La peste a Costantinopoli

TESTIMONIANZE DELLA STORIA

LA PESTE A COSTANTINOPOLI   (Unità 10 • Capitolo 28)

Tra le molte cause che contribuirono alla crisi dell’Italia e al suo declino demografico, la pandemia di peste del 541-543 ebbe un ruolo cruciale, anche se spesso sottovalutato. Il bacillo della peste forse giunse a Costantinopoli con le navi, cariche di grano e infestate di ratti, in arrivo dall’Egitto (dove per la prima volta era comparsa nel III secolo a.C.). Lo storico bizantino Procopio di Cesarea (500-565) narra l’accaduto, ispirandosi al modello di Tucicide, il primo a raccontare un evento simile nell’Atene del 430-429 a.C. durante la guerra del Peloponneso.

Quando alla fine1 si giunse al punto che tutte le tombe esistenti furono piene di cadaveri, la gente se la sbrigava scavando delle fosse nelle campagne intorno alla città, una dopo l’altra, e deponendovi i morti, ciascuno come meglio poteva. Ma in ultimo, coloro che scavavano le fosse, non potendo più far fronte al numero dei defunti, salivano sulle torri che sorgono lungo le mura di Sica,2 e, scoperchiati i tetti, vi gettavan dentro i cadaveri in gran disordine; così praticamente riempirono tutte le torri di cadaveri, accatastandoli alla rinfusa, secondo come cadevano, e poi le coprirono di nuovo con i tetti.
Perciò da esse cominciò a diffondersi fino alla città un puzzo nauseabondo, che diveniva sempre più insopportabile per gli abitanti, specialmente se soffiava il vento provenendo da quelle parti.


Procopio di Cesarea, De bello Persico, II, 23, trad. di M. Craveri, Einaudi, Torino 1977

PER FISSARE I CONCETTI
  • In che modo venivano eliminati i cadaveri?
  • Quello adottato era un sistema efficace per allontanare il morbo? Motiva la tua risposta.

Terre, mari, idee - volume 2
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Da Roma imperiale all’anno Mille