spesso ai “vecchi” indios dell’America latina ed è invece raramente usato per indicare i nativi statunitensi e canadesi.

Il sincretismo religioso

La maggior parte della popolazione americana è cristiana, ma vanno fatte alcune importanti distinzioni. Nell’America anglosassone prevale il cristianesimo protestante nelle sue varie confessioni, mentre il cattolicesimo è praticato da circa un terzo della popolazione, cioè soprattutto dagli abitanti del Québec, la regione francofona del Canada, e dalle persone originarie di Paesi a maggioranza cattolica come l’Irlanda, l’Italia o gli Stati dell’America latina. In America latina, infatti, la maggior parte della popolazione è cattolica, anche se negli ultimi anni le confessioni protestanti hanno conquistato un numero sempre maggiore di fedeli, soprattutto in Brasile, che comunque rimane il Paese del mondo con il maggior numero di cattolici (circa 150 milioni). In alcuni Paesi dell’America centrale e meridionale sono diffuse inoltre le cosiddette religioni sincretistiche, così chiamate perché nate dalla fusione (sincretismo) di cristianesimo e credenze animiste di origine africana praticate dagli schiavi portati nel Nuovo Mondo; le più diffuse e note sono il vudù ad Haiti, la santería a Cuba e il candomblé in Brasile.

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille