Procopio di Cesarea racconta, da testimone diretto, la drammatica situazione della penisola italica durante la guerra greco-gotica.
La tragedia della fame
TESTIMONIANZE DELLA STORIA
Passò il tempo e venne di nuovo l’estate. Nei campi il grano maturava, ma non abbondante come negli anni precedenti. Non era stato seminato in solchi ben tracciati dagli aratri e lavorati dalla mano dell’uomo, ma sparso solo sulla superficie, e perciò la terra aveva potuto farne germogliare soltanto una piccola parte; siccome poi nessuno lo aveva mietuto, giunto a maturazione era caduto a terra, e non era più nato niente. […] Naturalmente moltissimi caddero vittime di ogni specie di malattie e soltanto pochi riuscirono a superarle e a salvarsi. Nel Piceno1 si parla di non meno di cinquantamila persone, tra i contadini, che morirono di fame, e molti di più ancora furono nelle regioni a nord del Golfo Ionico.2 Essendone stato io stesso testimone oculare,3 dirò quale aspetto prendevano queste persone e come morivano. […] Molte persone erano così indebolite dalla fame, che se per caso capitavano dove c’era dell’erba, si gettavano su di essa con avidità, chinandosi per strapparla da terra; ma siccome non riuscivano perché le forze le avevano del tutto abbandonate, cadevano sull’erba con le mani tese e lì morivano.
Procopio di Cesarea, La guerra gotica, II, 20, trad. di M. Craveri, Einaudi, Torino 1977
PER FISSARE I CONCETTI
- Quali sono le conseguenze della guerra sulla produzione agricola? Per quale motivo la semina è discontinua?
- Come tenta di sopravvivere la popolazione?
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille